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(24 Settembre 2010) Enzo Apicella
L'ONU censura Israele per l'assalto alla Freedom Flottilla. Il governo israeliano fa finta di niente.

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Video: parla italiano flytilla giunto a betlemme

Bilancio finale di 45 deportati, 1200 i mancati imbarchi. Ma lo Shin Bet fa una figuraccia: il 40% non erano attivisti. Ieri alla conferenza di benvenuto arrivano i pochi che hanno passato i controlli. Tra loro due italiani, partiti da Roma

(16 Aprile 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Video: parla italiano flytilla giunto a betlemme

foto: nena-news.globalist.it

DALLA REDAZIONE

Beit Sahour (Cisgiordania), 16 aprile 2012, Nena News – Alla fine di una lunga giornata di mancati arrivi, cortei negli aeroporti, arresti e deportazioni, il bilancio finale: secondo un portavoce della polizia israeliana, gli attivisti internazionali fermati all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv sono stati 45. Ovvero, è stato loro rifiutato il visto di ingresso in Israele e verranno deportati nelle prossime ore.

Nove gli attivisti israeliani pro-palestinesi arrestati per aver manifestato la loro indignazione per il trattamento che lo Stato di Israele ha riservato a “Welcome to Palestine”, iniziativa nonviolenta e legittima.

Ma a stupire davvero è il numero di coloro a cui le compagnie aeree europee non hanno permesso l’imbarco su aerei diretti a Tel Aviv, dietro minacce di sanzioni e pressioni politiche delle autorità israeliane. Circa venti le compagnie che si sono fatte intimidire, la maggio parte delle quali europee: tra le più note Lufthansa, Alitalia, AirFrance, British Airlines, EasyJet e Turkish Airlines.

Secondo il quotidiano israeliano Ha’aretz il 40% degli internazionali i cui nomi erano nelle “liste nere” dello Shin Bet (i servizi segreti interni israeliani) non erano affatto attivisti e non stavano prendendo parte alla campagna “Welcome to Palestine”: 470 persone – delle 1200 a cui è stato negato l’imbarco – non avevano nulla a che vedere con l’iniziativa.

Tra loro un diplomatico francese e sua moglie, un impiegato del Ministero italiano delle Comunicazioni, che ha così saltato il meeting con la controparte israeliana, un membro del CdA della casa farmaceutica tedesca Merck, parte di una delegazione al Weizmann Institute of Science (in cui la Merck ha investito 10 milioni di euro), e alcuni cittadini israeliani.

Un nuovo capitolo della paranoia israeliana? Per ora lo Shin Bet tace e non commenta. A stilare le liste nere sono stati insieme servizi segreti e polizia israeliana.

Gli arrivi a Betlemme e l’accoglienza degli organizzatori

Alle 17 di ieri è arrivata a Betlemme la prima attivista di “Welcome to Palestine 2012”. La giovane francese è l’unica del folto gruppo di attivisti che hanno tentato di imbarcarsi a Ginevra: di 50, 21 sono stati bloccati all’aeroporto dalla compagnia aerea EasyJet, mentre gli altri 29 imbarcati non hanno passato i controlli di sicurezza.

Al Peace Center di Betlemme, centro di raccolta degli attivisti che sono riusciti a passare i severi controlli israeliani, sono arrivati alla spicciolata due spagnoli, una canadese, tre francesi e due italiani.

“Non mi hanno chiesto la meta del mio viaggio – ha raccontato la giovane francese durante la conferenza stampa davanti a circa 200 tra attivisti e giornalisti – Parlavano ebraico e non li capivo. Mi hanno fatto seguire diversi agenti della sicurezza ed improvvisamente mi hanno dato un foglietto di carta che poi una soldatessa ha stracciato. E così mi sono trovata all’uscita dell’aeroporto. Credo sia importante combattere perché i palestinesi hanno il diritto di ricevere visite”.

Stessa trafila per un altro giovanissimo francese: “Quando hanno chiesto dove fossimo diretti, non ho capito bene e sono finito con un gruppo di turisti. Ho pensato di dire che facevo parte della campagna più tardi, quando me lo avessero chiesto di nuovo. Ma non lo hanno fatto e mi sono ritrovato fuori dall’aeroporto con il visto di ingresso nel passaporto. Allora sono rientrato per dire a quelli della sicurezza che sarei andato a Betlemme, in Palestina. Si è creata confusione, i soldati non sapevano come comportarsi e alla fine mi hanno lasciato andare”.

“L'iniziativa ‘Welcome to Palestine’ è stato un successo solo dal punto di vista mediatico, ma non dal punto di vista umano – ha dichiarato uno degli organizzatori in conferenza stampa – Abbiamo dimostrato che Israele finge di essere una democrazia, ma è in realtà è solo un sistema di apartheid che impedisce l’ingresso di internazionali nei Territori Palestinesi. Dal punto di vista umano è una sconfitta perché ancora una volta Israele ha negato il diritto di movimento e libera circolazione a persone che non hanno intenzione di creare problemi, ma solo di aiutare alla costruzione di una scuola e partecipare a progetti agricoli di solidarietà. Solo in pochi sono arrivati finora, ma gli attivisti che sono rimasti in Europa o stati deportati da Tel Aviv continuano ad essere i nostri ambasciatori contro l’occupazione”.

“Dopo che il processo di pace è definitivamente morto e la politica israeliana verso i palestinesi si è fatta sempre più dura – afferma un altro organizzatore – l’unica cosa che ci rimane da fare, come palestinesi, è far crescere l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sulla nostra condizione e rafforzare il movimento di solidarietà internazionale. La Cisgiordania è sotto assedio, Gaza è sotto assedio e ai palestinesi non è permesso di muovesi da un’enclave all’altra. ‘Welcome to Palestine’ – solo una delle tante iniziative di solidarietà internazionale – è l’unico modo che abbiamo per far sì che il mondo conosca la nostra condizione”.

E Mazin Qumsiye, organizzatore dell’iniziativa, riferendosi alla lettera fatta firmare ad una ragazza svedese arrivata il 10 aprile (con cui Israele l’ha obbligata a prendersi l’impegno di non incontrare alcun membro di organizzazioni pro-palestinesi), ha sottolineato: “Immaginate se il governo americano facesse firmare un accordo simile a turisti internazionali, lasciandoli entrare a condizione che dichiarino di non incontrare membri di organizzazioni a favore della popolazione di colore”.

“Ma quello israeliano non è uno Stato normale – ha ribattuto un partecipante alla conferenza stampa – È uno Stato che occupa militarmente un popolo. L’occupazione gli fornisce il potere necessario a decidere chi entra e chi no”.

Intorno alle 18, arrivano i due soli italiani riusciti ad atterrare a Tel Aviv e a passare i controlli: Alberto e Rossana, rispettivamente 71 e 81 anni. Nena News

Guarda il video di Alberto, il primo italiano arrivato a Betlemme:

Nena News

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