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Egitto: forze armate, un fattore decisivo

Mubarak chiama in strada l'esercito a supportare la polizia in tenuta anti-sommossa. In Tunisia le forze armate hanno facilitato la rivolta, in Egitto potrebbero spegnerla. Ma non è così scontato.

(29 Gennaio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Egitto: forze armate, un fattore decisivo

foto: www.nena-news.com

Il Cairo, 29 gennaio 2011 - Il corrispondente della BBC ieri sera scriveva dal Cairo, che l’intero apparato statale potrebbe dipendere in queste ore anche dall’atteggiamento e dalle azioni dell’esercito e delle forze di sicurezza. Che al momento resta un’incognita.

In Tunisia infatti hanno aiutato la rivolta, in Egitto potrebbero spegnerla. Ieri però truppe d’élite della Guardia Presidenziale sono entrate, applaudite dalla folla, in tre città egiziane: Assuan, Suez e il Cairo.

Ma c’è una profonda differenza proprio fra l’esercito e le forze di sicurezza: perché se l’esercito è ancora nell’immaginario di molti un baluardo patriottico tanto che ieri quando alcuni cingolati passavano nelle strade della capitale, si sono viste sventolare bandiere egiziane, le forze di sicurezza, la polizia armata di caschi e manganelli e tenuta anti-sommossa, la Central Security Forces, sono detestate: dipendono direttamente dal ministro degli interni, figura chiave finora nel gabinetto di Hosni Mubarak, odiato quanto lui e al potere dal 1997. Una schiera di 330.000 sottopagati (se numericamente aggiunti alle forze di polizia di frontiera) , senza alcun background culturale, montano da sempre la guardia contro la minaccia al regime rappresentata in passato dai dissidenti, oggi da un’intera popolazione e in passato hanno protestato contro la paga bassissima, pur continuando ad applicare misure repressive contro la popolazione civile.

Un corpo che insieme alla polizia di frontiera, è strumento per reprimere la dissidenza politica come fa notare l’organizzazione Human Right Watch, nel rapporto sull’Egitto del 2010: violando i diritti umani di chi fa attivismo politico, detenendo giornalisti, blogger, arrestando membri dei Fratelli Musulmani, disperdendo le manifestazioni, usando una violenza sproporzionata anche contro i migranti africani che tentano di passare la frontiera per entrare in Israele.

Nonostante le promesse, dal 2005, di metter fine allo stato di emergenza in vigore dal 1981, stato di emergenza che ha dato il potere alle forze di sicurezza proprio di arrestare indiscriminatamente e arbitrariamente migliaia di persone senza capi d’accusa e per periodi di tempo illimitati, il governo di Mubarak ha sempre rinnovato la legge Numero 162 del 1958, promettendone solo di limitarne l’uso. Il faraone-Mubarak deve molto a quest’orda di arruolati con pochi privilegi, sopraffatti almeno numericamente in questi giorni dalla folla. E’ per questo che ieri ha inviato l’esercito nelle strade del Cairo e di altre città, con lo scopo di sostenere la polizia anti-sommossa.

Un esercito che è sotto il comando del generale Mohammed Tantawi, alleato di Washington e dell’amministrazione USA. Che finora, parte di una delle pochissime élite privilegiata del regime, è stata dalla parte del presidente, ma che potrebbero fare un passo indietro se le proteste continueranno con la stessa forza e determinazione di oggi. Oppure sparare sulla folla e spargere ancora più sangue. (Nena News)

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