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Via il governo delle banche e di confindustria

Volantino diffuso alla manifestazione nazionale di Roma del 27 gennaio, in occasione dello sciopero contro il governo del sindacalismo di base

(29 Gennaio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.pclavoratori.it

Il Partito Comunista dei Lavoratori saluta questa manifestazione e lo sciopero realizzato oggi. Il nostro Partito ha pienamente aderito a questa iniziativa di lotta, invitando tutt@ i/le suoi/e iscritt@ a parteciparvi, indipendentemente dal sindacato di iscrizione.

Il governo Monti ha dimostrato ampiamente la sua, del resto evidente, natura. Un comitato d’affari, rappresentante diretto delle banche e della Confindustria.

La sua politica ha espresso un fanatismo estremista, in senso liberista, quale mai nessuno prima. Le lacrime di coccodrillo dell’ineffabile “professorina-vampiro” Fornero, non mascherano certo la realtà. Se ce ne fosse stato bisogno il decreto mille proroghe, con la vergognosa norma ad personam per Luca Montezemolo (distruzione per legge del contratto nazionale delle ferrovie), ne ha dato una dimostrazione evidente.
L’attacco attuale allo strumento, pur contraddittorio, della cassa integrazione, in un momento di recessione (incentivata anche dalla politica recessiva del governo) esprime un cinismo infame verso i lavoratori, le loro famiglie e la loro vita.

Se la pesantezza dell’attacco del governo è evidente, quello che dovrebbe essere logico sarebbe una risposta di segno uguale (nella forza) e contrario (negli obbiettivi), da parte del movimento dei lavoratori. In realtà siamo ben lungi da ciò.

Le cause sono certo molteplici e il peso delle sconfitte passate, con l’indebolimento della forza della classe, gioca un ruolo centrale. Ma, da un lato, queste sconfitte sono state il prodotto non di un dato strutturale, ma della politica cosciente dei partiti della sinistra, nella spasmodica ricerca dei loro dirigenti di sedere, come servi di alto livello, alla grande tavola della borghesia, e dalla subordinazione al padronato e al centro sinistra delle burocrazie sindacale. D’altra parte, anche oggi ci sarebbero le possibilità di risposta radicale da parte della classe operaia, se ci fossero da parte delle direzioni maggioritarie indicazioni di lotta adeguate. Invece chi potrebbe darle, in primo luogo le burocrazie dirigenti della CGIL e delle sue varie categorie, non lo fa. Questo vale, in linea generale, anche per i settori di sinistra, come la FIOM, che ha fallito, ad oggi, la sua battaglia contro la FIAT, non dando al momento giusto, cioè due anni fa, quando Marchionne ha iniziato la sua offensiva, l’indicazione dell’occupazione delle fabbriche FIAT; a partire da dove perfettamente possibile, cioè Termini Imerese, facendo fare un salto di qualità allo scontro sociale, e di conseguenza politico, nel nostro paese.

Dobbiamo constatare che spesso anche il sindacalismo di base non ha saputo uscire dalla propria autocentratura, privilegiando scioperi di pura “bandiera”, senza cercare di sfidare, con un approccio al contempo unitario e radicale, le organizzazioni maggioritarie della classe, in funzione del tentativo di costruire lotta radicali di massa, anche a partire da movimenti di delegati autoconvocati.

Questa tradizione, formalmente “radicale”, nei fatti rinunciataria, è stata mantenuta da quei sindacati di base, in primo luogo la CUB, che non partecipano a questa giornata di lotta. Noi auspichiamo invece, proprio a partire dall’importante sciopero di oggi, che le organizzazioni convocanti sappiano superare i limiti del passato. In ogni caso ci batteremo per questo, con i nostri compagni militanti e i simpatizzanti attivi in esse.

Una risposta radicale, centrata intorno alla classe operaia, è condizione indispensabile perché la rabbia popolare contro le misure del governo, non si esprima prevalentemente da parte di settori di altre classi sociali, egemonizzati da forze reazionarie, se non apertamente fasciste, come l’attuale movimento dei “forconi”. E che essi riescano, rovesciando la logica sociale, a egemonizzare settori giovanili o addirittura di lavoratori.

E’ la classe operaia che deve porsi in grado di egemonizzare la rabbia, largamente giustificata, dei settori piccolo borghesi.

Ma riuscirà a farlo solo se saprà porsi, per sé stessa, su un terreno di radicalità di forme di lotta e di obbiettivi.

E’ necessario lottare per l’unificazione delle lotte; per l’occupazione coordinata di tutte le aziende in crisi, con la richiesta di loro esproprio senza indennizzo; per un grande vero sciopero generale, a tempo indeterminato, per respingere tutte le misure antioperaie e antipopolari del Governo.

E’ necessario, di fronte alla crisi del capitalismo, fenomeno internazionale che sottolinea la necessità urgente di abbattere tale sistema, sviluppare un programma di obbiettivi transitori.

Sono vitali ( e le indicazioni non sono esaustive) rivendicazioni come il non pagamento del debito; la nazionalizzazione, senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori, delle banche e delle assicurazioni; la riduzione a 30-32 ore dell’orario di lavoro a parità di salario; un salario minimo di almeno 1500 euro netti; un salario sociale per i disoccupati di almeno l’80% del salario minimo; l’abolizione di tutte le forme di precarizzazione del lavoro; un grande piano di opere pubbliche ecologicamente sostenibili, finanziato da un drastico aumento della tassazione sui grandi redditi di capitalisti e manager e sui loro patrimoni, con una patrimoniale straordinaria.

E’ chiaro che questa impostazione pone il problema del rovesciamento di questa società. Ma proprio questo è oggi il punto. Senza porre in agenda la questione, non di un nuovo governo di “sinistra” borghese, ma quello di un governo dei lavoratori che apra la transizione al socialismo e senza porre il problema di distruggere la Unione Europea, per costruire gli Stati Uniti Socialisti d’Europa, non c’è soluzione strutturale possibile per la classe operaia e gli altri settori sfruttati ed oppressi.

E’ un obbiettivo difficile, ma l’unico realistico e razionale, ed è solo con chiarezza su questa visione strategica che, con la radicalità nelle forme di lotta e negli obbiettivi, i lavoratori potranno ottenere successi parziali - soprattutto difensivi, ma non solo - in questa fase drammatica. Altrimenti, con la politica del “realismo” che in forme diverse propongono tutti gli ex sostenitori di “sinistra” del governo borghese e imperialista di Prodi, (da SEL a Sinistra Critica, passando per PdCI, Rifondazione e il minipartito stalinista-kimilsunghista di Marco Rizzo) il movimento operaio sconterà sempre e solo sconfitte.
E’ giunto il momento di cambiare sul serio. Se non ora quando ?

Partito Comunista dei Lavoratori

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