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(27 Agosto 2013) Enzo Apicella
Obama ha deciso di attaccare la Siria, in ogni caso.

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Al qaeda in tackle sulla rivolta anti-assad

Il videomessaggio di Ayman Zawahry conferma il ruolo del sunnismo piu' radicale nella crisi siriana. Intanto Damasco respinge i diktat della Lega araba e il possibile arrivo di militari dell'Onu.

(14 Febbraio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Al qaeda in tackle sulla rivolta anti-assad

foto: nena-news.globalist.it

IL MANIFESTO

Roma, 14 febbraio 2012, Nena News - Entrata in tackle di al Zawahiri, il successore di Bin Laden. Proprio mentre l'opposizione siriana cerca di sfondare presso i governi occidentali (quelli di Arabia saudita e Qatar, guarda caso, li ha già al suo fianco) e le istituzioni internazionali, tipo Onu e Lega araba, il videomessaggio del capo di al Qaeda che incita i rivoltosi («Avanti, leoni della Siria») a disfarsi di Assad senza gettarsi nelle mani degli occidentali e degli arabi (nel senso evidentemente dei governi arabi).

Ovviamente resta da vedere qual è la presa reale, al di là dei proclami propagandisti, di al Qaeda nell'opposizione siriana. Ma l'avanti qaedista ai leoni della Siria non suona bene, tanto più se si guarda a cosa sta succedendo nella «nuova» Libia. E, secondo anonime «fonti dell'intelligence Usa», dietro ai due sanguinosi attentati-kamikaze di Aleppo la settimana scorsa ci sarebbe la zampa di al Qaeda.

Ieri Damasco ha «respinto categoricamente» la risoluzione votata domenica (con le sole riserve di Libano e Algeria) dalla Lega arba riunita al Cairo. Assad dovrà andarsene ma finora non può rinunciare «alla sua responsabilità di proteggere i cittadini siriani e salvaguardare la sicurezza e stabilità del suo popolo» dagli attacchi (tutt'altro che pacifici) di quelli che chiama «gruppi terroristi armati». I ministri degli esteri della Lega, usando parole durissime contro la Siria, liquidano la missione di osservatori inviata in dicembre (ma già «sospesa» da gennaio) e invocano una «forza di pace» congiunta con l'Onu, quindi un ritorno inevitabile al Consiglio di sicurezza. Via libera anche alla proposta della Tunisia di ospitare il 24 febbraio una conferenza degli «amici della Siria», dove l'opposizione - che finora come accadde in Libia resta una nebolosa difficile da decifrare - potrebbe essere riconosciuta come «unica legittima rappresentante» della Siria con annessi ricaschi finanziari e politici. Nella riunione precedente al summit della Lega, fra le 6 petro-monarchie della Golfo (le più assatanate), Arabia saudita e Qatar volevano che domenica al Cairo si uscisse con il riconoscimento ufficiale del Consiglio nazionale siriano. Appuntamento rinviato al vertice degli «amici della Siria» fissato a Tunisi.

Dura la reazione siriana: il piano proposto/imposto dalla Lega araba «riflette l'isteria dei governi» che compongono la stessa Lega.

La palla torna di nuovo a New York, sia alConsiglio di sicurezza sia all'assemblea generale (dove si dovrebbe dibattere una risoluzioone non cogente anti-Assad) con la consapevolezza che per trovare un'intesa occorre coinvolgere Russia e Cina che una settimana fa hanno bloccato con il veto la proposta arabo-occidentale che secondo Mosca e Pechino (e non solo) configurava un nuovo «regime change». Il piano della Lega araba ha trovato ieri l'appoggio degli occidentali. Fra gli altri la Ue e l'Italia dei fantasmatici (chi?) lady Ashton, responsabile (si fa per dire) della politica estera dei 27 dell'Unone, e Giulio Terzi di non so che cosa, responsabile (di fa per dire) della politica estera italiana. Gli europei (o occidentali, perchè dietro c'è l'ombra di Obama, Nobel per la pace) vorrebbero che fossero gli arabi a mettere i piedi sul terreno siriano («boots on the ground»), gli arabi vorrebbero che fossero gli europei (o in senso lato gli occidentali) a «sporcarsi i piedi». Ma mettere i «boots» sul suolo siriano è un bel problema.

Mentre in Siria anche ieri venivano segnalati ammazzamenti da una parte e dell'altra, è evidente che la palla tornerà al Consiglio di sicurezza. Il questito è se Russia e Cina manterranno la loro posizione. Ieri il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha detto che Mosca «sta studiando» la proposta di invio in Siria di peace-keeping, ammonendo però che prima ci dovrebbe essere «un cessate il fuoco» da entrambe le parti. Cosa non facile visto che, secondo Lavrov (e non solo), «i gruppi armati che stanno combattendo contro il regime siriano non rispondono a nessuno e non sono controllati da nessuno». A meno che non sia al Qaeda. Nena News

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