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Paura di democrazia

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(1 Febbraio 2011) Enzo Apicella
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Khaled hadadah: vogliono in medio oriente una nuova sykes –pycot

Per il leader dei comunisti libanesi dopo l’esplosione delle proteste gli Usa hanno lanciato una controffensiva che ha preso corpo attraverso un compromesso storico fra forze liberali, quel che restava dei vecchi regimi e l’Islam cosiddetto moderato come i Fratelli Musulmani

(11 Giugno 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Khaled hadadah: vogliono in medio oriente una nuova sykes –pycot

foto: www.nena-news.com

DI MAURIZIO MUSOLINO

Roma, 11 giugno 2011, Nena News - «Le rivolte nei paesi arabi sono la certificazione della morte clinica dei regimi che li governano. E dove questo non accade è solo perché non ci sono alternative». Non ha mezze parole il segretario del Partito dei comunisti libanesi, Khaled Hadadah nel parlare di quanto avviene nell’area orientale del Mediterraneo. Per Hadadah, in Italia per un incontro bilaterale con il Pdci, da tempo gli Usa lavoravano ad una nuova divisione del “Grande Medioriente”, «una nuova Sykes –Pycot, con l’obiettivo di frantumare gli stati nazionali. Hanno iniziato con l’Iraq, il Sudan, poi con la Libia… la Siria, e così via. Obama ha solo implementato questa strategia messa a punto negli anni del primo mandato Bush». Ma il segretario del Pc libanese sottolinea anche come «né Obama, né gli Usa, né la Nato siano riusciti a capire la potenzialità presente nelle masse arabe. Per questa ragione – prosegue Hadadh - Egitto e Tunisia hanno sorpreso i Paesi occidentali». Rivolte che per Hadadah sono state caratterizzate da un forte aspetto socio-politico.

Per il leader dei comunisti libanesi dopo l’esplosione delle proteste gli Usa hanno compreso che serviva una immediata controffensiva che ha preso corpo attraverso prima «un compromesso storico fra forze liberali, quel che restava dei vecchi regimi e l’islam cosiddetto moderato come i Fratelli Musulmani». Questo sta accadendo in Tunisia e in Egitto. La fine di Bin Laden. Secondo Hadadah, va in questa direzione. Poi – spiega sempre l’esponente del Pcl - intensificando il ruolo “normalizzatore” dell’Arabia Saudita, come ad esempio in Barhein. E infine attraverso un vero e proprio accerchiamento e attacco militare, vedi la Siria e la Libia. Questa strategia è aiutata dalla natura stesa dei regimi, che in questi decenni hanno intensificato la repressione interna e la bassa democrazia.

Un discorso leggermente diverso va però fatto per la Siria. Per il segretario del Pc libanese tre sono stati i fattori che hanno influito nelle rivolte: il carattere antimperialista, la richiesta di maggiore democrazia e la crisi economica. «Per la Siria – sottolinea Hadadah – il primo fattore è inesistente, visto che Damasco è da tempo schierata con decisione nel campo antimperialista. Ma le recenti privatizzazioni hanno innescato una logica neoliberale che ha portato negli ultimi mesi ad un attacco ai salari, all’occupazione e in ultima ai diritti dei lavoratori. Il tutto condito con un aumento vertiginoso della corruzione». In questo modo – spiega Hadadah – il regime siriano è andato via via perdendo il consenso che aveva, vedendo assottigliarsi la base popolare che lo sosteneva e che gli riconosceva comunque di aver apportato notevoli conquiste sociali. Le prime proteste vedevano protagonisti esponenti dello stesso partito Baath e comunisti. Per Hadadah è stato un errore reprimerle violentemente arrestando decine di manifestanti. Poi sono arrivate le vere e proprie stragi a Daraa, che sono rimaste senza colpevoli anche se tutti sanno delle responsabilità del cugino del Presidente Bashar. Infine le strumentalizzazioni esterne… Oggi bloccare le proteste non sarà facile, dice il segretario del Pc libanese, «perché la principale richiesta è la riforma dell’articolo 8 della costituzione, ovvero l’esistenza del multipartitismo». Si chiede, in pratica, al partito Baath di suicidarsi con le sue mani.

Nel frattempo - racconta Hadadah - i Fratelli musulmani hanno assunto un ruolo decisamente ostile verso il governo siriano «e il loro potenziale bellico è di primo piano». Infine il Libano. Il Paese dei cedri sottolinea il segretario del Pcl «è l’anello debole di tutta la regione. Siamo senza un governo da mesi, il Parlamento non riesce a riunirsi, e tutto questo accade nell’apparente disinteresse del mio popolo. Questo accade perché da decenni gli accordi dentro il Libano sono frutto di accordi fra le potenze dell’area: Arabia Saudita, Siria, Iran Francia e Usa. Oggi l’instabilità generale impedisce questo accordo e noi restiamo appesi ad un filo sottilissimo che può spezzarsi in ogni momento. Ci sono rischi serissimi davanti a noi». Nena News

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