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Un'altra nave per Gaza

Un'altra nave per Gaza

(10 Giugno 2010) Enzo Apicella
Gli ebrei tedeschi spediranno a metà di luglio una nave carica di aiuti per Gaza, nel tentativo di rompere l'assedio israeliano

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Sinistra araba rientra in campo in medio oriente

Bilancio dell'assemblea tenuta a Beirut. Presenti diversi partiti comunisti della regione ma anche organizzazioni della sinistra araba e palestinese. Lo slogan: Unire la sinistra araba, rafforzare la resistenza contro i piani imperialisti .

(21 Dicembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Sinistra araba rientra in campo in medio oriente

foto: www.nena-news.com

Roma, 21 dicembre 2010, Nena News - I due giorni di lavoro del forum si sono conclusi con un documento che la coordinatrice dell'Assemblea della sinistra araba, Marie Nassif-Debs (vice segretario e responsabile esteri del PCL) ha letto nella conferenza stampa che si è tenuta giovedì 4 novembre 2010. L’assemblea rappresenta un passaggio importante perché dopo avere tracciato le linee guida con il documento, la sinistra araba si è data una forma di coordinamento stabile, eleggendo un comitato di sorveglianza o gestione che sarà rinnovato di anno in anno e la cui responsabilità per l’anno in corso è affidata al PCL nella persona di Marie Nassif Debbs. Il manifesto dell’assemblea pone con forza l’accento sul ruolo fondamentale che la sinistra di classe e anti-imperialista è chiamata a tenere in quell’area cruciale per gli interessi del capitalismo internazionale oggi interessato da un crisi economica profonda .

L’egemonia USA si è impantanata

Il carattere globale della crisi capitalista preannuncia secondo il documento una nuova offensiva imperialista e sionista contro il mondo arabo, e ci sentiamo di aggiungere che questa crisi mettendo in discussione gli equilibri internazionali spinge gli USA a lottare con ogni mezzo per rafforzare la propria egemonia militare. Ma a dispetto di gli sforzi, l’offensiva degli USA e della NATO segna oggi una battuta d’arresto per la capacità espressa dalle resistenze in Afghanistan ed in Iraq .Ma questa fase di difficoltà non può scoraggiare gli imperialisti a caccia di risorse, di aree strategiche e vie commerciali.

Il discorso di Obama al Cairo, rappresenta la presa d’atto degli USA della fase di empasse determinata dalla crisi globale e dalla forza rappresentata dalle resistenze. La strategia statunitense riformula i piani adattando semplicemente i metodi al contesto di difficoltà ma mantiene fissi e fermi i progetti di egemonia politica .

A livello più generale e con buona pace degli apologeti dei democratici americani, la politica del soft power dell’amministrazione Obama corrisponde sempre di più ad una minaccia di guerra globale, per chiunque si ponga fuori dall’ordine mondiale, dall’Iran, alla Corea del Nord, passando ovviamente per Cuba e Venezuela vere e proprie ossessioni di tutti i governi “democratici” e liberali (Israele compresa).

Gli scenari di guerra che vedono impegnate le forze della NATO nella versione aggiornata della guerra senza fine lanciata dall’amministrazione Bush, fa si che il numero dei teatri delle missioni militari cresca facendo lievitare le spese belliche dei paesi dell’alleanza atlantica. Uno sforzo bellico, in uomini e risorse che non a caso vede l’alleato europeo fortemente impegnato a fianco degli USA per tenere sotto controllo il quadrante strategico del vicino oriente.

La ripresa della sinistra in Medio Oriente dopo la crisi

Ed è in questo contesto che si muovono le componenti che hanno dato vita all’assemblea della sinistra araba . Sono partiti e movimenti che hanno una grande tradizione e storia che si legano ai movimenti progressisti che hanno dato vita tra gli anni ‘60 e fino agli ‘90 ad un blocco politico fatto di entità statali e organizzazioni di ispirazione marxista o che si rifacevano al socialismo pan arabista (Nasserismo, Baath ) che hanno rappresentato una barriera all’espansionismo occidentale e ai governi reazionari arabi.

La fine dell’URSS ha ribaltato completamente i rapporti di forza tra le classi, lasciando campo libero al capitalismo selvaggio e privando i movimenti di liberazione nazionali e i paesi in via di sviluppo di un fondamentale contrappeso e del necessario sostegno.

