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Gerusalemme est

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(10 Novembre 2010) Enzo Apicella
Prosegue la colonizzazione di Gerusalemme est. Israele ha annunciato ieri un nuovo piano per la costruzione di circa 1.300 nuovi appartamenti.

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(Palestina occupata)

Gerusalemme est, palestinesi sotto sfratto

I Sumrain devono lasciare la propria casa perché considerata dalle autorità israeliane di proprietà dell’associazione di coloni Elad. Altro caso di trasferimento forzato a Silwan: l’obiettivo, appropriarsi del 70% delle terre del quartiere per la creazione di siti archeologici.

(23 Novembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Gerusalemme est, palestinesi sotto sfratto

l'ingresso della casa dei Sumrain, sotto l'insegna per il sito archeologico Città di Davide, nel quartiere di Silwan - foto: nena-news.globalist.it

EMMA MANCINI

Beit Sahour (Cisgiordania), 23 novembre 2011, Nena News (nella foto, l'ingresso della casa dei Sumrain, sotto l'insegna per il sito archeologico Città di Davide, nel quartiere di Silwan) – Cinque giorni e perderanno la propria casa. La famiglia Sumrain vive da decenni in due appartamenti a Wadi Helweh, all’ingresso del quartiere di Silwan a Gerusalemme Est. Una settimana fa ha ricevuto l’ordine di lasciare la propria casa entro due settimane o verrà trasferita con la forza.

Dal 1991 i Sumrain vivono nella costante minaccia di un trasferimento forzato. A lasciare senza un tetto i dodici membri della famiglia sarà Himnuta, braccio del Jewish National Fund, giustificando lo sfratto con l’occupazione abusiva dell’edificio da parte dei Sumarin: quella casa apparterrebbe a Himnuta.

“Nel 1984 il mio bisnonno Musa Abdullah, proprietario della casa, è morto – spiega a Nena News Mahmoud, giovane trentenne della famiglia Sumrain – Aveva una carta d’identità blu, residente a Gerusalemme. Suo nipote Mohammed ha continuato a vivere qui con la sua famiglia. Come possono affermare che questa proprietà è diventata la proprietà di un assente e che quindi può essere confiscata?”.

Vent’anni fa, infatti, la casa fu dichiarata confiscata secondo la Legge di Abbandonata Proprietà e trasferita all’Autorità statale per lo Sviluppo. Nello stesso periodo, l’Autorità ha stretto un accordo con Himnuta: l’agenzia avrebbe ricevuto terra palestinese e abitazioni a Silwan in cambio di una terra vicino Wadi Ara, consegnata dal Jewish National Fund allo Stato di Israele.

Una volta ottenuta ufficialmente la terra, Himnuta l’ha girata a Elad, l’associazione di coloni di Gerusalemme Est, la stessa organizzazione coinvolta nella costruzione del sito archeologico Città di Davide. Tra le abitazioni sotto minaccia di confisca anche quella della famiglia Sumrain, situata a pochi metri dall’ingresso del sito e già circondata da coloni israeliani.

“La prima volta che siamo finiti in tribunale era il 1991 – continua Mahmoud – e poi ancora nel 1995. In entrambi i casi ci sono stati recapitati a casa documenti e ordini in ebraico. La battaglia legale si è conclusa nel 2005: dopo aver consegnato i documenti che dimostravano chiaramente la nostra proprietà della casa, il tribunale ha emesso una sentenza a nostra favore”.

Ma dieci giorni fa, ufficiali giudiziari del comune di Gerusalemme hanno bussato di nuovo alla porta di casa Sumrain alla ricerca di informazioni riguardanti l’abitazione e hanno consegnato loro l’ordine di evacuazione che impone loro di lasciare volontariamente la propria casa entro il 28 novembre, in caso contrario saranno trasferiti con la forza. A ciò si aggiunge una sanzione amministrativa impossibile da pagare: due milioni di shekel (circa 400mila euro) come forma di compensazione per Himnuta, ovvero i fantomatici affitti da vent’anni a questa parte.

La famiglia Sumrain ha paura. Non ha un altro posto dove andare, se non la propria casa, dove vive da decenni. “Non abbiamo altra scelta che restare qui – dice la zia della famiglia Sumrain, un figlio martire e due in prigione da un anno e mezzo – per questo il 28 non ce ne andremo. Combatteremo, sperando che il nostro nuovo avvocato riesca a risolvere la situazione prima di cinque giorni. Abbiamo la solidarietà della gente, venerdì verranno tutti qui per la preghiera”.

Nella casa a due piani vivono dodici persone, di cui cinque bambini, una donna incinta e un uomo anziano malato di diabete. “Non dormo da una settimana – continua la zia – nel timore di sentire i soldati arrivare. E per i bambini è lo stesso: non studiano più, sono diventati violenti”. “E sembra che un’altra famiglia di Silwan, gli Abu Adia, abbia ricevuto lo stesso ordine di evacuazione due giorni fa – aggiunge Mahmoud – Ma la cosa non ci sorprende: Netanyahu ha detto chiaramente che il suo obiettivo è ripulire Gerusalemme dai palestinesi”.

Gerusalemme est, palestinesi sotto sfratto

Una casa palestinese a Silwan demolita dai bulldozer dell'esercito israeliano pochi mesi fa - foto: nena-news.globalist.it

La popolazione palestinese di Silwan, circa 15mila persone, è costretta da decenni a subire demolizioni di case e sfratti, attacchi notturni da parte dell’esercito israeliano e arresti quotidiani. La ragione di una simile attenzione da parte delle autorità di Tel Aviv è la presenza della Città di Davide, sito archeologico costruito su terreni appartenenti al quartiere: un quarto delle terre comuni e delle abitazioni dei residenti di Silwan sono state confiscate dall’esercito.

E il progetto della Municipalità di Gerusalemme si spinge oltre: l’obiettivo è trasformare il 70% di Silwan in parcheggi, parchi e siti archeologici che celebrino l’antica presenza ebraica a Gerusalemme. A finanziare il piano di costruzione della Città di Davide è Elad, associazione dei coloni che hanno occupato parte degli edifici di proprietà palestinese nel quartiere, dove ora vivono circa 500 coloni.

“L’idea è quella di costruire una sorta di anello intorno alla Città Vecchia – spiega a Nena News Dawd, membro dell’Health Work Committee e attivista a Silwan – e portano avanti il progetto in diversi modi: demolizioni di case, trasferimenti forzati, ritiro dei diritti di residenza a Gerusalemme. E anche indirettamente, spogliando la vita sociale ed economica del quartiere: mancano scuole, servizi pubblici, posti di lavoro”.

Molti palestinesi che si erano spostati nel cuore di Silwan quando è iniziata la costruzione del Muro, ora tendono a tornare in Cisgiordania: “Chi si era trasferito al di qua del Muro per continuare a godere dei diritti di residenza a Gerusalemme – prosegue Dawd – ora, per mancanza di lavoro o perché sfrattato dalle proprie case, si sta spostando di nuovo verso Qalandyia e Al Ram, al di là della barriera ma ufficialmente sotto la municipalità di Gerusalemme”. La silenziosa e personale pulizia etnica di Silwan. Nena News

Nena News

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