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Lavoro usurante: una chimera per i lavoratori

(26 Settembre 2006)

Con l'ultima manovra finanziaria si torna a discutere di pensioni e dell' età anagrafica per raggiungere questo diritto. Una tematica che alla fine ha sempre colpito con meno o più impeto le tasche dei lavoratori.Un tema delicato e controverso sotto tanti aspetti. Una volta definito il tetto massimo di età pensionabile, restano ancora in discussione i lavori usuranti, cioè quelle tipologie di professione a rischio per la salute di chi opera in certi contesti.
Un accenno storico

Il sistema pensionistico italiano è relativamente giovane rispetto agli altri paesi europei. In Italia il sistema pensioni si caratterizza dalla coesistenza della normativa di quiescenza dei dipendenti pubblici con le forme mutualistiche di assicurazione dei dipendenti privati contro la malattia, l’invalidità, la vecchiaia, la morte, dapprima forme settoriali e facoltative e poi dal 1920 come assicurazione generale e obbligatoria.

Le differenze inizialmente tra questi due grandi comparti del mondo del lavoro erano fondamentali: la pensione dei dipendenti pubblici si poneva di fatto come prosecuzione del compenso per il servizio reso allo Stato, e quindi aveva un rapporto strettissimo con l’ultima retribuzione percepita in servizio; nel privato, invece, la libera iniziativa dei lavoratori si rivolgeva al canale assicurativo e presentava fin dall’inizio il classico rapporto contributi/prestazioni.

Fino al 1992 il sistema pensionistico si è rapportato con questi due comparti. Uno pubblico e l'altro privato. L’intervento del governo Amato nello stesso anno fu attuato bloccando le pensioni di anzianità per il periodo necessario ad approvare in Parlamento una scarna legge delega e a emanare il relativo decreto legislativo delegato. Si affrontarono allora soprattutto i problemi finanziari più urgenti, ma si misero anche in moto meccanismi destinati ad armonizzare, nel lungo periodo, la disciplina dei dipendenti pubblici con quella dei dipendenti privati. Fu elevata l’età pensionabile e aumentato il numero di contributi necessario per andare in pensione di vecchiaia; il massimale pensionistico fu esteso a tutti, anche se in modo graduale, così come la limitazione del cumulo pensione-reddito da lavoro. Anche il calcolo della pensione, pur rimanendo retributivo, uscì dalla logica dell’ultimo stipendio per prendere in considerazione, a regime, tutte le retribuzioni della vita lavorativa, a partire da quella del 1988.

Con la riforma del 1995 (riforma Dini) nasce un nuovo regime pensionistico, applicabile in maniera assolutamente identica a tutti i lavoratori, privi di anzianità assicurativa alla data del 31 dicembre 1995, in tutti i settori e categorie del lavoro dipendente e autonomo: si tratta del regime contributivo, che rompe le rigidità del regime precedente sia nel numero di contributi necessari per andare in pensione (un requisito contributivo molto alto è causa del formarsi di un gran numero di posizioni “silenti”, cioè infruttuose per chi le ha aperte) sia nei limiti di età. Questo è possibile grazie al meccanismo di calcolo della pensione, costruito in modo da mantenere inalterato l’onere finanziario del sistema indipendentemente dalle scelte effettuate dagli iscritti all’interno di una gamma prefissata.
Per la pensione di anzianità si previde una scaletta di crescita dei requisiti che a regime (cioè nel 2008) avrebbe dovuto portarli a combaciare con quelli previsti nel regime retributivo: non meno di 57 anni di età (come nel contributivo) o, in alternativa, non meno di 40 anni di contributi (come nel contributivo). Con un passaggio successivo, nel 1997, il processo di crescita del requisito di età fu velocizzato in modo da arrivare alla soglia dei 57 anni già nel 2002. Quest’accelerazione non riguardò le categorie che , in assenza di altre forme di tutela del lavoro usurante, come la legge del 1993 (1) tuttora inapplicata avevano e hanno ancora nella pensione di anzianità l’unica valvola di sicurezza per la cessazione dell’attività lavorativa prima dei limiti di vecchiaia.

Il lavoro usurante

Il 4 settembre 1999 la Gazzetta Ufficiale pubblico' il decreto nel quale individuava i nuovi lavori usuranti.
Usuranti sono quelle professioni con caratteristiche di maggiore gravità dell’usura che presentano anche sotto il profilo dell’incidenza della stessa sulle aspettative di vita, dell’esposizione al rischio professionale di particolare intensità, delle peculiari caratteristiche dei rispettivi ambiti di attività con riferimento particolare alle componenti socio-economiche che le connotano, le seguenti, svolte nei vari settori di attività economica (pubblicato sulla G.U. n.208 del 4/9/1999).

