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Piombo fuso: tzipi livni e' tornata a londra con immunita' speciale

Nel 2009 un giudice londinese aveva emesso un ordine di cattura nei confronti dell'ex ministro degli esteri di Israele sulla base di prove che ne evidenzierebbero le responsabilità nella commissione di crimini di guerra. Le autorita' britanniche hanno emesso un certificato di immunita' diplomatica a favore di Livni che pure non ha incarichi di governo.

(8 Ottobre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Piombo fuso: tzipi livni e' tornata a londra con immunita' speciale

L'ex ministro degli esteri isareliano Tzipi Livni - dal sito lesenfantsterribles.org

DAVIDE TUNDO *

Roma, 08 ottobre 2011, Nena News (nella foto dal sito lesenfantsterribles.org, l'ex ministro degli esteri isareliano Tzipi Livni) - Secondo il diritto consuetudinario internazionale, ogni Stato ha l’obbligo di perseguire individui sospettati di aver commesso crimini internazionali, quali crimini di guerra, crimini contro l’umanità, tortura e genocidio. Si tratta, inoltre, di un obbligo pattizio assunto dagli stati contraenti la IV Convenzione di Ginevra sulla protezione dei civili in tempo di guerra, secondo l’art. 146 della medesima.[1]

Tale obbligo, esteso anche a conflitti non internazionali, è contenuto in altri importanti trattati multilaterali, tra cui la Convenzione ONU per la Prevenzione e la Repressione del Delitto di Genocidio (art.6), e la Convenzione ONU contro la Tortura (art. 7).

Il Preambolo dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale richiama, a sua volta, “il dovere di ogni stato di esercitare la propria giurisdizione penale sui responsabili di crimini internazionali”.

In virtù del principio della giurisdizione universale, inoltre, le corti nazionali di qualsiasi stato possono perseguire i crimini sopra detti, considerati erga omnes, indipendentemente dalla nazionalità del reo e/o della vittima e dal luogo di commissione del crimine.

E` lecito, dunque, credere nel genuino impegno degli Stati nella persecuzione dei crimini internazionali perpetrati da Israele nel territorio palestinese sotto occupazione?

La più recente delle offensive israeliane nei Territori occupati palestinesi, quella sulla Striscia di Gaza di dicembre 2008-gennaio 2009 (nota come Operazione Piombo Fuso), ha causato oltre 1.400 vittime palestinesi, di cui la maggior parte civili (ben 313 bambini furono uccisi), oltre a ingenti danni materiali a infrastrutture civili quali ospedali, scuole, luoghi di culto e abitazioni private.[2] Secondo dati del governo di Israele, 4 persone, di cui 3 civili, furono uccise in territorio israeliano a seguito del lancio di razzi palestinesi dalla Striscia di Gaza, in aggiunta a 9 soldati rimasti uccisi durante le operazioni militari su suolo palestinese, di cui 4 vittime di “fuoco amico”.[3]

Il rapporto finale di un gruppo di esperti, noto come Rapporto Goldstone, a conclusione di una fact-finding mission su mandato del Consiglio ONU dei Diritti Umani e realizzata nella Striscia di Gaza alcuni mesi dopo la cessazione delle ostilità, confermò e documentò che gravissime violazioni del diritto internazionale, talune probabili crimini di guerra, erano stato compiute da agenti dello stato di Israele e altresì delle autorità palestinesi. Il Rapporto Goldstone esigeva alle due parti l’accertamento delle responsabilità giuridiche individuali, comprese quelle penali, salvo auspicare in suo difetto l’attivazione di meccanismi di giustizia internazionale, compreso il deferimento alla Corte Penale Internazionale.

Ciò, dunque, in applicazione del principio di sussidiarietà della giurisdizione penale internazionale, che viene attivata qualora lo stato territoriale competente in cui il fatto è stato commesso in base al principio di territorialità, fondato sul concetto di sovranità, o quello dello stato di cui il presunto reo ha la nazionalità, si dimostri incapace di perseguire il crimine.

Tuttavia, come accertato successivamente da un comitato ONU di esperti indipendenti[4], a più di due anni di distanza le due parti non hanno compiuto prontamente indagini interne in forma credibile e indipendente, come prescritto dal diritto internazionale, e sono dunque rimaste inadempienti di fronte le vittime e i loro familiari.

