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Egitto: urne aperte, piazza tahrir non cede

Aperti i seggi elettorali al Cairo, Alessandria, Luxor e Porto Said. E’ la prima delle tre fasi delle elezioni per il rinnovo della Camera Bassa. La tensione è alta, non pochi tra coloro che occupano piazza Tahrir non voteranno in protesta contro i militari.

(28 Novembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Egitto: urne aperte, piazza tahrir non cede

foto: nena-news.globalist.it

Roma, 28 novembre 2011, Nena News - Urne aperte da questa mattina in Egitto per il rinnovo dell’Assemblea del popolo (Camera bassa). Ma al voto, il primo dalla caduta ad inizio dell’anno, dell’ex presidente Hosni Mubarak, il paese arriva in un clima di grave tensione. Migliaia di attivisti della rivoluzione da giorni occupano Piazza Tahrir al Cairo per chiedere che le Forze Armate passino subito i poteri ad autorità civili. Richiesta che è gia’ costata la vita ad oltre quaranta dimostranti. Ma i militari non hanno alcuna intenzione di farsi da parte subito, lo ha ribadito ieri il maresciallo Hussein Tantawi, capo del Consiglio supremo delle Forze Armate. E per rendere ancora più chiara la loro posizione ai manifestanti di Piazza Tahrir, la giunta militare ieri ha esteso per altri 15 giorni la detenzione del noto blogger Alaa Abdel Fattah, arrestato per aver criticato i generali al potere dopo la strage di decine di egiziani copti avvenuta il 9 ottobre al Cairo durante scontri con polizia ed esercito.

Ieri il premier incaricato Kamal Ganzuri ha continuato le consultazioni con i partiti. Più di tutto Ganzuri ha dato il via libera ad un consiglio consultivo che farà da «cerniera» fra il futuro governo e il paese, includendo forze politiche trasversali, dai laici agli islamisti, ma anche dell’ex segretario generale della Lega Araba Amr Musa, uno dei più papabili alla presidenza della Repubblica. L'ingresso nel consiglio consultivo di Amr Mussa, sino a ieri critico della linea dei militari, spacca le forze che si battono per un passaggio rapido dei poteri ai civili. Ha boicottato l'iniziativa, invece, un altro candidato in corsa alla presidenza, Mohamed ElBaradei, che due giorni fa aveva dato la sua disponibilità a presiedere un esecutivo di salvezza nazionale. Ma la sua mossa, sostenuta dai manifestanti a piazza Tahrir, è rimasta lettera morta In questo clima arroventato oggi vanno a votare gli elettori del Cairo, Alessandria, Luxor e Porto Said. E’ la prima delle tre fasi delle elezioni legislative che a gennaio, con ogni probabililità, si concluderanno con l’ampio successo dei Fratelli Musulmani e delle altre formazioni islamiste che in questi giorni si sono tenute lontano da Piazza Tahrir e di fatto hanno dato una grossa mani alla giunta militare. Non pochi degli attivisti di Piazza Tahrir boicotteranno urne perché, spiegano, non vogliono votare sotto il tallone dei militari.

Egitto: urne aperte, piazza tahrir non cede

foto: nena-news.globalist.it

Nena News pubblica oggi una scheda di Chiara Cruciati sul voto in Egitto:

Sono 50 milioni gli egiziani che vanno oggi alle urne per le prime elezioni parlamentari dopo la caduta di Hosni Mubarak. E’ un punto di inizio: il voto porrà fine a trent’anni di partito unico (di fatto) e creerà un Parlamento con l’incarico di scrivere entro il 2012 la nuova costituzione. La nuova legge elettorale prevede un sistema misto proporzionale-maggioritario e assegna un terzo dei seggi a candidati indipendenti. Per alcuni è una garanzia di equità, per altri è il mezzo per far rientrare dalla finestra ex dirigenti del disciolto partito di Mubarak, il Partito Nazionale Democratico. L’Egitto è stato diviso in 189 collegi elettorali: 129 per l’Assemblea del Popolo (Camera bassa) e 60 per il Consiglio della Shura (Camera alta). In ogni collegio verranno eletti da due a 12 parlamentari, a seconda della grandezza, per un totale di 498 seggi per la Camera bassa e 270 per la Camera alta.

I partiti in questi mesi si sono moltiplicati: 50 formazioni politiche hanno presentato 590 liste per l’Assemblea del Popolo e 272 per il Consiglio della Shura. La metà dei partiti in corsa sono nati dopo la rivoluzione di gennaio e sono poco noti alla stragrande maggioranza dell’elettorato. Semplificando, è possibile dividere le diverse formazioni politiche in quattro categorie di base: i partiti islamisti, i partiti di sinistra, i partiti liberali e i partiti della gioventù rivoluzionaria.

I partiti islamisti.

Tra le fazioni che hanno beneficiato di più dalla caduta di Mubarak, sono per lo più formati da ex prigionieri politici. Da una parte stanno i Fratelli Musulmani, dall’altra i Salafiti. I primi sono guidati da Mohamed Mursi, segretario del Partito della Libertà e della Giustizia, e puntano alla maggioranza, grazie al consenso che raccolgono nelle aree più povere del Cairo e del Paese a cui spesso forniscono servizi sociali e sanitari. Il loro programma prevede l’applicazione della Sharia alla legge dello Stato, in economia, politica e società ma affermano di voler rispettare le regole della democrazia.

I Salafiti rappresentano l’ala ultraconservatrice, intenzionati a realizzare un’applicazione il più severa possibile della legge islamica. Nella loro visione, non c’è spazio per le minoranze: vietato ai cristiani (il 10% della popolazione egiziana) diventare giudici, ministri o premier. Ancora meno spazio alle donne: possono entrare in Parlamento ma non devono rivolgere la parola agli uomini o parlare in pubblico.

I partiti di sinistra.

Fazioni politiche attive da decenni sul piano della giustizia sociale ed economica (come Unione progressista, Comunisti, Nasseristi, Partito libero costituzionale-liberale, Karama), riescono con difficoltà ad emergere: «Trovo questa realtà difficile da capire – dice il socialista Mahmoud Qenawi – I Paesi poveri hanno bisogno di partiti politici che prestino attenzione alla giustizia sociale, ma l’Egitto è un caso diverso». Nei programmi dei partiti di sinistra, la priorità va all’economia: nazionalizzazioni, fine delle privatizzazioni e riforme sociali.

Egitto: urne aperte, piazza tahrir non cede

Piazza Tahrir in questi giorni - foto: nena-news.globalist.it

I partiti liberali.

Al Wafd, il Fronte Democratico, Ghad e Partito del Giovane Egitto. Tutti fondati da politici formatisi all’estero, in Europa e negli Stati Uniti, puntano all’applicazione dei sistemi occidentali: iniziativa economica privata, controllo minimo da parte dello Stato sul mercato privato e libertà di espressione. Tra loro, Al Wafd è sicuramente il più conosciuto: uno tra i partiti più vecchi in Egitto, per decenni ha tentato di sfidare alle elezioni lo strapotere dell’ex presidente Mubarak.

I nuovi partiti giovanili.

Sono una decina le formazioni politiche fondate da migliaia di giovani scesi in piazza durante la rivoluzione. Attirano però solo una minima parte delle simpatie dell’elettorato. «Devono imparare la lezione dai Fratelli Musulmani – spiega Mona Makram Ebeid, professore di scienze politiche e sociologia – Devono andare dai poveri, ovunque, e dirgli che capiscono i loro problemi e che troveranno una soluzione». Nena News

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