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Papa... vero

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(14 Maggio 2010) Enzo Apicella
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Riflessioni sulla chiesa cattolica e sui cattolici

(23 Settembre 2006)

Le recenti dichiarazioni di papa Ratzinger sull’Islam che hanno provocate le ben note reazioni del mondo islamico, non mi hanno meravigliato più di tanto perché sono dell’opinione che non ci sia stato alcun fraintendimento delle parole del papa ( semmai e sicuramente una strumentalizzazione) né che il papa intendesse dire cose diverse di quelle che ha detto.

Anche nella chiesa di Roma il fondamentalismo è di casa. Qualcuno dovrebbe ricordarsi infatti delle dichiarazioni dell’allora arcivescovo di Bologna Biffi sui “pericoli” che sarebbero derivati al cristianesimo” dall’immigrazione e quindi della necessità di opporsi in qualche modo ad essa per difendere la “ civiltà cristiana d’occidente”. In politica questo concetto è stato subito raccolto da Silvio Berlusconi all’indomani dell’11 settembre e sul piano religioso esso ispira ancora , ad esempio, i tanti interventi di un vescovo della “padania” quale mons. Meggiolini.

Dalle vicende che hanno caratterizzato gli ultimi 15 anni sia l’oriente che l’ occidente del mondo nonché dal dibattito che si è aperto sui valori che dovrebbero – secondo taluni – obbligatoriamente ispirare la convivenza nella comunità mondiale, ho tratto personalmente la convinzione che il giudizio a suo tempo espresso da Carlo Marx sulle religioni quali “oppio dei popoli”, abbia del fondamento.

Non per questo io penso che si debba fare la guerra alle religioni. Al contrario, penso che professare un credo, praticarlo ed essere messi in condizione di praticarlo, sia una diritto inalienabile dell’individuo. Piuttosto penso che se di “guerra” si deve parlare questa deve essere fatta – ovviamente in forme non violente- agli stati confessionali.

Questa “guerra” va fatta rivalutando, aggiornando e valorizzando il concetto di laicità . A partire da quegli stati che si apprestano a diventare sempre più multietnici.

L’Italia è uno di quei stati, e presenta per proprio conto particolari punti di criticità:
Per la recente ma sufficientemente rapida crescita del fenomeno dell’ immigrazione;
Per la storica presenza del Vaticano;
Per una accentuazione da parte della Chiesa cattolica di affermare il suo primato spirituale attraverso la ricerca di un primato anche materiale

Nel recente meeting di Rimini, tradizionale incontro dei cattolici italiani, organizzato da Comunione e Liberazione, il presidente del Senato Marini – che è notoriamente un cattolico - ebbe a sollecitare i cattolici ( indipendentemente dalla loro collocazione ) ad essere più presenti in politica e nella società. Una sollecitazione a mio avviso non condivisibile perché la storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi dice che semmai si dovrebbe auspicare il contrario. Perché sono dell’opinione che già ora il ruolo dei cattolici sia così eccessivo da ledere, di fatto, i diritti di quanti cattolici non sono. I cattolici italiani ( ma meglio sarebbe dire le strutture e la nomenclatura cattoliche) godono dei favori di uno stato che a parole si definisce laico ma che , al contrario, agisce da stato confessionale. Paradossalmente questo fenomeno, sempre comunque presente, si è accentuato dopo la revisione del concordato del ’29 ad opera del governo Craxi.

E’ questa situazione di privilegio già preesistente e accentuatasi negli ultimi 20 anni, a mio giudizio, che sta favorendo ed avvallando una sorta di fondamentalismo cattolico che, alla fine, non è tanto diverso da quello islamico.

Quando il presidente della CEI, cardinale Ruini, dichiara che le leggi dello stato ( ovviamente italiano) dovrebbero sottostare alle “leggi di Dio” ( ovvero quelle emanate dalla Chiesa che interpreta le leggi divine), forse dice qualcosa di diverso di quanto non dicono certi Imam a proposito della shaaria?

Nel corso del recente conflitto israelo-libanese si è parlato molto degli Hetzbollah quale “partito di Dio” che è radicato con strutture sociali ed economiche nel sud del Libano ( e non solo nel sud).

