">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Stato e istituzioni    (Visualizza la Mappa del sito )

De profundis

De profundis

(28 Ottobre 2012) Enzo Apicella
Silvio Berlusconi condannato a 4 anni per frode fiscale nel processo sui diritti Mediaset

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Stato e istituzioni)

Una prima analisi sommario dei risultati elettorali delle amministrative 2007

Segnali politici importanti o normali oscillazioni?

(30 Maggio 2007)

Segnali politici importanti o normali oscillazioni? Questo, mi pare, l'interrogativo cui è necessario rispondere per tentare di impostare realisticamente una prima analisi dei risultati elettorali delle amministrative 2007, cercando di sfuggire alle molte banalità (interessate) che stanno correndo in questo momento sulle colonne dei giornali e sugli schermi televisivi.

Prima di tutto va ricordato che l'impatto politico complessivo di una elezione amministrativa parziale, come è stata quella di domenica e lunedì scorsi, deve essere rapportato anche alla distribuzione geografica delle Province e delle Città in cui cittadini sono stati chiamati alle urne: nell'occasione il Nord del Paese appariva maggiormente rappresentato, ed è evidente che il risultato delle Città più importanti di quest'area geografica hanno fornito il segnale più evidente, al riguardo dell'intero quadro di valutazione che deve essere dispiegato.

Comunque, andiamo per ordine, partendo dal dato dell'affluenza alle urne: in questo caso possiamo, davvero, parlare di oscillazioni rientranti nella norma.

E' bene ricordare come sia necessario eseguire, sempre e più che mai in questo caso, un confronto con le elezioni omogenee: chi aspettava, rispetto alle elezioni del 2002, un crollo verticale in nome della “crisi della politica” sbandierata dai “media” nell'immediata prossimità del voto non ha molto da cantare vittoria. Il calo nelle elezioni Comunali appare molto contenuto, mentre le elezioni Provinciali si confermano come quelle meno interessanti per gli elettori (da qui a prendere spunto dalla scarsa partecipazione al voto per trarne una indicazione di soppressione, come ha fatto il ministro Amato, ce ne corre: il problema è quello del rapporto tra i compiti dell'Ente ed il cittadino. In questo caso è evidente come il Comune abbia, oggettivamente, una relazione più diretta).

Altro paio di maniche se si confronta il dato della partecipazione al voto nelle elezioni amministrative 2007 con quello delle politiche 2006: il dato della partecipazione al voto nelle elezioni politiche 2006 risultò del tutto eccezionale (così come è stato eccezionale il dato della partecipazione alle elezioni presidenziali in Francia, qualche settimana fa) per il peso di un fattore che, sinceramente, non mi sento di attribuire ad una identità positiva nell'agire politico: legato, cioè, alla spettacolarizzazione estrema dell'evento (appunto un “evento”) e al voto “contro”.

Così come il dato di sostanziale “tenuta” dell'insieme del sistema, dimostrato dall'affluenza alle urne nelle elezioni comunali italiane, emerge per il combinato disposto di due elementi che, mi permetto di giudicare negativamente: il corporativismo locale e l'esasperazione nella personalizzazione della politica.

Molti risultati infatti sono stati determinati da risultati “in discesa” dovuti ad una frammentazione “forzata” di questo bipolarismo (che non tiene) causata appunto da fenomeni evidenti di personalismo e corporativizzazione della presenza politica e elettorale (anzi di una commistione tutta da analizzare tra presenza politica e presenza elettorale: un argomento sul quale mi piacerebbe davvero ritornare in seguito).

Il sistema politico italiano appare, sostanzialmente, bloccato dall'omologazione reciproca tra i suoi principali riferimenti: l'astensione si fa sentire soltanto perché “decide”, in assenza di alternative e di passaggi di voto consistenti tra un polo e l'altro. Questo allarma il “ceto politico” che ormai concepisce come “tutto governo” il proprio “essere”, non il calo dei votanti in sé.

Paradossalmente, tra l'altro, il segnale più importante l'astensione lo lancia proprio a Genova, laddove determina il calo vistoso del centrosinistra che finisce con un risultato ben al di sotto delle aspettative (non al minimo storico, è bene ricordarlo a qualche affrettato commentatore: nel 1997, escluso il sindaco uscente Sansa che fece una propria lista arrivando al 14%, il candidato – sindaco di allora, Pericu, fu costretto ad un pericoloso ballottaggio con il populista Castellaneta che aveva superato a sua volta, il candidato ufficiale del centrodestra).

