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Da Aleppo rispondono alla Clinton. Una corrispondenza dalla Siria

(13 Luglio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

Da Aleppo rispondono alla Clinton. Una corrispondenza dalla Siria

foto: www.radiocittaperta.it

Di Antonella Appiano

Aleppo, 12 luglio --- Ad Aleppo non si parla d’altro. Dalla città nuova, intorno alla grande piazza di Saahat Saad Allah al-Jabri, fino al quartiere cristiano-armeno di Al-Jedida a nord della città vecchia. Nelle stradine del Suq, nei caffè, per strada, la visita degli ambasciatori degli Stati Uniti e della Francia ad Hama, venerdi 8 luglio è stata vista come una forte ingerenza nella politica interna siriana.

Per molti la “prova che gli Stati Uniti e la Francia hanno interesse a destabilizzare il Paese”.

Ma l’attacco alle ambasciate americane e francesi? Non è un fatto grave? Salim, guida turistica disoccupata risponde: “Condanno la violenza ma siamo stati provocati. La decisione dell’ambasciatore Ford di visitare Hama, è ingiustificabile.

E come se l’America e la Francia avessero dato legittimità ai Fratelli musulmani”. Salim appartiene a quella parte di siriani che da preferenza alla stabilità piuttosto che alla libertà. Polemico nei confronti della “democrazia importata”, è convinto che “i militanti islamismi nel Paese e all’estero rappresentino un serio pericolo per la Siria”. “Vediamo con timore ciò che è successo in Egitto e in Tunisia- aggiunge Bassem, ristoratore 40nne- vogliamo che questo Paese rimanga laico”.

Ad Aleppo, come a Damasco, vivono ampi settori della borghesia commerciale che non hanno partecipato alle rivolte. In città, la crisi economica sembra meno forte che a Damasco. Le strade sono affollate, i ristoranti pieni. Si sente musica fino a tardi. Le giornate sono calde e la gente esce di sera a passeggio, per godersi il fresco. C’è una certa vivacità anche se tutti ammettono apertamente che il Paese “sta vivendo un momento difficile. La caduta del turismo, le sanzioni dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, pesano. “ l’Iran però ha incominciato a vendere il suo petrolio in lira siriana per sostenere la nostra valuta - garantisce un importante commerciante di stoffe- Siamo forti. Ne verremo fuori” .Qualcuno, ora è preoccupato per un possibile intervento militare francese contro la Siria con la copertura dell’Onu.” Non posso pensarci, dice sconsolata Agnes, una ragazza armena che lavora come receptionist in un albergo del centro. Mi viene in mente la Libia e rabbrividisco”. Ma il giovane collega la rassicura “ anche gli oppositori militanti hanno protestato. Ho letto sulla pagina di Fb, la rivoluzione siriana 2011, un proclama: il popolo rifiuta in modo formale e categorico qualsiasi intervento militare straniero nel Paese”. Agnes sospira:”Speriamo che vada tutto bene. A volte mi sembra di vivere in un brutto sogno”.

Radio Città Aperta - Roma

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