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Il caso "Bobby Fischer"

Una ricostruzione biografica e una velina pubblicata su Il Manifesto

(23 Luglio 2004)

Pino Catapano ha raccolto sulla rete un po' di informazioni su Bobby Fischer: "Uno che, al di là di qualche sua uscita più o meno condivisibile, merita il massimo rispetto e solidarietà da chi si dichiara anche soltanto progressista." Si metta a confronto questa Nota biografica con l'articoletto del "Manifesto" (che segue), che riprende a pappagallo le veline statunitensi...

Nota biografica su Bobby Fisher

Bobby Fischer nasce a Chicago nel 1943. Sua madre è un'ebrea sovietica emigrata negli USA. Bobby a 6 anni impara a giocare a scacchi e a 15, nel 1958, diventa il più giovane Gran Maestro nella storia degli scacchi. Egli allora manifesta l'intenzione di andare in Unione Sovietica per approfondire ancor di più la sua passione e insieme alla madre vanno a Mosca per qualche tempo. Siamo nell'epoca del maccartismo più sfrenato e Bobby entra ufficialmente tra i controllati dall'FBI, mentre il file sulla madre risale agli anni '40. Addirittura sospettati di essere spie del Kgb, la cosa non viene mai provata, ma le attenzioni dell'FBI su Bobby, estremamente critico sulla politica USA, rimangono.

Come molti dei grandi geni, anche Bobby va male a scuola e l'abbandona. Nel 1972 comunque diventa famoso in tutto il mondo per essere diventato l'11° campione del mondo di scacchi, il primo non sovietico della storia. Prima del "match del secolo" con il russo Spassky persino Kissinger chiama Bobby al telefono.

Ribelle ed eccentrico per natura, tale da sembrare un pazzo squilibrato ai superficiali, sprezzante verso la politica e la ragion di stato USA, il suo trionfo non può essere usato dal governo come ci si aspetterebbe. Nonostante le ripetute minacce, l'amministrazione USA, ad esempio, non riuscì mai ad impedire che Bobby si recasse a L'Avana per qualche partitella con Fidel Castro.

Nel 1975 Fischer, per screzi con la Federazione internazionale degli scacchi sulle regole per l'attribuzione del titolo, viene privato del titolo mondiale, dopo il rifiuto di Bobby di giocare con Anatoly Karpov. Qui si spengono i riflettori sul genio americano, che abbandona il gioco degli scacchi. Nel 1981 Bobby viene scambiato per un rapinatore di banca e arrestato dalla polizia, a seguito di questo episodio scrive il pamphlet "I Was Tortured in the Pasadena Jailhouse!". Nel 1984 Bobby scrive alla "Encyclopaedia Judaica", intimandoli di cancellare il suo nome dalle loro pubblicazioni per il fatto che lui non era ebreo, non essendo nemmeno circonciso.

Nel 1992 il "fattaccio". Su invito della federazione Russa e di Slobodan Milosevic, Bobby Fischer viene chiamato per giocare la rivincita con Spassky in Jugoslavia, premio in palio 3,5 milioni di dollari. Bobby allora riceve dalla giustizia americana una lettera di diffida con un ordine esecutivo firmato George Bush senior, a recarsi in Jugoslavia, paese sottoposto ad embargo ed al divieto di viaggio ai cittadini americani. Bobby in una pubblica conferenza stampa sputa sulla lettera e va in Jugoslavia, vincendo per la seconda volta contro Spassky. La giustizia USA allora lo condanna in contumacia a 10 anni di reclusione ed emette contro di lui un mandato di cattura internazionale.

In questi anni di "latitanza" in cui gli è precluso il ritorno negli USA, Bobby si stabilisce prima in Ungheria e poi in vari paesi dell'Asia, soprattutto nelle Filippine. Ha il tempo di inventare (con tanto di brevetto) un nuovo tipo di segnatempo digitale per le partite. Inoltre, nel '96 egli annuncia da Buenos Aires, una variante del gioco nota come Fischer Random Chess, che consiste nella possibilità del giocatore di scegliere la disposizione iniziale dei pezzi, evitando così di impararsi le aperture a memoria e rendere il gioco più imprevedibile.