_. lavori in galleria, cava o miniera
_. lavori nelle cave
_. lavori nelle gallerie
_. lavori in cassoni ad aria compressa
_. lavori svolti dai palombari
_. lavori ad alte temperature
_. lavorazione del vetro cavo
_. lavori espletati in spazi ristretti
_. lavori di asportazione dell’amianto

Tutte devono essere mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità.

Al momento vi sono mansioni lavorative del tutto escluse da questo elenco e che prima invece appartenevano ai cosiddetti "lavori a rischio".
I parametri optati per deputare un lavoro usurante sono evidenti e giustificate, ma le scelte esclusive del tutto arbitrarie.
Nessuno studio è mai stato portato avanti con la collaborazione del Ministero della Sanità in tale senso, e la maggior parte delle volte si è cercato di sminuire la gravità di alcune mansioni.
L'Inps non ha mai pubblicato un censimento sulla mortalità dei lavoratori rispetto alla professione svolta.Le Asl, e il ministero della sanità non hanno mai divulgato dati sulle patologie piu' diffuse in alcuni settori. E di questo oscurantismo ne traggono vantaggio le aziende che spesso e volentieri celano i rischi nel proprio settore produttivo. Avere dati ufficiale significa anche influenzare i contratti collettivi di lavoro.

Una sentenza del 2 febbraio 2005 (Tribunale civile di Roma, Sentenza 2 febbraio 2005 n°1760) dice che ai lavoratori impegnati in lavori particolarmente usuranti, (sotto il profilo delle aspettative di vita e dell'esposizione a rischio professionale di particolare intensità ) sia anticipata l'età pensionabile.
Ma questa sentenza rimane un fatto isolato. Ogni lavoro deputato a rischio ma non ufficializzato dal decreto dovrebbe in maniera individuale ricorrere ad azioni legali per vedersi riconosciute e convalidate le proprie caratteristiche usuranti. E cio' comporta tempi lunghissimi.
Oltre ad un usura visibilmente oggettivata dai danni fisici che un lavoro può provocare , oggi con la conseguente iper-produttività in aumento esponenziale, subentrano anche patologie di tipo psicologico, che ancora non vengono prese in considerazione.

E' ormai evidente che confindustria e aziende di vari settori abbiano un controllo affinchè non trapeli niente in tale senso.
La legge sui lavori usuranti deve essere messa in funzione dal ministero del Lavoro, individuando anche ulteriori risorse aggiuntive a carico dello Stato, e qualsiasi intervento sulle pensioni di anzianità deve tenere conto in maniera adeguata della specificità delle categorie di lavoro . Tutti interventi, che migliorerebbero il grado di tutela ed equità del sistema e che permetterebbero un ulteriore risparmio di risorse con la logica della razionalizzazione piuttosto che del taglio.
Ma il Governo fino ad oggi non ha tenuto conto dei lavori usuranti e non vuole introdurre norme a tutela di queste posizioni. O per lo meno le sottovaluta palesemente.

Attualmente risultano esclusi i lavoratori dell'industria, del commercio e dei servizi (siderurgici, catene di montaggio, addetti alle celle frigorifere, autisti, turnisti a ciclo continuo,operatori di volo,marittimi, chimici, ospedalieri, etc.). Per chi svolge un'attività lavorativa che ne riduce drasticamente le aspettative di vita la pensione anticipata per aver svolto una professione usurante diventa una mera chimera.

Note:

(1) Il decreto legge n.148 del 1993 punto 11: Ai fini dell'attuazione di quanto previsto dall'articolo 1, commi da 34 a 38, della citata legge, in materia di lavoro usurante, i criteri per l'individuazione delle mansioni usuranti sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della sanità, per la funzione pubblica e per gli affari regionali, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su parere di una commissione tecnico-scientifica, composta da non più di venti componenti, costituita con carattere paritetico da rappresentanti delle amministrazioni interessate e delle organizzazioni maggiormente rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori)– avevano e hanno ancora nella pensione di anzianità l’unica valvola di sicurezza per la cessazione dell’attività lavorativa prima dei limiti di vecchiaia.

Alessandro Ambrosin

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