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Obama e la Tunisia

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(16 Gennaio 2011) Enzo Apicella

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Dopo tunisia ed egitto, il marocco

Il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (PJD) vince 107 seggi su 395. Dimostrando la maturità politica di un partito che ha credibilità nei ceti medi e popolari. E sa sfidare la monarchia senza comprometterla.

(28 Novembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Dopo tunisia ed egitto, il marocco

foto: nena-news.globalist.it

IKA DANO

Roma, 28 novembre 2011, Nena News (nella foto, il segretario generale del PJD Abdelilah Benkirane) – Dopo la vittoria di Ennahda (Rinascita) in Tunisia e la prospettata vittoria dei Fratelli Mussulmani in Egitto alle elezioni di oggi, é la volta del Marocco. Il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (PJD) ad ispirazione islamica ha vinto 107 su 395 seggi. Il suo segretario generale Abdelilah Benkirane é pronto a formare il governo. Con coalizioni che garantiscano una comoda maggioranza, non mettendo in discussione né il potere monarchico, né mirando ad una vera e propria islamizzazione della società marocchina.

La “primavera araba” ha lasciato indenne il Marocco, dove a parte le azioni di protesta per riforme politiche e sociali del Movimento del 20 febbraio, tutto é rimasto tranquillo. Ma ha suggerito al Makhzen – l’elite politica marocchina di contorno al Re Mohammed VI – di anticipare le elezioni ed assicurare uno spazio democratico di espressione per evitare il surriscaldarsi delle strade. Secondo il quotidiano marocchino Le Matin, alle urne é andato il 45% degli aventi diritto, dimostrando una crescente fiducia degli elettori nei partiti politici rispetto alle elezioni del 2007. Fiduca riposta non solo dai ceti popolari ma anche dalla borghesia marocchina sorpattutto nel PJD, considerato unica vera alternativa all’elite susseguitasi al potere sinora.

“Guardo a ciò che succede in Egitto ed in Tunisia e ció mi invoglia a partecipare e a contribuire al disegno futuro del mio paese – dichiara Ahmad, tassista intervistato dalla rivista indipendente marocchina Tel Quel - Sinceramente, non vedo nessuna alternativa al PJD. Almeno, sono facce nuove che vorranno dimostrare di essere meglio di chi li ha preceduti. Proviamo, in ogni caso peggio non può andare”.

Un’opinione evidentemente condivisa trasversalmente anche nei quartieri bene della società, che il PJD non solo in parte rappresenta, ma si é anche impegnato a conquistare. Moderando il proprio discorso politico e abbandonando la cautela strategica mostrata per anni.

Nato come corrente del movimento islamico MUR (Movimento di Unità e Riforma) negli anni ’70 e dopo aver adottato visioni riformiste nel corso delgi anni ’80, il futuro PJD é stato integrato – senza essere legalizzato ufficialmente - nel Movimento Popolare Costituzionale e Democratico (MPCD). Sin dalle elezioni del 1998, a cui partecipa per la prima volta come PJD, sceglie la via del dialogo piuttosto del confronto diretto con la monarchia. Anche alle elezioni successive del 2002 e poi del 2007, rifiuta di entrare nel governo - “scegliendo di accompagnare la transizione e di mettere al primo posto l’interesse nazionale”, come spiega il presidente del consiglio nazionale del PJD Saâd Eddine El Othmani a Tel Quel. Per evitare lo scontro diretto e dare modo di rafforzare struttura ed esperienza del partito, il PJD auto-limita il numero di candidati al livello nazionale, rimanendo all’opposizione. “Ora, é tempo di lasciar fare alla democrazia perché ogni formazione politica abbia effettivamente la rappresentanza che merita”, conclude El Othmani.

Dal terreno della morale a referenza islamica alla Realpolitik. Niente islamizzazione della societá, lotta alla corruzione e crescita sociale come cavallo di battaglia: questa la ricetta del successo del PJD. “Se le elités delle grandi città sembrano accettare la vittoria islamista, é perché sanno che il costo da pagare alla fine non sará esorbitante e questo non cambierà radicalmente le loro abitudini” – spiega il maggiore politologo marocchino Mohamed Tozy.
Il segretario di partito Abdelilah Benkirane ha già chiaramente mostrato di non voler mettere in discussione il potere monarchico in toto e ha rassicurato le cancellerie internazionali sull’approcio moderato della referenza islamica del suo partito. A dimostrarlo, il peso minimo che questioni come il velo o l’alcool hanno avuto nella campagna elettorale e la volontà di formare una coalizione di governo con “tutti i partiti, ad eccezione del Partito per l’autenticità e modernità (PAM) (molto vicino alla monarchia, ndr)”, annunciata oggi da Benkirane.

La vittoria islamista in Marocco non é figlia dell’inesistenza di alternative politiche strutturate, come lo é stata in Tunisia ed Egitto, né di un’indole particolarmente religiosa del popolo marocchino. Il PJD – a differenza del primo partito islamico Giustizia e Beneficienza dello sceicco Yassin ancora illegale – é riuscito nel delicato gioco di equilibri della monarchia marocchina e di credibilità presso borghesia e masse disilluse. Nena News.

Nena News

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