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Errore di fondo

Commento a: «Il razzismo del Dalai Lama»

(30 Marzo 2008)

Il tuo commento denota una capacità di analisi che va ben oltre la normale capacità di vedere le cose così come ci vengono proposte, e questo è un merito che ti riconosco. Ma l'ambiguità che attribuisci al Dalai Lama è dovuta al fatto che nella nostra visione del mondo e delle cose, la non violenza non è un concetto facilmente assimilabile. Per noi occidentali reagire ad un soppruso, ad una ingiustizia è quasi un dovere. La nostra etica si fonda sul difendere, anche con la forza, le nostre idee. Ma bisogna capire che per non per tutti è così. Culture come quella induista, dalla quale poi deriva quella buddista, credono fermamente nella non violenza. Giusto o sbagliato che sia, è da accettare.
Per arrivare a quello che secondo me è stato l'errore di fondo del tuo ragionamento sul "razzismo" del Dalai, diventa qui doveroso puntualizzare un concetto che ritengo piuttosto importante. Tacciare di xenofobia un atteggiamento come quello manifestato dai nostri giornali nazionali verso gli immigranti (ora vanno parecchio di moda i rumeni, qualche anno fa gli albanesi, marocchini, e così via) è un conto, ed è una realtà contro cui lotto quotidianamente. E lo faccio perchè rispetto le intenzioni, rispetto la volontà del lavoro, ma soprattutto rispetto chi mi rispetta, e credo che questo sia un sentimento piuttosto condiviso.
Ma l'immigrazione cinese nelle regioni tibetane ha scopi ben diverse. