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Yemen, qat e rivoluzione

Secondo alcuni il qat, storico "narcotico" della societa' yemenita, sarebbe un elemento positivo per la rivolta anti-Saleh. Ma le manifestazioni durano solo al mattino. Il pomeriggio tutti se ne vanno a casa. A masticare.

(20 Giugno 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Yemen, qat e rivoluzione

foto:foreignpolicydigest.org

Secondo alcuni il qat, storico "narcotico" della societa' yemenita, sarebbe un elemento positivo per la rivolta anti-Saleh. Ma le manifestazioni durano solo al mattino. Il pomeriggio tutti se ne vanno a casa. A masticare. GIORGIA GRIFONI

Roma, 19 maggio 2011, Nena News(foto dal sito foreignpolicydigest.org) - “Il mangiatore di kat ha piacere di sentire i suoi compagni fare conversazione e si dà cura di contribuire a mantenere questa vivace: in questo modo le ore passano per lui rapide e gaie. Il kat produce un’eccitazione gaia, tiene lontano il bisogno del sonno, eleva l’energia nelle torride ore del giorno e durante le lunghe camminate e tiene lontane anche le sensazioni della fame. Così i corrieri e i guerrieri lo prendono per poter rimanere senza prendere cibo per vari giorni”. Questo è quanto riporta Louis Lewin, il farmacologo tedesco famoso per aver analizzato gli effetti del peyote messicano, durante un viaggio in Somalia nel lontano 1928.

Il qat, o catha edulis, è una pianta originaria degli altipiani etiopi. Contiene un alcaloide dall’azione stimolante, che provoca euforia e perdita di appetito. Le sue foglioline devono essere consumate fresche, entro le 48 ore dal raccolto, pena la perdita delle proprietà anfetaminiche. Storicamente, il consumo di qat in questa regione è legato alla presenza di musulmani, che ne facevano uso al posto dell’alcool. Si è quindi diffuso lungo la costa del Mar Rosso e in Somalia, fino ad approdare in Yemen circa 700 anni fa: da allora, non è stato mai abbandonato.

Oggi in Yemen, di qat, ce n’è sempre di più. Non lo prendono più solo i corrieri o i guerrieri, ma lo masticano anche i bambini in occasioni speciali, come feste di matrimonio o funerali. I dipendenti statali lo fanno al lavoro e a volte, dalla pausa pranzo, non tornano. I poveri lo masticano contro la fame. Quella che era una tradizione secolare in Yemen, destinata ai ceti più abbienti della società una volta alla settimana, ha preso i contorni di una vera e propria piaga sociale. Innanzitutto a livello fisico: la quasi totalità della popolazione ne fa un uso giornaliero e nelle lunghe sessioni di qat, che cominciano di solito verso le 2 del pomeriggio, la vita si ferma. Gli uomini si riuniscono in un mafraj, la stanza più alta e più bella della casa, e masticano per ore. Chi non viene invitato alle sessioni di qat, lo mastica nella propria bottega, o per strada. Dopo i primi momenti di euforia, sopraggiunge un rilassamento che può durare fino alla sera. Allora si discute di politica, di economia, di società. Di sogni. Viaggiatori stranieri riportano che verso le 6 di pomeriggio, la capitale Sanaa è deserta, così come tutte le sue attività.

La vita masticando qat

A livello sanitario, oltre ai numerosi problemi derivanti dal consumo abituale di qat quali apatia, problemi a denti e gengive, costipazione, alta pressione, cardiopatie e cancro all’esofago, è emersa un’inquietante correlazione tra diffusione dell’Aids e uso di qat. Secondo uno studio pubblicato sul sito BioMed Central, le ricerche sulla diffusione dell’Hiv in Yemen dovrebbero tener conto del consumo di qat e degli effetti da esso derivanti nei comportamenti sessuali della popolazione. Uno studio di questo tipo è stato condotto in Gibuti, paese dirimpettaio dello Yemen con forte dipendenza dal qat. Secondo quanto rilevato,spesso gli uomini “sballati”, non di rado violenti, costringerebbero le prostitute a fare sesso senza protezione, contribuendo alla diffusione del virus.