Anche nel vicino oriente il potenziale militare espresso dall’alleanza atlantica e da Israele determina rapporti di forza impari e genera forme di lotta asimmetriche, dove le forze di resistenza che meglio si sono adattate sono quelle legate alle differenti correnti dell’Islam politico. Il prezzo pagato dalla dirigenza del Baath iracheno nello scontro diretto contro l’alleanza imperialista sostenuta dai regimi arabi e sicuramente non osteggiata dall’Iran è un caso da tenere a mente . Tanto più che l’unico modello di opposizione vincente ad un esercito potente come quello sionista è stato il modello della resistenza libanese, di carattere guerrigliero guidata da Hezbollah che ha saputo sfruttare in maniera formidabile le simpatie popolari e il sostegno logistico e politico di Iran e Siria .

Il confronto e le divergenze con l’Islam politico

L’Islam rivoluzionario seppur diviso in diverse correnti, è stato in grado di catalizzare l’entusiasmo e accrescere la propria influenza presso le masse arabe islamiche attraverso i successi conseguiti negli anni recenti .Una stagione cominciata con la rivoluzione iraniana e proseguita con le ripetute vittorie della resistenza libanese egemonizzata da Hezbollah contro Israele. Il confronto con il nemico comune rappresentato dalle forze della NATO e da Israele ha aperto la strada prima ad una sintonia tra le organizzazioni sciite e sunnite come Hezbollah e Hamas e in un secondo momento hanno messo in luce l’esistenza di un fronte più ampio e strutturato fatto di stati, come Siria, Iran, e partiti stato come per l’appunto Hezbollah e Hamas . A questa composita alleanza che in ragione di un comune interesse difensivo e di sviluppo si è aggiunta anche la Turchia, che anche per merito del proprio ministro degli esteri Ahmet Davutoglu ha ricollocato la politica estera turca all’interno di un fronte di buon vicinato composto appunto da Siria,Turchia, e Iran . La dirigenza Turca contestando a più riprese la politica israeliana e intrecciando rapporti con Siria ed Iran si è ritagliata il ruolo di interlocutore autorevole . L’egemonia dell’islam politico è tangibile, più che parlare di proiezioni verso stati islamici, quello che realmente sta accadendo è che questa egemonia politica sta determinando l’islamizzazione dei movimenti di resistenza e quindi di una parte considerevole della società araba. Sono diverse le iniziative politiche di carattere internazionale che vedono un forte protagonismo dell’islam politico, conferenze come il meeting “con la resistenza” che ritiene a Beirut ogni anno a metà Gennaio, o l’incontro per i prigionieri politici arabi di Algeri dei primi di Dicembre . Migliaia di delegati principalmente dai paesi arabi e mussulmani, con presenze politiche di altissimo, livello stanno li a testimoniare l’investimento politico che sposta queste assise seppure promosse da movimenti pan arabisti laici in un proscenio dei movimenti islamici a svantaggio movimenti di sinistra e dei partiti comunisti.

L’islam politico si presenta come strumento di resistenza contro l’imperialismo e del cambiamento della società seppur in senso etico religioso piuttosto che in senso rivoluzionario e progressista .

Ma se l’islam politico è un alleanza importante contro l’imperialismo ed il sionismo, sui temi sociali, rispetto alla rottura delle relazioni di produzione capitalista e all’emancipazione dei diritti civili e della donna, sono l’attualità e la storia a dirci che è un avversario del movimento comunista e dei movimenti democratici progressisti.

La resistenza antimperialista come terreno comune

Il documento redatto dall’assemblea della sinistra araba coglie a pieno le contraddizioni e propone una piano di lavoro che si muove sulle direttrici della resistenza all’imperialismo, alla lotta per l’emancipazione sociale e comprende che il rilancio del proprio ruolo sta nel carattere generale e transnazionale dello scontro e quindi passa anche nel coordinamento delle forze progressiste.

"Questa crisi e le sue ripercussioni costituiscono l'occasione per la sinistra araba di condurre una lotta contro la natura selvaggia della fase attuale del capitalismo, di mobilitare e organizzare il movimento progressista arabo unendo le forze della sinistra di fronte all'aggressione imperialista-sionista su tutti i fronti, sia quello della lotta armata o politica, economica, sociale, culturale e ideologica. L'obiettivo: il cambiamento democratico che non deve riguardare un paese arabo ma che deve essere il risultato di forze e partiti della sinistra in tutti i paesi arabi.” Sempre sul tema della resistenza all’imperialismo l'Assemblea della sinistra araba coglie la centralità dell’occupazione israeliana della Palestina riconoscendo in Israele l’ elemento di costante aggressione e minaccia nei confronti dei popoli arabi. “Ribadisce il diritto inalienabile al ritorno del popolo palestinese nella terra dei proprio avi, per decidere il proprio destino con la proclamazione, unilaterale, del suo Stato nazionale con Al Quds [Gerusalemme] come capitale, e di realizzare il diritto al ritorno dei profughi palestinesi alle loro terre da cui sono stati espulsi nel 1948”

