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(16 Agosto 2012) Enzo Apicella

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Siria: battaglia al consiglio di sicurezza

La Russia si oppone a nuove sanzioni e a «guerre umanitarie» ma Stati Uniti e Francia lavorano a una risoluzione che accolga il «piano» di Qatar e Arabia saudita per far uscire di scena subito il nemico Bashar Assad

(31 Gennaio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Siria: battaglia al consiglio di sicurezza

foto: nena-news.globalist.it

Roma, 31 gennaio 2012, Nena News - La crisi siriana si aggrava sul terreno e si fa più aspra sul piano diplomatico. Oggi il Segretario di stato americano Hillary Clinton, sarà al Palazzo di Vetro per dare pieno sostegno a una risoluzione dell’Onu che appoggi il piano della Lega Araba per la transizione dei poteri a Damasco. Risoluzione che si scontra con il secco «no» della Russia che vuole l’avvio di un dialogo tra l’alleato presidente siriano Bashar Assad e l'opposizione. Ma Mosca è sempre più isolata tra i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza che spingono per stringere i tempi. Gran Bretagna e Francia vogliono che si voti già la prossima settimana il testo con cui sostituire la bozza russa. La Casa Bianca da parte sua parla di «caduta inevitabile di Assad, mentre il Consiglio nazionale siriano (Csn) - la piattaforma filo-occidentale dell’opposizione siriana guidata da Burhan Ghalioun - rifiuta qualsiasi ipotesi di dialogo fintanto che il presidente rimarrà al potere. Nelle strade della Siria intanto i combattimenti si fanno sempre più sanguinosi. Ieri almeno 100 persone sarebbero morte in scontri tra truppe governative e disertori ad Homs e nei sobborghi di Damasco dove è in corso una offensiva senza precedenti delle forze di sicurezza. Secondo l’opposizione almeno 55 morti sarebbero civili.

Tutto lascia pensare che sia ormai partita a livello internazionale una «Operazione Siria», sulle orme di quella che in marzo portò alla «guerra umanitaria» contro la Libia di Gheddafi. Oggi al Palazzo di Vetro oltre alla Clinton ci sarà anche il ministro degli esteri francese Alain Juppè a ascoltare il primo ministro del Qatar (anche stavolta in prima fila, insieme all'Arabia saudita), Hamad el Qassem, e il segretario generale della Lega, l'egiziano Nabil al Arabi che peroreranno il «piano arabo» che prevede la rinuncia immediata di Assad in favore del suo vice e la formazione di un governo «di unità nazionale» con l'opposizione per avviare la «transizione alla democrazia».

Anche riguardo alla Libia gheddafista, in marzo, gli occidentali si fecero forti della richiesta della Lega araba della no-fly zone, il paravento che nascondeva l'attacco militare «per proteggere i civili». Mosca anche ieri ha ribadito che non ci sta a votare risoluzioni che prevedano sanzioni (già imposte, peraltro, da Usa e Ue) contro la Siria o, peggio, interventi militari «umanitari». La Russia ha rilanciato proponendo negoziati «informali» a Mosca fra il governo Assad e la variegata opposizione siriana, «senza condizioni previe». Damasco ha detto che ci sta, ma l'opposizione ha già detto di no. Burhan Ghalioun, presidente del Consiglio nazionale siriano (Cns, il raggrcuppamento di vari gruppi anti-Assad con base all'estero), che si trova già a New York annusando la vittoria, ha fatto sapere che il Cns non parteciperà a nessun negoziato «con il regime siriano prima che Assad abbandoni il potere». Il vice-ministro degli esteri russo Ghennadi Gatilov ha replicato che prima di discutere e votare il «piano» della Lega araba, vuole conoscere e studiare «le raccomandazioni e conclusioni» della missione degli osservatori inviata dalla Lega araba in Siria per monitorare la situazione. Ma la missione è bloccata, prima per l'annunciato ritiro degli osservatori di Qatar, Arabia saudita e le altre petro-monarchie del Golfo, e del Marocco, poi per l'annuncio della sospensione dei lavori di monitoraggio fatta giorni fa dalla Lega. Nena News

Servizio realizzato sulla base di un report del quotidiano Il Manifesto

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