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(10 Luglio 2013) Enzo Apicella

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Ghedi

(11 Settembre 2023)

Ghedi 2

L’assemblea contro la guerra in Ucraina, l’economia e la disciplina di guerra, e contro il governo Meloni dell’11 giugno scorso a Milano, senza alcun dubbio l’iniziativa più significativa in Italia degli ultimi mesi in questo campo, si concluse con un triplice impegno:

“1) dar vita ad una campagna di mobilitazione di classe, anticapitalista, internazionalista contro il militarismo e l’economia di guerra, che preveda l’organizzazione di una manifestazione davanti alla base di Ghedi, nella sua duplice veste di sede storica dell’aeronautica militare italiana e della NATO;

2) aprire un confronto costruttivo con tutte le realtà che intendano porsi sul terreno della lotta aperta e conseguente alla guerra in Ucraina e alla corsa alle armi, a cominciare dalla Rete No base di Coltano, per pianificare insieme iniziative comuni che rafforzino la spinta verso una mobilitazione unitaria in autunno;

3) partecipare in modo attivo ai contatti già in corso per costruire uno sciopero generale del sindacalismo di classe e combattivo nei prossimi mesi, e per far vivere all’interno di tutti i conflitti sindacali e sociali il no alla guerra del capitale, all’economia di guerra, alla disciplina di guerra, prevedendo specifiche forme di lotta e di organizzazione adeguate allo scopo.”


Si tratta ora di dare concreta applicazione a questi impegni mettendo in atto il massimo sforzo unitario possibile per fare del prossimo 21 ottobre un momento di rilancio dell’iniziativa di lotta contro la guerra in Ucraina e il militarismo montante in tutti gli ambiti della società e delle istituzioni – iniziativa che, al momento, langue.

In questo primo intervento vogliamo spiegare perché abbiamo indicato la base militare italiana e NATO di Ghedi come un luogo in cui, e contro cui, manifestare. (Ci torneremo con un secondo testo)

Ghedi, nelle vicinanze di Brescia, è una base militare storica dell’aeronautica militare italiana, prima del Regno e del fascismo, poi – in sostanziale continuità – della repubblica democratica “nata dalla Resistenza”, come ancora piace ricordare ad alcuni compagni nostalgici del passato.

Una base così storica che ha già celebrato in pompa magna due centenari: quello della sua operatività il 13 maggio 2015 (la base, costruita nel 1909, iniziò infatti a funzionare nella prima guerra mondiale), e quello dell’Aeronautica militare italiana, che nacque ufficialmente il 28 marzo 1923. I momenti salienti sono stati ovviamente le due guerre mondiali, e proprio sulla scia di quelle “esperienze” Ghedi è diventata la principale base di attacco dell’aeronautica militare italiana, e al tempo stesso il deposito di alcune decine di bombe nucleari della NATO.

In particolare la base fu il centro di una furiosa attività della Luftwaffe nazista negli anni della repubblica di Salò, benché nei resoconti ufficiali (e su Wikipedia) si trovi scritto che aveva “compiti di difesa aerea per l’Aeronautica nazionale repubblicana”. La V armata statunitense la occupò alla fine dell’aprile 1945 trasformandola per qualche tempo in un campo di concentramento per prigionieri di guerra tedeschi, per poi riconsegnarla allo stato italiano, che a partire dal 1951 – in passaggi progressivi – ne ha fatto quel nodo strategico dell’aeronautica militare italiana – e dell’armamento nucleare della NATO (insieme con Aviano) – che è ora.

Negli ultimi trent’anni la base militare di Ghedi ha avuto una parte molto attiva nei criminali bombardamenti delle guerre neo-coloniali contro i popoli dell’Iraq, della Jugoslavia e dell’Afghanistan – intere parti della base furono spostate all’estero (a Doha e a Bagram) perché fossero più vicine agli obiettivi da colpire. Questa produzione imperialista di morte e distruzione made in Italy è stata rivendicata con orgoglio in occasione dei centenari.

“Etica, competenza e passione
sono i pilastri che sorreggono il personale dell’Aeronautica Militare e voi ne siete un validissimo esempio” (parla il generale Preziosa, capo di stato maggiore dell’Aeronautica al 2015). “Cent’anni di storia non sono un traguardo, ma un’opportunità di riflessione, di analisi e di costruttive considerazioni per cercare di pianificare il futuro attraverso una maggiore consapevolezza del passato. Un passato fatto di 100 anni tutti da guardare con rispetto, passione, tanta passione e competenza che insieme ad un’incredibile spinta motivazionale, etica e morale sapevano guidare gesta eroiche e decisioni coraggiose” (a vomitare in questo modo è il comandante del 6° Stormo, Di Pietro).

Il 26 marzo 2022 il nuovo comandante del 6° Stormo Lacaita annunciava così l’intero anno di propaganda bellicista pianificato fino al marzo 2023: “Racconteremo chi siamo stati, i nostri valori, le nostre tradizioni, cosa rappresentiamo al servizio della collettività e come ci vediamo proiettati nel domani”.

E c’è chi non si vergogna a presentare il gen. Vannacci come un’eccezione bacata rispetto ad un quadro direttivo militare “sano”! E – sono gli stessi collitorti del Pd e del M5S – non ha nulla da ridire sull’intensissima attività di indottrinamento nazionalista, militarista e razzista (il razzismo di stato) svolta nelle scuole – nel caso specifico nelle scuole di Brescia verso gli studenti del quarto e quinto anno delle superiori. Per non parlare di tutto il resto.

Quanto alla “proiezione nel domani”, Il Gazzettino del 6 settembre ci dà qualche informazione utile esternando che sono in corso dalla primavera lavori di adeguamento delle basi di Ghedi e Aviano, le due basi in Italia in cui i comandi della NATO, in particolare gli Stati Uniti, hanno deciso di concentrare le 70-100 bombe B61-11, che debbono però quanto prima essere sostituite dalle nuovissime B61-12, teleguidabili, con testate fino a 50 kilotoni (il triplo della bomba di Hiroshima), così come i vecchi Tornado, in funzione dal 1982, sono destinati ad essere integralmente sostituiti dagli F-35A. E forse questa sostituzione è già iniziata, se è vero che nell’aprile scorso un Globemaster III Usaf, il solo cargo statunitense abilitato a trasportare bombe atomiche, dopo essere decollato da Ramstein ha fatto tappa, dopo un insolito giro nei cieli, prima a Ghedi e poi ad Aviano.

AInsomma – rinverdendo le sue ottime tradizioni (da Ghedi negli anni della guerra fredda dovevano partire i Tornado incaricati di incenerire con atomiche le città di Praga e Budapest – parola di F. Cossiga) – Ghedi si sta mettendo a lucido per far fronte alle sue nuove incombenze etiche e valoriali, tra le quali l’uso di armi nucleari montate da avieri italiani e trasportate su aerei italiani operanti nel contesto NATO. Questo fece sostenere anni fa al collettivo “Scienziate e scienziati contro la guerra” che anche l’Italia doveva essere inserita tra i paesi con armi nucleari a propria disposizione (sebbene in comproprietà con gli altri paesi NATO).

Chiaro, perché Ghedi?

Il pungolo rosso

Fonte

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