Degna di nota la sua amicizia con il Gran Maestro Eugenio Torre, il più gran giocatore di scacchi filippino di tutti i tempi, persona che gli sta vicino e lo aiuta. Tra il '98 e il '99 tutto il patrimonio di Bobby negli USA viene confiscato e venduto all'asta. Egli si ritiene vittima di una congiura ordita dall'"ebreo" Bob Ellsworth. Il suo odio per gli USA e per gli ebrei aumenta.

L'11 settembre del 2001 Bobby si trova nelle Filippine e in una delle sue tante interviste a "Radio Bombo", quando le notizie sugli attentati sono ancora frammentarie, dice: "This is all wonderful news,". "I applaud the act. The U.S. and Israel have been slaughtering the Palestinians, just slaughtering them for years. Robbing them and slaughtering them. Nobody gave a shit. Now it's coming back to the U.S. Fuck the U.S. I want to see the U.S. wiped out.".

Questa cosa ed altri commenti antisionisti più che antisemiti sono le cause della decisione della Federazione scacchistica USA di radiarlo nel 2003.

Siamo giunti al 13 luglio 2004, Bobby in possesso di regolare passaporto USA rilasciato dall'ambasciata di Berna, viene violentemente arrestato e malmenato dalle autorità nipponiche all'aeroporto di Tokio, mentre si accingeva a tornare a Manila, in uno dei suoi frequenti spostamenti tra le due capitali. Sembrerebbe che il passaporto sia stato revocato dalle autorità USA nel 2003, ma la vicenda ha risvolti poco chiari, al momento: la pagina internet dedicata a Bobby parla di aggressione e violente percosse da parte degli agenti giapponesi. Fatti che paiono francamente eccessivi per un semplice problema di permessi. La sensazione è che qualche lunga mano si sia mossa dagli Stati Uniti, visto che non era certo la prima volta che Bobby andava a Tokio.

E' intenzione dei giapponesi estradare Bobby negli USA, dove rischia 10 anni di reclusione, magari in un ospedale psichiatrico, dato che la stampa USA non ha lesinato certo risorse per dipingerlo come un pazzo. Le ultime notizie dicono che Bobby sta chiedendo asilo politico verso un paese terzo disposto a concederglielo.

(a cura di Pino Catapano)


L'ultima mossa di Bobby Fischer (il manifesto - 21 Luglio 2004)
fonte: http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/21-Luglio-2004/art65.html

Il campione in attesa di estradizione da Tokyo agli Usa chiede asilo a qualche «paese amico» IGOR FIATTI

Altra mossa a sorpresa dell'ex campione di scacchi americano Bobby Fischer. Arrestato la settimana scorsa dalle autorità giapponesi all'aeroporto Narita di Tokio per il possesso di un passaporto non valido, e ricercato dagli Usa per aver violato nel 1992 le sanzioni internazionali contro la Jugoslavia accettando di disputare nel paese sotto embargo la rivincita del suo storico match del 1972 contro il sovietico Boris Spassky, Fischer ha chiesto asilo politico in un paese terzo per evitare l'estradizione negli Usa. «Bobby Fischer non vuole rimanere in Giappone, dominato dall'America, corrotto, brutale e ostile», ha detto la presidente della federazione giapponese di scacchi, Myoko Watai, amica dello scacchista che vinse la «battaglia del secolo», come fu allora battezzata la partita metafora della guerra fredda tra Mosca e Washington. «Né tanto meno tornare negli Stati Uniti, dove lo aspetta una corte speciale, dieci anni di prigione e forse anche una morte prematura», ha aggiunto la Watai.

32 anni fa, la partita che metteva in palio il titolo di campione mondiale di scacchi tra il genio eccentrico americano, Bobby Fischer, e il detentore, il sovietico Boris Spassky catturò l'attenzione del pianeta. La sfida fu giocata nella capitale islandese Reykyavik, a metà strada tra le due superpotenze. Il match del secolo rimase in forse fino all'ultimo: l'incontro si svolse solo dopo che furono accettate tutte le pretese dello sfidante; Fischer chiese e ottenne una borsa di 138 mila dollari e si arrivò alla scelta dell'Islanda solo dopo che l'americano fece fallire i grandi sforzi e sacrifici affrontati dalla federazione scacchistica jugoslava, che aveva preparato una organizzazione grandiosa.