C’è nella loro struttura o nel loro essere sul territorio qualcosa di diverso di quanto non siano in Italia Comunione e Liberazione o nel mondo l’Opus Dei, santificata da Giovanni Paolo II e “giustamente ricordata” anche nel film “Il codice da Vinci” per le sue azioni così poco cristiane?

Nell’Italia della massima ipocrisia non c’è nessuno né a destra né a sinistra che non si definisca laico. Ma in Italia non c’è nessuno né a destra né a sinistra che definendosi laico agisca nelle istituzioni e fuori essendo coerente con tale definizione ( a parte il blaterare dei radical-pannelliani) . Non c’è stato nessun privilegio alla chiesa cattolica che non sia stato votato da tutti direttamente od indirettamente e, ricordo, che da questo punto di vista la ripartenza nell’Italia repubblicana di questo atteggiamento data con l’approvazione catto-comunista dell’art. 7 della costituzione.

Io penso che se si vuole davvero una Italia laica che per me significa anche libera si debba partire dal riconoscimento del principio ( liberale) di “Libera chiesa in libero stato” che oggi va aggiornato in “libere chiese in libero stato”.

La coerente applicazione di questo principio presuppone azioni concrete: l’abrogazione di tutte le attuali leggi che regolano i rapporti fra stato e chiese ( dal concordato con il Vaticano, agli accordi con le altre religioni ) la approvazione in loro luogo ex –novo di apposita legge sulla libertà di culto che valga per tutte le religioni e che le metta tutte sullo stesso piano e dia loro le medesime opportunità. Per esempio va cancellato l’attuale predominio della presenza di preti e vescovi cattolici nella tv di stato o teletrasmissioni di riti e cerimonie sempre e solo esclusivamente cattoliche che costano ingenti risorse dei contribuenti.

In buona sostanza, vanno abrogate le leggi quali quelle che finanziano le chiese in quanto strutture. Dalla legge dello stato sull’8 per mille, a quelle degli enti locali , dall’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche, al sostegno alle scuole private di ogni ordine e grado ( che si sa sono in grande misura scuole religiose cattoliche ). Lo stato non può, per esempio, continuare a farsi carico di oneri derivanti dalla presenza dentro il territorio italiano dell’enclave vaticana ed il cittadino deve essere libero di contribuire al sostegno della propria chiesa ma non con le risorse derivanti dal prelievo fiscale che è dovuto allo stato. I nostri governanti nascondono spesso i tagli che hanno fatto e fanno allo stato sociale dietro la oramai abusata definizione di “ lotta agli sprechi”. Ebbene i provvedimenti che io mi sento di sollecitare rappresenterebbero davvero una lotta agli sprechi perché libererebbero reali risorse da destinare allo stato sociale.

Ciò non significa però che lo stato e le sue articolazioni non possano sostenere le iniziative sociali nazionali ed internazionali promosse anche dalle associazioni legate alle chiese. Anzi, è mio parere che lo debbano fare ma in un quadro non di subalternità in gran parte dovuta ad interessi spiccioli di marca elettoralistica – dato anche le grandi capacità di comunicazione e condizionamento di cui le strutture cattoliche in particolare godono per tradizione nel nostro paese – ma in un quadro che garantisca uguaglianza e pari opportunità anche con le associazioni laiche, fermo restando il dovere di riconoscere priorità di intervento alle organizzazioni pubbliche.

In buona sostanza ritengo che in Italia un rapporto corretto tra Stato e chiese debba obbligatoriamente passare disincentivando l’interesse di quest’ultime ai privilegi che lo stato può loro accordare.

Una “chiesa” più povera - anche nelle sue rappresentazioni esterne – è condizione essenziale per dare credibilità agli interventi della stessa sul piano etico e morale sia pure nei confronti delle leggi dello stato. Una chiesa cattolica più povera e meno privilegiata non avrebbe permesso, per esempio, al vaticano di intervenire così pesantemente in occasione del referendum sulla fecondazione assistita in aperta violazione della costituzione italiana.

Lucio Costa

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