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EGITTO. SCIA DI VIOLENZA, PRIMO MINISTRO CERCASI

(8 Luglio 2013)

luglio 8, 2013 - 9:15

In Egitto non si ferma l’ondata di proteste e violenze successiva alla destituzione, cinque giorni fa, del presidente Mohammed Morsi. In quello che il movimento dei Fratelli musulmani ha denunciato come un “massacro”, nella notte un corteo di sostenitori di Morsi è stato disperso a colpi d’arma da fuoco dalle forze di sicurezza. Pesante il bilancio delle vittime diffuso da fonti sanitarie, che hanno riferito di almeno 16 morti e centinaia di feriti, forse più di 500. Tuttavia secondo i Fratelli musulmani sono 34 i manifestanti uccisi di fronte alla sede della Guardia Repubblicana al Cairo, presunto luogo di detenzione dell’ex presidente.

Il fine settimana è stato segnato da altre manifestazioni di segno opposto, concluse in scontri e violenze tra sostenitori di Morsi da una parte e quelli del Fronte del 30 giugno – alleanza nata sulla scia della mobilitazione del 30 giugno – e della campagna Tamarod (ribellione) dall’altra. Ieri la giornata della “Legittimità del popolo”, indetta dal fronte anti-Morsi, si è conclusa in un scontro frontale in piazza Mataria, punto di arrivo di due cortei rivali. Dal canto loro i pro-Morsi hanno lanciato un appello a favore del reinsediamento al potere del capo di Stato destituito, lanciando un’iniziativa denominata “Resistere” e ribadendo la propria intenzione di portare avanti la protesta fin quando Morsi non verrà rilasciato, chiudendo per ora la strada a ogni negoziato.

Ma le violenze hanno anche raggiunto l’instabile penisola del Sinai (nord), regione strategica confinante con la Striscia di Gaza e con Israele. Fonti di stampa internazionale hanno riferito dell’uccisione di un prete copto da parte di non meglio identificati uomini armati, nella città costiera di El Arish. Le stesse fonti sottolineano che si tratta del primo attacco settario dalla destituzione di Morsi. Nei giorni scorsi i Fratelli musulmani hanno criticato Tawadros II, Papa della Chiesa copta d’Egitto, per il sostegno aperto alla destituzione di Morsi da parte delle Forze armate sotto il comando del generale Abdel Fattah el-Sisi. Inoltre un soldato è rimasto ucciso nella stessa località nell’assalto contro un posto di blocco da parte di uomini armati. Venerdì scorso un gruppo di militanti islamisti ha attaccato il governatorato del Nord Sinai, prendendone il controllo e innalzando una bandiera sul tetto dell’edificio. E’ stato anche attaccato un gasdotto che rifornisce la confinante Giordania; l’esplosione e il successivo incendio hanno causati ingenti danni materiali.

L’instabilità sul fronte della sicurezza alimenta ulteriormente la totale incertezza che vige sul piano politico. L’Egitto è ancora nell’attesa di un nuovo primo ministro: le trattative portate avanti finora sono state vane e rischiano di far scivolare il paese nell’impasse. Stamattina il partito salafita Nour – che ha voltato le spalle a Morsi – si è ritirato dai negoziati sulla formazione di un governo di transizione in segno di protesta per il “massacro di manifestanti davanti alla sede della Guardia repubblicana” ha annunciato il suo leader Nader Baqqar. Per il voto contrario di Nour è stata bloccata la nomina della figura più accreditata: Mohamed El Baradei, ex direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea) e portavoce del Fronte 30 giugno. Ma il partito salafita ha anche ostacolato il nome di Ziad Bahaa el-Din del Partito democratico egiziano; il quarantottenne giurista esperto di diritto internazionale economico è stato eletto nella prima Assemblea del popolo succeduta alla rivolta popolare contro Hosni Mubarak nel 2011. Ma a complicare il panorama politico è anche il partito Costruzione e Sviluppo, del gruppo islamista Gamaa al Islamiya, che ha chiesto al nuovo presidente ad interim insediato dai militari, Adly Mansour, di rassegnare le dimissioni per “limitare le tensioni e allontanare l’Egitto dalla strada della violenza”.

Gli ultimi sviluppi sul terreno sono seguiti con attenzione e timore dalla comunità internazionale. Dopo le condanne dei giorni scorsi da parte dell’Unione Africana, l’Unione Europea e l’Onu, il presidente russo Vladimir Putin ha avvertito che “l’Egitto rischia di scivolare verso la guerra civile” facendo un paragone con la Siria.

[VV]

Misna

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