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Cariche contro il picchetto, l’Ikea di Casalecchio costretta a chiudere

(18 Dicembre 2012)

Dopo Piacenza la protesta dei precari si sposta a Bologna. I facchini bloccano l'entrata dell'Ikea di Casalecchio di Reno. E la polizia li carica. Ma il centro commerciale è costretto a chiudere.

ikeacasalecc

Nel primo pomeriggio di oggi, come annunciato, i facchini delle cooperative supportati da alcuni sindacati di base e anche da qualche studente hanno tentato il blocco dell'Ikea di Casalecchio di Reno, comune a pochi chilometri da Bologna. Al grido di "Ikea razzista lavoro da schiavista" e reggendo uno striscione che diceva "Creano mobili, distruggono diritti #ikeainlotta" si sono piazzati davanti agli ingressi del centro commerciale zeppo di clienti dediti agli acquisti natalizi impedendo a dipendenti e clienti l’entrata e l’uscita.
L’ennesima protesta per chiedere la stabilizzazione del rapporto di lavoro e la fine del supersfruttamento al quale sono sottoposti i facchini, per lo più immigrati. Un’altra tappa della mobilitazione del mondo delle cooperative già iniziata a Piacenza contro la multinazionale svedese dell’arredamento low cost e costata ai colleghi del nord cariche e denunce.
Dopo pochi minuti dall'inizio dell'azione però sono intervenuti gli agenti in tenuta antisommossa - Polizia e Carabinieri - che hanno caricato i circa 150 tra lavoratori, attivisti sindacali e militanti dei centri sociali nel tentativo di allontanarli dall’ingresso dello stabilimento e rompere così il blocco. Secondo alcune testimonianze la prima fila dei manifestanti avrebbe retto la prima carica, mentre contro i celerini sarebbero volati oggetti e alcuni lavoratori avrebbero lanciato anche dei carrelli ammucchiati poco lontano. Una ragazza è rimasta leggermente ferita alla testa e un attivista ad una gamba, e anche altri manifestanti sono rimasti contusi.
Ma lavoratori e sindacalisti hanno resistito alla carica e sono tornati immediatamente davanti agli ingressi. A quel punto, davanti alla determinazione dei manifestanti, la direzione del centro commerciale ha deciso la chiusura. Con un enorme danno per il punto vendita, costretto a rinunciare alle vendite proprio a pochi giorni dalle feste natalizie.
Dopo le proteste di ottobre contro lo stabilimento alle porte di Piacenza 12 delegati del sindacato Si Cobas sono stati estromessi dall'azienda e altri minacciati di licenziamento. Ma le intimidazioni non hanno funzionato, evidentemente. Anche perchè le condizioni di lavoro nelle ditte alle quali la multinazionale svedese appalta i servizi di facchinaggio e la logistica sono insopportabili.
"Veniamo pagati 7,90 euro lordi - racconta ai microfoni di Radio Città Fujiko un lavoratore - senza premio di produttività che si intasca l'azienda". E ancora: "Ad alcuni vengono fatte fare tante ore di straordinario pur di non riassumere i lavoratori estromessi".
“Da diverse settimane – spiega il volantino distribuito a clienti e passanti dagli attivisti – i lavoratori del consorzio di cooperative del deposito Ikea di Piacenza stanno lottando contro orari e ritmi di lavoro infernali, contro salari da fame e condizioni semi-schiavistiche. Qual è stata la risposta di Ikea? La sospensione dei lavoratori che hanno alzato la testa, la minaccia di licenziamenti, le denunce e le manganellate della polizia. I sindacati confederali sono indifferenti o addirittura complici delle cooperative, il sistema politico è pienamente connivente con questo blocco di potere economico (...) Se qualcuno di voi ha fretta di comprare un regalo di Natale, lo invitiamo a fermarsi qui con noi a riflettere: non siamo noi ma sono l’austerity e la precarietà a impedirvi di farlo. Se per loro le feste sono l’occasione di fare ulteriori profitti sulla nostra pelle, noi siamo qui per dire che non c’è niente da festeggiare. Noi non abbiamo paura, sono loro a doverne avere”.

Redazione Contropiano

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