Appena arrivato offese gli islandesi, definendo l'Islanda inadeguata per l'evento perché non aveva un bowling. Poi si lamentò di tutto: delle telecamere, delle luci, del tavolo, delle sedie. Fischer, definito dalla stampa squilibrato e paranoico, accettò di giocare solo dopo che un miliardario inglese raddoppiò il premio partita, portandolo a 250 mila dollari. Dopo la vittoria, il ragazzo di Brooklyn avrebbe dovuto sfidare il sovietico Anatolij Karpov nel 1975, ma impose per il match regole così bizzarre che l'associazione scacchistica internazionale lo privò del titolo, assegnandolo d'ufficio al sovietico. Poi Fischer scomparve sino alla rivincita della «battaglia del secolo» organizzata in Jugoslavia nel 1992.

Prima di giocare nella città montenegrina di Sveti Stefan, Fischer ricevette una lettera del dipartimento del tesoro Usa che gli intimava di rinunciare al match. Il campione sputò sulla lettera durante una memorabile conferenza stampa. Giocò e vinse di nuovo, diventando un ricercato. Poi il fece perdere le sue tracce in Asia, tra Giappone e Filippine. Negli ultimi anni spediva fax dalla sede della federazione di scacchi giapponese e interveniva sulle frequenze di una radio filippina, Radio Bombo, con discorsi antisemiti e antiamericani. Le autorità giapponesi lo hanno arrestato all'aeroporto di Tokio mentre stava partendo per le Filippine, che intanto gli avevano revocato il passaporto.

Adesso, il campione aspetta l'eventuale estradizione negli Usa in una cella giapponese; ma per ribaltare la partita ha ancora una mossa a disposizione, l'accoglimento della domanda di asilo da parte di qualche «paese amico».

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Commenti (4)

Asilo politico contro gioco

Io spero che ci sia uno stato disposto, nonostante tutto, a concedere asilo politico a Bobby Fischer, però ad una condizione: deve promettere di giocare a scacchi!

(24 Luglio 2004)

Primo Gualtieri

Da Liberazione

L'ultima sfida di Bobby Fischer: «Mai più americano»
Scacco all'impero


«Non desidero essere un cittadino americano. Quando è troppo è troppo, sono un perseguitato politico». Dalla sua cella dell'areoporto di Tokyo Bobby Fischer, il leggendario ex campione del mondo di scacchi, cerca una via d'uscita, una mossa che come ai bei tempi metta alle corde il re avversario.
Per il momento si trova in stato d'arresto: lo hanno fermato quindici giorni fa i doganieri mentre si stava imbarcando per le Filippine con un passaporto non valido. Rischia fino a dieci anni di carcere da scontare sul territorio degli Stati Uniti, i quali sono in fervida attesa dell'estradizione dal paese nipponico. I fans, o i semplici ammiratori disseminati in tutto il mondo sono invece in grande apprensione e sperano che Bobby riesca ad ottenere quell'agognato asilo politico che Giappone e Filippine gli hanno finora rifiutato.

Ma il Dipartimento di Stato e l'Fbi (che lo sorveglia da più di 12 anni) vogliono la sua testa, costi quel che costi. Formalmente è accusato di aver violato l'embargo Onu alla Yugoslavia nel 1992 per disputare in Montenegro il match di rivincità contro il sovietico Boris Spassky. Un revival non omologato del celebre incontro disputato a Reykjavik nel 1972 che fruttò a Fischer, in "pensione" da vent'anni, la modica cifra di tre milioni di dollari e la tranquillità economica per il futuro. Al di là del fatto tragicomico che l'amministrazione Bush accusi un proprio cittadino di aver violato una direttiva delle Nazioni Unite, l'accanimento di Washington ha una valenza simbolica, esemplare. Alcuni mesi dopo 11 settembre 2001, Fischer interruppe infatti anni di silenzio con un articolo diffuso via internet; una trascrizione di un'intervista ad una radio di Manila, in cui esprimeva soddisfazione per gli attentati di Manhattan, congedandosi con un eloquente «Fuck the U. S». Una provocazione di cattivo gusto, ma pur sempre una provocazione e non certo un delitto. Eppure i cacciatori di taglie del governo non la pensano così. Fischer deve essere estradato, giudicato e condannato. L'onta lavata nel buio di un penitenziario federale, senza sconti o attenuanti generiche in un processo di cui già si conosce la sentenza. Poco importa che nel "paese delle libertà" non esista il reato d'opinione: nell'era della guerra infinita e del Patriot act le libertà sono solo vigilate e a un americano non è permesso parlare in questo modo della sua madre patria impegnata nella crociata contro il feroce Saladino.

