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L'egitto si mobilita per chiedere liberta', pane e lavoro

Decine di migliaia di egiziani manifesteranno al Cairo e in altre citta' contro il regime e per chiedere liberta' e migliori condizioni di vita. I copti pero' non ci saranno.

(25 Gennaio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

L'egitto si mobilita per chiedere liberta', pane e lavoro

foto: www.nena-news.com

DI YASMINE PERNI

Il Cairo, 25 gennaio 2011, Nena News - Al grido di «Viva l’Egitto, viva la libertà, viva la rivoluzione tunisina», decine di migliaia di egiziani, mobilitati dai partiti di opposizione e dalla società civile, in particolare dal movimento «6 aprile», proveranno oggi a manifestare la loro rabbia contro il regime brutale del raìs Hosni Mubarak e per chiedere democrazia, lavoro, aumenti salariali, migliori condizioni di vita e la fine delle leggi d’emergenza (in vigore da trent’anni e rinnovate nel 2010). Ai raduni di oggi si sta lavorando da una settimana, dal 17 gennaio, quando il primo egiziano si diede fuoco al Cairo per protesta davanti al Parlamento, imitando il gesto compiuto dal giovane tunisino che ha innescato settimane di rivolta popolare nel Maghreb. Al Cairo le manifestazioni si terranno in tre quartieri ma non nel centro e davanti al ministero dell'interno, come inizialmente volevano gli organizzatori. Le marce saranno pacifiche per evitare l’intervento delle forze di sicurezza, di solo molto violento. Non si escludono peraltro scontri con i sostenitori del Partito nazionale democratico al potere che ieri stava organizzando una contromanifestazione.

L’opposizione tuttavia arriva divisa a questa giornata di grande importanza. Il gruppo Kifaya e il Movimento del «6 aprile» hanno detto che non si faranno intimidire da polizia e governo e hanno mobilitato i propri sostenitori tramite Facebook e Twitter e insistono nel voler contestare le politiche economiche del regime che stanno affamando un numero crescente di egiziani, in nome delle privatizzazioni e liberalizzazioni. Altri leader dell'opposizione invece hanno annunciato che non manifesteranno e hanno chiesto ai propri affiliati di non mobilitarsi. Ambigua, come accade spesso, la posizione dei Fratelli musulmani, ritenuta la più consistente forza di opposizione, che non hanno aderito alle manifestazioni anti-Mubarak ma hanno lasciato liberi i propri militanti di dedidere in piena autonomia. Il più noto degli oppositori di Mubarak, Mohammed El Baradei, ha detto di sostenere i manifestanti, ma non prenderà parte alla protesta. Inspiegabile la scelta del partito di sinistra Tagammu che non sarà in piazza. «Dopo i brogli ai quali abbiamo assistito alle elezioni parlamentari egiziane e la rivolta tunisina, che si rifiuta di manifestare (contro il regime) scrive una pagina nera nella nostra storia», ha commentato Mohammed Abdel Aziz di Kifaya.

Alla manifestazioni non ci saranno i cristiani copti, duramente colpiti dal sanguinoso attentato qaedista di Capodanno ad una chiesa di Alessandria. «Le manifestazioni saranno violente», spiega l’avvocato copto Naguib Gobriel, specialista in diritti umani, «e noi abbiamo sconsigliato ai nostri giovani di partecipare. La Chiesa ha chiesto di non scendere in piazza. Non ci toccano. Sono dimostrazioni politiche». L’avvocato Gobriel è sicuro che queste manifestazioni non portano alcun beneficio ai copti. «Non verrà richiesta l’abolizione di leggi che ci discriminano, non verrà chiesta maggiore libertà per ristrutturare o costruire nuove chiese. Le dimostrazioni di oggi non sono affare nostro», aggiunge.

Questa presa di posizione non solo dimostra che ormai la scissione all’interno della società è marcata, ma evidenzia anche il timore di un profondo cambiamento politico in Egitto che probabilmente non favorirebbe ne i copti ne le altre minoranze. «Il veleno fu introdotto dall’ex presidente Anwar Sadat» dice Emad Gad, analista del Centro al Ahram per gli Studi Strategici del Cairo. «Sadat simpatizzava per i Fratelli musulmani - afferma Gad - e la prima cosa che fece una volta nominato presidente fu liberare i Fratelli musulmani dalle prigioni. Sadat era un fanatico religioso che ha usato la religione per consolidare il suo potere. E da allora il veleno si è sparso, è entrato nell’animo della popolazione e non si può rimuovere facilmente». Gad è pessimista, ma lo sono anche tanti altri copti, stanchi di dover accettare quelle che definiscono le «discriminazioni quotidiane». «Per riparare ai danni di Sadat – aggiunge l’analista - bisognerebbe cambiare il curriculum scolastico. Non si parla della storia copta a scuola. Si va dal periodo dei faraoni direttamente alla conquista islamica. I 600 anni di storia prima dell’arrivo di Amr Ibn Asser non sono menzionati per niente, così come non vengono menzionati per niente i nostri 2.000 anni di storia. Non si parla di San Marco, fondatore del Cristianesimo in Egitto. Non si parla della Bibloteca Alessandrina, non si parla neanche della nostra lingua».

L’avvocato Gobriel conferma che la lingua copta non viene insegnata in nessuna scuola statale e in nessuna delle Università pubbliche. Insegnano l’ebraico, insegnano la lingua persiana, ma non il copto. L’unica Università dove si insegna la lingua copta è quella Americana, al Cairo. Grandi striscioni sventolano in tanti quartieri della capitale. «Il popolo egiziano è un solo popolo. Siamo tutti uguali», si può leggere su alcuni di essi. Ma Gad scuote la testa. «Ormai non siamo più un popolo unito da almeno 10 anni», afferma laconico l’analista politico.

In molti si chiedono perchè il governo di Mubarak non ha fatto niente per punire i colpevoli degli attentati precedenti. In molti si chiedono anche se il governo non usi lo stratagemma delle divisioni interne per distogliere l’attenzione dalle vere questioni politiche. Dai brogli delle elezioni parlamentari, dalla accuse di corruzione e la deteriorante situazione economica. I giovani cristiani sembra ne abbiano avuto abbastanza. Per la prima volta nella storia del paese si sono viste dimostrazioni di copti, esacerbate dal massacro di Capodanno e dalla successiva sparatoria sul treno per Assiut dove un copto di 71 anni è stato ucciso da un poliziotto in borghese. «E’ la prima volta che i giovani copti vanno contro il volere della Chiesa e si ribellano», spiega l’avvocato Gobriel.

Sino ad oggi gli egiziani copti hanno accettato le discriminazioni, gli insulti, le ingiustizie, ma ora dicono basta. Lo si è visto bene alla messa di Natale, quando i rappresentanti del governo Mubarak sono stati cacciati dalla chiesa. Una contestazione che indica che da oggi in poi nulla sarà come prima. Nena News

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Nena News

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