Il contesto del vicino oriente è peraltro reso ancora più complesso dal ruolo che giocano i paesi arabi reazionari, le cui leadership come denuncia il documento dell’assemblea svolgono una funzione di borghesia compradora, di carattere mercantile priva di ogni funzione di sviluppo nazionale e totalmente succubi dei disegni egemonici occidentali.

La crisi economica sta colpendo in maniera pesante i paesi dell’area dove si registra un ulteriore spostamento di ricchezza dai lavoratori, piccoli commercianti e contadini verso le borghesie locali e i monopoli internazionali .

L’esperienza libanese

Può essere interessante prendere in considerazione la situazione economica libanese, paese che ha ospitato l’assemblea della sinistra araba, paese cerniera tra Siria, e la Palestina sotto l’occupazione israeliana e che ha nel suo tessuto politico il Partito di Dio (Hezbollah) . Il Libano è un paese privo di industrie significative e che basa la sua economia sulla finanza, sull’edilizia, sul terziario, e sulle rimesse dei libanesi residenti all’estero (25% del PIL nazionale). Sono le rimesse, in cerca di valorizzazione che indirizzano l’economia libanese verso lo sviluppo dell’edilizia, del turismo orientato ai benestanti dei paesi del Golfo e non da ultimo si riversano nella speculazione finanziaria . Nonostante che i consumi interni libanesi si sono ridotti del 3%, il PIL libanese si mantiene ad un livello di crescita del 5.5, questo su una popolazione di 980.000 persone che vivono sotto la soglia di povertà su una popolazione di 3.5 milioni di abitanti, dimostra in maniera drammatica lo spostamento di ricchezza dalle classi popolari verso i consumi interni privati delle classi alte. Mentre lo stipendio medio (è molto variabile) non regge l'inflazione, che, si prevede, raggiungerà, a fine anno, l'8. il debito pubblico libanese è di circa 50 miliardi di dollari e ogni anno il 45% del bilancio è destinato a colmarlo sottraendo risorse per destinarle alle banche che acquisteranno parte del debito pubblico a spese della popolazione libanese. Sono diverse le ragioni che impediscono al conflitto di classe di venire alla luce, innanzitutto la polarizzazione dello scontro su base “confessionale”, il pericolo costante della guerra con Israele, l’assenza di un tessuto industriale e la frammentazione della classe lavoratrice in tante piccole aziende per lo più commerciali sono queste le ragioni macroscopiche che imbrigliano il conflitto di classe.

Rafforzare la cooperazione tra chi lotta in Europa e chi lotta in Medio Oriente

I compagni della sinistra araba proprio per la complessità del contesto in cui operano si pongono il problema di una generale battaglia di emancipazione e per farlo utilizzano un linguaggio che parla all’intera società araba e affronta i temi dello sfruttamento dei lavoratori e del coordinamento tra le organizzazioni sindacali. Diversi passaggi insistono su argomenti tipici delle battaglie civili ma che in quel contesto sono degli elementi utili a scardinare un sistema di controllo sociale e di divisione confessionale. Le condizioni sociali aggravano la condizione di molte donne e di molti giovani perciò la lotta per i diritti della donna , per il voto ai diciottenni e per il diritto allo studio sono temi mobilitanti e in aperta contraddizione con tutti i precetti religiosi.

Come comunisti che lottano all’interno del polo imperialista europeo non possiamo che guardare con grande interesse a questo processo, perché esso rappresenta un segnale di controtendenza , che richiama all’unità ma lo fa sulle basi della resistenza nei confronti del nemico di classe e nei confronti dell’imperialismo. Sfidando l’islam politico nella lotta per l’egemonia sulle masse popolari .

E’ di estrema importanza raccogliere in Italia e nel polo imperialista europeo il messaggio di lotta che arriva dall’assemblea della sinistra araba, è un soggetto politico con cui siamo chiamati a confrontarci nel lavoro teorico e a sviluppare il lavoro di solidarietà internazionalista. Nena News

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Contropiano Internazionale

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