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(14 Agosto 2005)

La presenza dei militari inglesi e statunitensi in Iraq alimenta la guerriglia: questa non è l’ennesima presa di posizione della sinistra pacifista ma quanto ha detto il Ministro degli Esteri britannico Jack Straw in una intervista apparsa sul quotidiano “Financial Times” nella quale si legge la seguente affermazione: «Se noi facciamo parte della soluzione del problema laggiù, noi rappresentiamo anche una parte del problema». Ed il 4 agosto sul quotidiano “The Guardian” il Sindaco di Londra Ken Livingstone, indicando le vie da seguire per proteggere la sua città dagli attentati, ha detto che la guerra in Iraq ha fatto crescere gli attacchi terroristici aggiungendo che, poiché si è trattato di una guerra ingiustificata, risultano inaccettabili i sacrifici che per tale scelta stanno pesantemente gravando sulla popolazione londinese.

Clamorosamente smentito nel suo penoso tentativo di presentare gli attentati di Londra come non collegati alla guerra irachena, Tony Blair si trova oggi in serie difficoltà e cerca di reagire ricorrendo ad una “tolleranza zero” di marca inglese e quindi modificando in peggio, sul punto fondamentale del rispetto dei diritti umani, lo “stile di vita” occidentale che dice a parole di voler difendere. Negli Stati Uniti intanto cala a picco la popolarità di Bush che insiste nel ritornello «completeremo il nostro lavoro in Iraq» chiamando cinicamente «lavoro» quella orrenda miscela di morte, di iniquità e di disastri che è stata ed è la sua “guerra preventiva”. Ma c’è di più e cioè che - come ha rivelato il quotidiano “Washington Post” – l’associazione internazionale dei responsabili delle polizie degli Stati Uniti e di diversi altri Paesi sta varando nuove regole per le quali gli agenti dovranno sparare «alla testa» dei sospetti attentatori suicidi: una licenza di uccidere solo sulla base di un semplice sospetto. Ci avviamo quindi verso un pauroso imbarbarimento delle culture, verso un vero e proprio “scontro di inciviltà”. Ed intanto il terrorismo continua imperterrito a colpire sempre più alimentato da politiche e decisioni che fertilizzano il terreno sul quale tristemente alligna.

Durante la lunga vigilia dell’attacco all’Iraq mille voci si erano levate per invitare alla riflessione ed alla prudenza, per fare appello alle ragioni del buon senso e della responsabilità, per invocare il rispetto dello “Statuto dell’Onu” e del diritto internazionale, per segnalare i rischi di un intervento che avrebbe fatto crescere a dismisura il terrorismo aprendo la strada a quel conflitto di culture disinvoltamente evocato da Bush in America e da Berlusconi in Italia, per indicare i tragici costi in termini di vite umane e di sofferenze che l’insensata guerra avrebbe comportato. Appelli, ammonimenti, proteste: tutto risultò vano. La guerra dell’arroganza e dell’insensatezza fu irresponsabilmente scatenata e tutte, proprio tutte, le tragiche previsioni si sono puntualmente avverate.

Si è colpevolmente sbagliato e diabolicamente si persevera nell’errore. Occorre invece una radicale inversione di rotta per correggere “questa” globalizzazione in modo che le moltitudini di poveri non siano più afflitte dalla fame, dallo sfruttamento e dall’abbandono. E’ necessario che gli Stati Uniti ed i loro alleati riconoscano con i fatti il diritto all’autodeterminazione di tutti i popoli e che l’Occidente destini gli ingenti fondi finanziari finora impiegati per gli armamenti ad aiuti economici rivolti a favorire lo sviluppo dei paesi economicamente arretrati. E’ indispensabile dare prestigio, autorevolezza e forza alle Nazioni Unite, dotando il Consiglio di Sicurezza dei mezzi di intervento necessari per assicurare la pace ovunque subisca attacchi. Un rinnovamento insomma della politica occidentale che, oltre a corrispondere ad insopprimibili esigenze di giustizia, è l’unico strumento veramente in grado di isolare e battere il terrorismo.

Un obiettivo questo che certo non prescinde dall’esigenza di assicurare nell’immediato il potenziamento qualitativo dei servizi di prevenzione e di investigazione per la messa a punto di adeguate operazioni di polizia, interne ed internazionali, da condurre sempre nel rispetto dei principi della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo e delle garanzie previste dallo Statuto delle Nazioni Unite. In visita in Italia il Dalai Lama, premio Nobel per la Pace, ha detto: «difficilmente una semplice strategia a breve termine contro il terrorismo può essere considerata risolutiva … a me interessa più una cura intensa a lungo termine, perché c’è bisogno di ricostituire il sistema immunitario del nostro mondo». Un sistema immunitario contro la violenza che invece Bush e Blair, con l’ancillare appoggio di Berlusconi, continuano ad indebolire contro ogni buon senso.

Brindisi, 9 agosto 2005

MICHELE DI SCHIENA

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