">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Imperialismo e guerra    (Visualizza la Mappa del sito )

Peccatucci di Golan

Peccatucci di Golan

(6 Giugno 2011) Enzo Apicella
L'esercito israeliano spara contro le manifestazioni palestinesi sul Golan

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Imperialismo e guerra)

Dalla Tunisia post-rivoluzione si fugge ancora

(27 Giugno 2013)

Dopo le rivolte popolari e la caduta di Ben Alì, le condizioni socio-economiche non sono cambiate. E le carrette del mare continuano a sbarcare a Lampedusa.

tunisfugg

di Beatrice Cati

Roma, 27 giugno 2013, Nena News - L'elemento che ha incrementato e connotato diversamente rispetto al passato i flussi migratori verso l'Europa è sicuramente la rivendicazione di futuro, di opportunità, di poter scegliere il proprio destino nel principio della dignità umana e dell'eguaglianza. Proprio sul terreno di questa consapevolezza si è innescata la rivoluzione tunisina, che attraverso gli occhi di chi è partito alla volta delle nostre coste, ci ha raccontato il desiderio di riscatto dei Paesi del Maghreb. Dopo la caduta di Ben Alì, tra fine febbraio ed inizio marzo del 2011 seimila giovani tunisini sono approdati a Lampedusa, meta principale delle rotte dei migranti africani nel Mediterraneo e allo stesso tempo centro di permanenza temporanea, probabilmente il più grande del mondo.

Isola di pronta accoglienza, ma prima di tutto testimone di fughe, resistenze, naufragi e catene popolari approdate in un centro che è carcere e ostello allo stesso tempo. Emblematica in questo senso, la protesta delle centinaia di tunisini che in seguito all'incendio di una parte del Centro, nel settembre 2011, si sono scontrati con la polizia al grido di "Libertà, libertà".

Dopo la rivolta tunisina, il primo sbarco di cui abbiamo notizia è del 14 gennaio. Non si tratta di barche, gommoni o carrette, ma di un lussuosissimo yatch di proprietà del nipote di Ben Alì, che si ferma in avaria al porto dell'isola. Il giorno successivo vengono localizzate in alto mare altre due imbarcazioni. A bordo c'erano 31 persone, tutte legate alla figura di Ben Alì e dunque in cerca di asilo lontano da un Paese dove avrebbero rischiato pesanti rivalse.

Da quel momento Lampedusa è stata teatro di assidui e quotidiani flussi migratori, nonché oggetto del dibattito politico e dell'accanimento mediatico che ha caratterizzato quei giorni, in cui le principali forze al governo si sono passate a vicenda il loro personale "J'accuse".

L'incapacità nella gestione di 6.000 migranti su un bilancio complessivo di 23.000, da parte di un Paese come il nostro che da vent'anni rappresenta la principale porta d'accesso all'Europa, è il dato che più balza all'occhio. Le prerogative di libertà e di speranza di migliaia di migranti, motori del processo rivoluzionario tunisino, si sono scontrate con una realtà che il più delle volte li ha riconsegnati nella stessa condizione di partenza, in un destino inesorabile in cui la "lotta per il pane" sembra non avere mai fine. E la situazione non sembra essere cambiata, basti pensare a quanto sta accadendo in questo momento a Lampedusa, dove gli sbarchi aumentano giorno dopo giorno.

Siamo ancora lontani dall'avere un sistema nazionale per l'accoglienza unitario e proporzionato ai flussi d'arrivo. Sono in molti a ritrovarsi, ad oggi, in condizioni del tutto indecorose. Alcuni sono morti, annegati in un tratto del Mediterraneo che è ormai diventato un cimitero a cielo aperto, tanto che i pescatori ritrovano regolarmente dei cadaveri nelle loro reti.

Ad un anno di distanza dalla rivoluzione tunisina, nel gennaio 2012, è partita da parte dei familiari degli scomparsi e dagli attivisti dei diritti umani, la campagna "Da una sponda all'altra: vite che contano", con dimostrazioni in Tunisia e in Italia e appelli alle autorità perché almeno si provi a dare un nome alle vittime, attraverso le impronte digitali e incrociando i database dei due Paesi. Nonostante ciò, l'allarme non sembra rientrare e le cifre diffuse dalle Nazioni Unite in occasione della Giornata mondiale del rifugiato che si è celebrata lo scorso 20 giugno sono drammatiche: nel 2012 il numero di rifugiati e sfollati ha raggiunto i livelli più alti degli ultimi 18 anni. "Sono numeri allarmanti - ha affermato l'Alto Commissario ONU per i Rifugiati, António Guterres - Indicano non solo una sofferenza individuale su vasta scala, ma anche le difficoltà della comunità internazionale nel prevenire i conflitti e nel promuovere soluzioni tempestive per una loro ricomposizione".

Nena News

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie del dossier «Paese arabo»

Ultime notizie dell'autore «Nena News»

6029