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(17 Aprile 2010) Enzo Apicella
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Non più un uomo nè un euro per le missioni di guerra in Iraq e Afganistan

(7 Giugno 2006)

1) L'ennesima uccisione di un militare italiano in missione a Nassiriya, conferma le denunce fatte in questi tre anni dalle forze che si sono battute da subito per il ritiro dell'Italia da una guerra ingiusta e illegale come quella in Iraq. La complicità con questa guerra è già costata la vita di 31 soldati, di sei civili e di un contractors italiani, morti e sofferenze per migliaia di iracheni, quasi due miliardi di euro. Siamo solidali e concordi con i familiari del soldato ucciso, i quali hanno detto quanto andiamo ripetendo da tempo "Prima ritornano i militari dall'Iraq meglio è per tutti". La stessa analisi avanziamo anche sull'altra missione di guerra, quella in Afganistan.

2) In secondo luogo riteniamo che vada riconosciuto chiaramente come le missioni militari in Iraq e Afganistan siano state un fallimento costoso e sanguinoso sia per il nostro paese che per le popolazioni dei paesi occupati militarmente. Mascherare questo fallimento parlando di “exit strategy” invece che di ritiro immediato, vorrebbe occultare un dato di fatto: queste due guerre imposte dall’amministrazione Bush e condivise dai suoi alleati, si sono rivelate una sconfitta determinata soprattutto dalla resistenza e dalla ostilità delle popolazioni irachena e afgana.
Il governo Prodi continua a negare questo realtà, rimanendo prigioniero di una logica che non contesta il “merito” delle spedizioni neocoloniali ma solo il “metodo”, facendo così balenare l’idea che una diversa politica estera sarebbe in grado di gestire meglio gli stessi obiettivi in Iraq, Afganistan, Medio Oriente o Africa. Tutto ciò può solo rinviare e riproporre a breve nuove tragedie e nuove lacerazioni sia nello scenario politico del nostro paese sia nelle relazioni internazionali dell'Italia.

3) La prima verifica dei rapporti tra il movimento contro la guerra e il nuovo governo è a fine giugno quando dovrà essere votato il rifinanziamento delle missioni militari in Iraq e Afganistan. Intorno a questa scadenza occorre annunciare sin da ora che il movimento No War non retrocederà dagli obiettivi avanzati fino ad oggi: ritiro immediato delle truppe dai teatri di guerra. In questo senso è condivisibile il recente appello lanciato da autorevoli personalità del mondo pacifista (Strada, Zanotelli, Dall’Olio, Ciotti) sottoscritto da centinaia di persone e associazioni. Il giorno della votazione in parlamento, i palazzi dove verrà discusso e deciso il rifinanziamento delle missioni militari saranno circondati e assediati dal movimento No War proveniente da tutta Italia che non accetterà niente di meno che una chiara revoca del finanziamento alla guerra e il ritiro immediato delle truppe da Iraq e Afganistan.
Questo è ciò che chiede chiaramente da anni la maggioranza della società e che nessuna maggioranza parlamentare, neanche quella attuale, può permettersi di negare. Il movimento contro la guerra interpreta ed esprime il sentimento diffuso di questa maggioranza sociale, la politica non può non tenerne conto.

Il Comitato nazionale per il ritiro dei militari italiani
viadalliraqora@libero.it

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