Il deferimento alla Corte Penale Internazionale, auspicato altresì nell’ultimo rapporto del citato comitato ONU di esperti indipendenti, è più che mai opportuno per assicurare alle vittime civili un effettivo ricorso alla giustizia, indisponibile nel sistema giudiziario israeliano e palestinese.

L’Assemblea Generale dell’ONU, investita di recente della questione[5], dovrà decidere se richiedere al Consiglio di Sicurezza ONU tale deferimento. E’ lecito prevedere, tuttavia, manovre politiche in seno ai due organi delle Nazioni Unite al fine di neutralizzare l’intervento della Corte Penale Internazionale, in evidente contrasto con quanto deciso recentemente a proposito del conflitto in Libia.

Tale circostanza ci permette di riflettere sul futuro della giustizia internazionale, specialmente in riferimento alle vittime palestinesi dell’occupazione militare israeliana.

Accantoniamo, qui, la Corte Penale Internazionale che, se non verrà “sollecitata” dal Consiglio di Sicurezza ONU, non ha giurisdizione sui territori palestinesi, in quanto entità territoriale priva della dignità di stato, e non potrà dunque iniziare motu proprio alcuna indagine penale su fatti commessi nei territori.

Quest’ultima eventualità, tuttavia, potrebbe darsi qualora il procuratore generale della Corte, Luis Moreno Ocampo, accogliesse la dichiarazione, avanzata nel gennaio del 2009 dall’Autorità Nazionale Palestinese di Abu Mazen, di accettazione della giurisdizione della Corte sui territori palestinesi. Ad oggi una decisione non è stata ancora presa.

E’ invece opportuno soffermarsi sul ruolo delle giurisdizioni nazionali nel perseguimento di crimini internazionali, e segnatamente quelli commessi da Israele nei territori palestinesi occupati.

L’attualità di tale riflessione è dimostrata dalla recente visita di due giorni, 5 e 6 ottobre, in Gran Bretagna, della signora Tzipi Livni, ministro degli esteri di Israele al tempo dell’Operazione Piombo Fuso.

Nel mese di dicembre 2009, un giudice del distretto di Londra, su istanza di una vittima palestinese, aveva emesso un ordine di cattura nei confronti di Tzipi Livni, attualmente all’opposizione nel parlamento israeliano, sulla base di prove che ne evidenziavano le proprie responsabilità nella commissione di crimini di guerra e altri crimini internazionali nell’ambito della citata offensiva su Gaza.

Anticipando l’arrivo in Gran Bretagna di Tzipi Livni, la vittima palestinese, rappresentata dal Centro Palestinese per i Diritti Umani di Gaza e da una firma legale londinese[6], aveva richiesto al Director of Public Prosecutions, (DPP), l’autorizzazione all’arresto di Tzipi Livni, o in alternativa l’autorizzazione alla richiesta, da farsi presso altro giudice, di un altro ordine di arresto.

Ciò in applicazione della nuova disciplina inglese, contenuta nella sezione 153 del Police and Social Responsibility Act 2011, sull’emissione da parte di un giudice inglese di un ordine di arresto su istanza di parte privata: in tali casi spetta al Director of Public Prosecutions autorizzare il giudice locale.

Ebbene, nel caso di Tzipi Livni, tale autorizzazione non è stata concessa.

Tecnicamente, come ricorda il Centro Palestinese per i Diritti Umani di Gaza, l’arresto di Tzipi Livni è stato negato sulla base di un escamotage politico e non in virtù della nuova, seppur restrittiva, disciplina inglese. Inoltre, il Director of Public Prosecutions, come esplicitamente dichiarato[7], non ha escluso che gli indizi di colpevolezza presentati a suo carico fossero insufficienti per una condanna, i quali ragionevolmente andavano dunque verificati in un giudizio.

Il diniego di autorizzazione all’arresto ha invece trovato giustificazione in ragione dell’immunità diplomatica, tardivamente concessa e con efficacia retroattiva, a Tzipi Livni, in missione speciale in Gran Bretagna.