Il "rinnegato" Fischer non viveva comunque più da anni negli Stati Uniti. Dopo la vittoria contro Spassky, avvenuta in piena Guerra Fredda e quindi cosparsa di prevedibile propaganda, il campione reputò che la Casa Bianca gli mancò di rispetto non ricevendolo con tutti gli onori. «Quando ho vinto il campionato del mondo nel '72 l'America era fino a quel momento era considerata la patria del football e del baseball e non certo un paese di intellettuali. Io ho cambiato tutto questo. Loro mi hanno utilizzato nella Guerra Fredda e ora che è finita mi vogliono arrestare», esclamò nel '92 dopo l'incontro in Montenegro. Negli anni'80 denunciò di essere stato fermato, interrogato e picchiato dai federali, episodio che lo spinse a lasciare per sempre l'odiato borgo natìo. Da allora è stato avvistato a Budapest, poi nelle Filippine da dove giocava a scacchi on-line sotto pseudonimo, e infine in Giappone, dove il suo tormentato errare si è concluso al desko di un terminal areoportuale.

Si è detto e scritto molto riguardo alla controversa personalità di Fischer, al suo sconfinato talento e al suo panthéon di psicosi; dichiaratamente antisemita anche se lui stesso ebreo osservante, maschilista involuto e naif, ma al contempo terrorizzato da qualsiasi figura femminile ( in curioso parallelismo con il filosofo Nietzche). L'unica donna che frequentò ufficialmente fu infatti la fantomatica Miss Gremette, una californiana molto più anziana di lui che, secondo la vulgata psicanalitica, rappresentava l'adorata figura materna. Quella Regina (sic) Fischer severa poliglotta che i servizi Usa accusarono addirittura di essere «una spia dei comunisti». Volutamente sgradevole e immodesto nelle sortite ufiiciali, fuori dalle scacchiere i suoi colleghi raccontavano, al contrario, di un uomo molto timido, affabile e cortese con i propri interlocutori. Quando il lettone Mikhail Tal (l'unico giocatore che Fischer non riuscì mai a battere), anch'egli ex campione del mondo, si ammalò gravemente, Bobby andava ogni giorno al suo capezzale per discutere di scacchi, il suo modo di offrire amorevolmente conforto al rivale.

«Nel gioco degli scacchi ci sono gli eroi e gli antieroi. Fischer è senza dubbio un eroe» scriveva lo psicologo-giocatore Rueben Fine nel pregevole La psicologia del giocatore di scacchi (Adelphi) . Gli antieroi possono raggiungere l'Olimpo dello scacchismo mondiale, ma come gli eclettici del Rinascimento riescono ad imporsi con successo anche in altri campi e discipline. Lasker scriveva di filosofia e teneva una corrispondenza con Einstein, Euwe insegnava la matematica, Botvinnik era un affermato ingegnere elettronico, Taimanov un bravissimo violinista. Lo stesso Gary Kasparov passa ormai più tempo a curare la sua immagine e il suo pingue giro d'affari che a cimentarsi sulla scacchiera.

Bobby no. Lui pensava, respirava, mangiava, dormiva, viveva solo in funzione degli scacchi, 24 ore su 24, 365 giorni all'anno. «Non so fare altro», ha sempre affermato con candore, prestando il fianco alle più fantasiose speculazioni sulla sua asocialità, sul suo autismo. Ma sul campo di battaglia delle 64 case era davvero il più bravo di tutti. Fin dal 1957, quando a soli 14 anni conquistò a mani basse il titolo di campione degli Stati Uniti, vincendo tutte le partite dell'open contro gli increduli maestri dello scacchismo d'oltreoceano, ridotti al ruolo di sparring-partner.