La vicenda genovese apre anche un punto di riflessione riguardante le primarie: perché non credo proprio che Marta Vincenzi abbia prevalso perché (come ha ella stessa dichiarato) si sono “fatte le primarie”: anzi, mi permetto di ritenere che il suo modesto risultato derivi proprio dall'utilizzo delle primarie per saldare conti interni, dopo di che si sia ritenuto esaurito il tema della “propensione esterna” del centrosinistra genovese, presentatosi tra l'altro con una grande vaghezza sul piano programmatico.

L'analisi (scheletrica, nel caso) del voto genovese ci ha così introdotti nell'esame del voto vero e proprio.

Il dato politico più rilevante, in questo senso, riguarda l'accentuazione dello scarto già esistente al Nord tra centrodestra e centrosinistra: una accentuazione di scarto non dovuta semplicemente alla presenza della Lega (che c'era anche nel 2002 e, soprattutto alle politiche) ma ad una capacità di interpretazione di settori larghi della società settentrionale, ai quali ormai è possibile arrivare politicamente soltanto attraverso messaggi di tipo corporativo, dopo che la sinistra ufficiale ha da tempo fatto smarrire qualsivoglia elemento collettivo di identità legato alle condizioni materiali di vita.

Tornando, però, all'esito complessivo è da rilevare come, ormai, qualsiasi formazione politica abbia smarrito una propria presenza di tipo “nazionale” (Ilvo Diamanti aveva individuato, qualche tempo fa, Forza Italia come l'unico “partito nazionale”, relegando tutti gli altri ad un ruolo “regionale”. L'occasione di questi giorni conferma l'esito del 2006: anche Forza Italia, pur mantenendo una posizione di chiara egemonia nel centrodestra, non può essere considerato soggetto “nazionale”, ma piuttosto partito del Nord – con la Lega come propaggine e quasi protesi – provvisto di una “enclave” in Sicilia).

Il Partito Democratico (che appare in flessione rispetto alla lista dell'Ulivo: una flessione oggettiva,sul versante di destra come su quello di sinistra, che capita sempre in occasione delle “fusioni”, siano queste a freddo o a caldo. Ai dirigenti del PD va sempre ricordato, quasi come una giaculatoria, il precedente della “bicicletta” socialista del 1968) non riesce ad assolvere a questo tipo di funzione e lo si vedrà in occasione di “test” dalle dimensioni geografiche maggiormente omogenee, come sarà nel caso delle Europee 2009, laddove sarà ancora una volta l'Italia Centrale ( o meglio l'asse Toscana, Emilia Romagna, Marche) l'ancora di salvezza.

Abbiamo detto del persistere dell'egemonia di Forza Italia nel centrodestra, mentre a sinistra del PD appare urgente, per i politici di mestiere che non ce la fanno a lasciare la poltrona, la riunificazione elettorale tra Sinistra Democratica, Rifondazione Comunista e PdCI: certamente, in questo caso, il rischio sarà quello di una egemonia di tipo “socialdemocratico” che sarà esercitata dai fuoriusciti dai DS (che hanno dimostrato, in alcune situazioni, notevoli capacità di presenza elettorale) ma rispetto alla totale indeterminatezza in cui è caduto il governismo di Rifondazione Comunista, il rischio è quello di una caduta elettorale a “ruota libera”, perché è proprio su Rifondazione Comunista che mi pare si abbatta , in maggior misura, la scure della crescita dell'astensione (e potrebbe trattarsi di una astensione “duratura” e non “fluttuante”).

Una ultima annotazione riguarda il Partito Comunista dei Lavoratori: certe indicazioni provenienti da situazioni geografiche precise (come la Provincia di Ancona e quella di Genova) dimostrano la potenzialità di esistenza di uno spazio politico non marginale alla sinistra dei “governisti”.

La dirigenza del Partito ne esce, a mio giudizio, con un carico di responsabilità rilevante se , davvero, intende percorrere la strada della realizzazione di una presenza istituzionale: si apre, per il PCL, che ha segnato la soglia dell'esistenza, una fase di attenta riflessione per decidere l'avvio di un progetto che guardi ben oltre lo schema identitario su cui il Partito è nato. Sono in gioco l'esistenza, nel panorama politico italiano, di coordinate di fondo sulle quali chiamare l'ampio dissenso che si è raccolto sui temi della pace, della collocazione internazionale, del lavoro, dello stato sociale,del sindacato a confrontarsi con la politica e la possibilità concreta di essere presenti nelle istituzioni.

Un compito difficile per il quale, davvero, non invidiamo chi sarà chiamato ad assolverlo.

Savona, li 29 Maggio 2007

Franco Astengo

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie del dossier «Dove va il governo Prodi»

Ultime notizie dell'autore «Franco Astengo»

5546