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La classe operaia

(15 Gennaio 2011)

L'esito del “referendum-ricatto” svoltosi a Mirafiori dimostra, nella scia del risultato già avutosi qualche mese fa a Pomigliano e rafforzandolo, come non solo esista la classe operaia, ma come essa mantenga intatti i propri dati costitutivi di identità e di dignità.

Questo può essere il solo commento, al di là dell'esito numerico dovuto, fra l'altro, alla decisività del voto degli impiegati: non segnaliamo questo dato per forzare strumentalmente differenze che non debbono essere usate in alcun modo per dividere, ma per segnalare una realtà concreta, che meglio potrà essere analizzata attraverso l'esame dei voti reparto per reparto.

Non si tratta di usare la retorica esaltando la “fatica del lavoro” e come attraverso questa fatica si costruisca un'etica: questioni di altri tempi che, pure, meriterebbero di essere ricordate e sottolineate.

Non è il nostro compito, di analisti politici, di indicare alla FIOM come portare avanti questo risultato che, nelle condizioni date, può essere ben giudicato come eccezionale: è evidente come debba ripartire subito una stagione di lotte, a partire dallo sciopero del 28 Gennaio; una stagione di lotte tesa soprattutto a ripristinare il dettato costituzionale così clamorosamente violato da questo “referendum-ricatto”.

Diversa, invece, l'analisi relativa alle forze politiche: da un lato esce completamente e definitivamente spiazzato il PD (con certi personaggi che, in sede locale torinese, dovrebbero ben pensare al loro ruolo istituzionale e alle loro candidature; pensarci nel senso dell'opportunità di mantenerle senza provare vergogna) e dall'altra parte si richiede alle forze della sinistra di opposizione un vero e proprio salto di qualità nell'elaborazione politica e nello sforzo unitario; non bastano e non servono le passeggiate ai cancelli per cercare di accrescere il proprio particolarismo personalistico.

Serve, invece, una riflessione collettiva tesa verso il conseguimento di ciò che manca: un vero soggetto politico di riferimento, capace di costruire un sedimento unitario al di là delle divisioni storiche e di organizzarsi tenendo conto davvero dalle realtà sociali che debbono essere rappresentate.

Ventisei anni fa registrammo una sconfitta dalle proporzioni analoghe, sul piano numerico, di quella subita a Mirafiori dalla FIOM (mi riferisco, ovviamente, al referendum sulla scala mobile), con un esito largamente superiore, però, alla rappresentatività potenziale di chi lo sosteneva: il gruppo dirigente del PCI ne trasse, in sintonia con le analisi che si svolgevano allora essenzialmente sul tema della “modernità”, una lezione al contrario arretrando paurosamente nella propria capacità di produrre una efficace agenda politica; adesso non va commesso, sia pure in condizioni completamente diverse, un analogo errore.

Mirafiori chiama la sinistra: la chiama all'unità e alla lotta.

Savona, li 15 Gennaio 2011

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