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Il contratto artigianato reintroduce le gabbie salariali?

Intesa Confederali-Sacconi, critiche solo dalla Fiom

(6 Marzo 2004)

La Cgil si diceva indisponibile a "regionalizzare" il modello contrattuale per le imprese artigiane. Alla fine ha firmato pure lei e il sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi esulta: "Si tratta di una svolta storica nelle relazioni industriali.

Il baricentro diventa la Regione e in questo modo si avvia una differenziazione delle retribuzioni tra i vari territori, fermo restando il ruolo del contratto nazionale come tutela del potere d'acquisto".

Carla Cantone, che ha messo la firma della Cgil in calce all'ipotesi d'accordo, sostiene (quasi) l'esatto opposto: "E' stata sconfitta la pretesa di puntare sulla differenziazione salariale fra i territori e di chi auspicava accordi separati contro la Cgil".

Chi mente? Un po' tutti e due, se si sta alla lettera dell'intesa. Ma se si guarda al dato politico, la verità pende dalla parte di Sacconi. Il nuovo modello contrattuale, infatti, ancora non c'è. L'intesa contiene le linee guida di una riforma che andrà in vigore solo se le parti si metteranno d'accordo su tutti i suoi aspetti: intanto, però, sfociano inevitabilmente in salari differenziati per territorio.

Il contratto nazionale coprirà l'inflazione definita dalla concertazione triangolare o, in assenza di concertazione, stabilita dai sindacati e dalle associazioni artigiane (è una delle novità dell'intesa e non è scontato che sia buona). La contrattazione regionale, oltre a redistribuire gli aumenti di produttività, servirà a recuperare gli eventuali scostamenti tra inflazione concertata e inflazione reale.

Nelle regioni dove non si farà la contrattazione decentrata (attualmente si fa solo in qualche regione del Nord), il potere d'acquisto sarà comunque garantito dalle parti in sede nazionale.

Garanzia assai dubbia: se alla fine di questo tortuoso percorso il salario di tutti i dipendenti (1 milione e mezzo) delle 850 mila imprese artigiane coprirà per intero l'inflazione reale, che bisogno ci sarebbe di cambiare il modello contrattuale? Se lo si modifica, è per far saltare l'uniformità del salario di base. Prima in un settore tradizionalmente debole come l'artigianato, poi si vedrà, da cosa nasce cosa.

Sull'altro piatto della bilancia c'è l'aumento salariale conquistato dai sindacati: +7,3% per coprire contratti scaduti dal 2002.
La sinistra Cgil non commenta, mentre la Fiom critica.

articolo de "il Manifesto"

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