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il pane e le rose

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Hanno chiuso i manicomi, restano aperti gli autogrill.

(4 Novembre 2004)

La macchina infernale accoglie nel suo girone gli affannati affamati di mezza Europa.
Li vedi mentre arrivano stravolti dai chilometri che puoi contargli sotto gli occhi, come gli anni di vita circolare che il tempo incide nei tronchi degli alberi.
E quelli sono i migliori, che ti biascicano caffè senza neanche aprire la bocca e poi lo aspettano cheti davanti al bancone, lo sguardo fisso nel vuoto.
Ci sono invece quelli che l’abulia ancora non li ha vinti, e arrivano, ordinano, si appoggiano al similmarmo e piano piano ci si sdraiano, sempre più si avvicinano ai panini, alle bibite e ai caffè, e senti il loro sguardo che ti osserva mentre di schiena carichi la Cimbali; quelli che quando ti giri te li trovi lì, la faccia gonfia e sudata, protesi con lo scontrino tra le dita nello sforzo immane di ricevere attenzione, e di nutrirsi.

Dall’altra parte della barricata gli eroi dell’autogrill, quelli che lì ci lavorano, quasi tutti stacanovisti (dico quasi perché ci ho lavorato anch’io).
Sono loro l’anima della ristorazione autostradale, permettendole di esistere e di non cessare mai, ché nel suo ventrone allucinante non c’è mai silenzio, né di giorno né di notte.
Sono loro che servono il caffè rigorosamente senza l’italico vanto della “schiuma” ( quella per intendersi che permette allo zucchero di non naufragare in un lago d’acqua calda al sapore di tazzina), sono loro che ti rifilano la Coca Cola annacquata e che ti fanno pagare 50 centesimi per un bicchiere d’acqua.
E sono infine gli stessi che vendono la spremuta garantita d’arance rosse di Sicilia ( con tanto di marchio sopra la spremutiera), che quando poi ho letto sulle casse del magazzino la provenienza di quegli agrumi sono stato per ore a cercare di ricordarmi in quale zona dell’isola si trovasse il paesino siciliano di Portogallo.
Sono certo che molti staranno pensando peste e corna dei baristi dell’autogrill, ma vi assicuro che loro non c’entrano.
Le telecamere osservano i loro movimenti in ogni istante, per non parlare poi del terrore che suscita il leggendario Uomo Misterioso.
E’ costui una presenza inquietante, capace di minacciare la vita stessa dell’autogrill; si dice sia mandato dai piani alti per controllare che le volontà dell’Azienda siano rispettate fino alla sua più remota e infima filiale.
Una spia dunque, un uomo o una donna o un cyborg dall’aspetto multiforme.
E’ ignaro se sia stato creato in laboratorio o se sia un essere umano a tutti gli effetti, ma è di certo maestro nei travestimenti, capace di cambiarsi d’abito nel tempo che impiega Ferrara a sbranarsi un bignè.
E poco importa se si presenti un giorno con le sembianze di un vecchio con la bombetta e il giorno seguente nelle vesti di una rasta col piercing, è a lui comunque che i figli stipendiati dell’autogrill dovranno rimettere i loro peccati.
Costretti all’ascolto ripetitivo di musichette e insulsi gingles emessi in continuazione dai pupazzi in vendita e sottoposti a ritmi furiosi, i dipendenti non fanno altro che obbedire ad una legge vecchia come il mondo che recita così: “bisogna lavorare per vivere”.
Responsabili sono invece i geniali ideatori di una politica che come ultimo obiettivo si prefigge il bene del cliente, come primo sempre il solito (chi ha orecchie per intendere…), arrivando al punto di stabilire un livello quantitativo nazionale oltre il quale i bicchieri non devono essere riempiti (poco più di metà).

Contraddittoria è poi la faccenda delle correzioni proibite, che scatena le ire di camionisti e affezionati del cicchetto che non possono bere l’amaro dopo il caffè ( da qualche tempo esiliato dalle autostrade italiane).
Sperando solo che la voglia non sia così tanta da convincerli a comprarsi la bottiglia, acquistabile in qualunque autogrill.
Ma questa bella pensata credo sia da attribuire ad una deficienza della legge italiana.

Peccato, ché sarebbe anche un bel posto, un crocevia di genti e di storie di viaggi, dove il miliardario pasteggia accanto al galeotto e la signora impettita del Rotary con l’operaio e la francesina in vacanza, ma tutti uguali perché confinati in una terra di nessuno.

Vicenza, 2 novembre 2004

Nicola Colpo

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