A livello economico, la situazione è ancor più disastrosa. Circa due terzi delle terre coltivabili dello Yemen sono destinate al qat, a scapito ovviamente di altre colture che potrebbero nutrire il paese più povero del mondo arabo e farlo dipendere meno dalle importazioni. Fino al XVIII secolo, lo Yemen è stato il padrone incontrastato della produzione e del commercio del caffè. Non a caso, il porto yemenita di Mokha ha dato il nome alla caffettiera più famosa al mondo. Ma un bel giorno le superpotenze europee si sono impadronite di posti quali l’Indonesia, il Sud America e l’Africa orientale, ricche del magico chicco. E nel commercio del caffè, per lo Yemen, non c’è stato più spazio. Secondo uno studio di Blandine Destremau, è stato allora che i proprietari terrieri hanno sostituito le coltivazioni di caffè con quelle di qat. Questa pianta infatti, richiede le stesse condizioni meteorologiche ed ecologiche del caffè, ma è meno sensibile al gelo e al caldo torrido, agli insetti e alla siccità. E cresce anche su terreni di scarsa qualità.

Il problema, ora, è che il qat richiede molta irrigazione per crescere. Circa il 40% delle risorse idriche del paese sono destinate a questa coltura, cosa che produce desertificazione in molte aree del paese. Lo Yemen soffre di frequenti tagli di acqua e elettricità e, secondo le previsioni della Banca Mondiale, Sanaa sarà la prima capitale mondiale a essere a corto d’acqua nel 2017.

Per quel che riguarda le esportazioni dello Yemen, il qat figura al primo posto. Ma verso la vicina Somalia, dove il consumo di questa droga è vietato dalle Corti islamiche, o verso l’Arabia Saudita, dove i sunniti più integralisti sono contrari a qualsiasi sostanza stupefacente. Si tratta quindi di contrabbando, che alimenta il mercato nero e non le casse dello stato. Un mercato che vede impiegato uno yemenita su sette, per cui questa pianta è più lucrativa di qualsiasi altra coltura. E che sicuramente non dispiace ai capi tribali che controllano i territori dove si trovano le piantagioni. Tutto a buon rendere per la stabilità del governo.

Sembrava che una bella rivoluzione potesse essere l’unico modo per liberarsi dalla situazione di stallo che affligge il paese. E invece no. “Durante la rivoluzione-spiega Salwa Abdullah, 30 anni, ricercatrice yemenita- mancasse il gas o la benzina, il qat non è mai mancato. In tutte le regioni yemenite in cui c’erano le manifestazioni, il qat era lì, nelle bocche dei manifestanti. Fa parte del loro quotidiano”.

Coltivazioni di qat

Secondo alcuni manifestanti, il qat è un elemento positivo per la rivoluzione, perché è proprio durante le sessioni che ci si scambiano idee e si organizzano le manifestazioni. Ma alcuni analisti hanno notato come il qat potrebbe costituire un serio problema per il futuro della mobilizzazione, dato che le proteste durano solo qualche ora al mattino. Il pomeriggio, tutti se ne vanno. A masticare.

Salwa crede che il problema sia un altro. “La questione del qat e i suoi effetti nefasti sulla società non fanno ancora parte dei problemi che sono stati sollevati durante questa rivoluzione. In pratica, il qat non è ancora considerato come un grave problema dalla società yemenita, ma piuttosto come una tradizione antica. Inoltre, il qat non costituisce un serio problema sociale solo in Yemen, ma anche in Somalia e in Etiopia”. Paesi che purtroppo non brillano per stabilità politica, né per benessere della società.

Sembra che non ci sia speranza, allora. “Sono molti -continua Salwa- gli obiettivi che questa rivoluzione si è posta: dalla giustizia, alla fine della corruzione e del tribalismo, passando per una giusta distribuzione delle ricchezze tra nord e sud del paese e molti altri. Credo che se si riusciranno a realizzare tutti questi obiettivi, la società dovrà porsi delle domande su ciò che la indebolisce dall’interno e ne paralizza le capacità. Con questa sensibilità alla realtà sociale ed economica del paese, sarà inevitabile analizzare il ruolo del qat nella società. Sicuramente verranno intrapresi degli sforzi per diminuirne il consumo, e il cammino sarà lungo. Ma le vie del cambiamento non sono mai facili”.

Nena News

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