In data 6 ottobre, infatti, un giorno dopo l’arrivo in Gran Bretagna di Tzipi Livni, un certificato diplomatico è stato emesso a suo favore dal Foreign Office britannico “a copertura” dei giorni 5 e 6 di ottobre.

In altre parole, il Director of Public Prosecutions avrebbe potuto ordinare l’arresto di Tzipi Livni nella giornata del 5 ottobre, allorché il certificato diplomatico non era ancora stato emesso. Non la mancanza di prove, ma tale colpevole ritardo, unitamente alla deplorevole concessione “retroattiva” dell’immunità diplomatica, ha aiutato Tzipi Livni, che non ha attualmente alcun incarico di governo in Israele, ad evitare la giustizia.

Tale vicenda conferma innegabilmente la riluttanza degli stati nell’esercitare la propria giurisdizione nel perseguimento dei crimini internazionali, a dispetto di specifici obblighi internazionali.

Tale tendenza trova poi puntuali conferme nel caso di crimini internazionali commessi da Israele nei territori palestinesi occupati.

Giá nel 2005, un mandato di arresto era stato emesso dalle autorità inglesi nei confronti del generale israeliano Doron Almog sulla base dell’allora vigente normativa (Geneva Conventions Act del 1957). Questi, dopo una breve sosta all’aeroporto di Heathrow (Londra), era però riuscito a ritornare in Israele prima che le autorità inglesi eseguissero l’arresto.

Come da poco in Gran Bretagna, più o meno recenti riforme legislative hanno ridotto i margini per l’utilizzo della giurisdizione universale contro i criminali di guerra, non soltanto israeliani.[8] Ciò è accaduto in diversi stati, tra cui Belgio e Spagna, in cui il perseguimento dei crimini internazionali aveva avuto un significativo avanzo.

Tale scelte mettono a rischio il futuro prosperare di casi basati sul principio della giurisdizione internazionale, dimostrando che gli stati, in violazione del diritto internazionale, sono sempre più propensi ad anteporre gli interessi politici alle esigenze di giustizia delle vittime di crimini internazionali. Nena News

*Dottorando in Diritti Umani dell’Universitá di Valencia (Spagna) e collaboratore del Centro Palestinese per i Diritti Umani di Gaza

[1] Un’analoga norma è presente nelle altre tre Convenzioni di Ginevra.

[2] Per maggiori informazioni, Palestinian Centre for Human Rights (PCHR-Gaza), Targeted Civilians, e War Crimes Against Children, disponibili su www.pchrgaza.org.

[3] A tal riguardo si veda il rapporto della commissione di indagine ONU sul conflitto di Gaza, “Rapporto Goldstone”, par. 31, disponibile su http://www2.ohchr.org/english/bodies/hrcouncil/specialsession/9/FactFindingMission.htm.

[4] Disponibile su http://www2.ohchr.org/english/bodies/hrcouncil/docs/16session/A.HRC.16.24_AUV.pdf.

[5] Si veda a tal riguardo l’articolo pubblicato da questa agenzia e disponibile su http://nena-news.globalist.it/?p=13097.

[6] Si veda Palestinian Centre for Human Rights (PCHR-Gaza), “New Legislation Fails to Give Tzipi Livni Protection from Arrest”, 6 ottobre 2011, disponibile su http://www.pchrgaza.org/portal/en/index.php?option=com_content&view=article&id=7768:new-legislation-fails-to-give-tzipi-livni-protection-from-arrest-&catid=36:pchrpressreleases&Itemid=194

[7] Si veda Crown Prosecution Office, “CPS statement in relation to Ms Livni’s visit”, 6 ottobre 2011, disponibile su http://www.cps.gov.uk/news/press_statements/_cps_statement_in_relation_to_ms_livni_s_visit/index.html

[8] Per una critica della nuova legislazione inglese si veda Palestinian Centre for Human Rights (PCHR-Gaza), “UK Changes Universal Jurisdiction Law to Provide Safe-Heaven to Suspected Israeli War Criminals”, 19 settembre 2011, disponibile su http://www.pchrgaza.org/portal/en/index.php?option=com_content&view=article&id=7713:uk-changes-universal-jurisdiction-law-to-provide-safe-haven-to-suspected-israeli-war-criminals&catid=36:pchrpressreleases&Itemid=194

Nena News

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