In quale altro destino poteva imbattersi un ragazzino che aveva il più altro "Qi" mai misurato nella storia moderna e che dedicava tutto il suo tempo all'arte degli scacchi? L'olandese Elie Agur nell'opera più completa mai pubblicata sullo stile di Fischer descrive il suo gioco come «aereo e armonioso», sottolineandone la legerezza, la semplicità e la chiarezza priva di fronzoli, perfetto contraltare dei suoi comportamenti stravaganti, dei suoi capricci da prima donna, delle impossibili e barocche richieste alla Fide (la Federazione scacchistica mondiale che lo radiò nel 1975 incoronando campione d'ufficio il sovietico Anatolji Karpov).

Nella kafkiana cella dello scalo di Tokyo in cui oggi Fischer attende lumi sulla sua sorte, (un po' come lo spielberghiano Tom Hanks del film The Terminal) si è però aperto uno spiraglio che lascia ben sperare. La ciambella di salvataggio viene dagli amati Balcani, dove Natasha Radulovic una nota pittrice serba, si dice disposta persino a sposarlo per accelerare la richiesta d'asilo: «Se lo merita per quel che ha fatto per la Serbia e il Montenegro» ha dichiarato l'artista ai quotidiani locali. Ora si attende la decisione del presidente Filip Vujanovic, il quale negli scorsi giorni ha fatto capire di essere pronto ad accogliere il reietto campione. Se così fosse, Bobby avrebbe vinto anche l'ultima partita, quella più importante. Alla faccia degli sceriffi federali.

Daniele Zaccaria

(8 Agosto 2004)

il manifesto è infognato di filosionisti

Il sionismo è un cancro per gli ebrei. il sionismo ha collaborato con il fascismo (scuola della marina di Civitavecchia per i sionisti durante il fascismo, tra l'altro) e con il nazismo (trattato commerciale tra il nazismo e le colonie sioniste in palestina, tra tante cose). Oggi il sionismo usa l'Olocausto per mettere tutti a tacere, e chi critica israele o i sionisti è sic et simpliciter un antisemita. il manifesto sta a questo gioco, come berlusconi, fini bush e sharon. Per fortuna cresce il numero di antisionisti ebrei, non quelli dell'78% (quelli dei due stati) ma quelli veri che dicono che il sionismo è fallito, che è razzismo, che israele è uno stato anacronistico, che viola tutti i principi umani e mette in pericolo gli israeliani, gli ebrei, i palestinesi e i popoli del medioriente (possibile olocausto nucleare) I veri antisionisti sono quelli che chiedono uno stato democratico per ebrei e palestinesi e non uno stato razzista espansionista e l'espulsione o i bantustan e il muro per i palestinesi. Fisher sono convinto è d'accordo con gli ebrei antisionisti come Finkelstein, Azmon, Hanegbi, Benvenisti, Shavit, Akiva Orr, Daphna Baram, David Himmelstein, Schlomo Sand, Ron Jacobs, Amos Elon, Israel Shahak, il rabbino Gedalya Lieberman e tanti altri (sto raccogliendo i loro scritti). A tutti questi autentici eroi coraggiosi il manifesto non dà alcun spazio. E' un vecchio vizio della sinistra italiana di cui non è esente il manifesto. Alla Royal Geographical Society di Londra il 25 gennaio scorso si è tenuto un dibattito in cui si sono confrontati due gruppi di studiosi e politici ebrei, uno antisionista, l'altro sionista e filoisraeliano. E' passata dopo il dibattito la mozione dal titolo "Il sionismo oggi è il vero nemico degli ebrei" proposta dagli antisionisti. Il manifesto dove era?

(29 Marzo 2005)

manno mauro

auman51@libero.it

non è stato il primo campione del mondo non sovietico

il primo morphy (ufficioso) è americano ci sono stati poi steinitz, lasker, capablanca e euwe prima di lui. tutti non sovietici.
non è neanche esatta la ricostruzione che lo vede come un omologato e anonimo simpatizzante no global.
è antisemita.

(14 Luglio 2005)

fossarov

m.fssataro@libero.it

20004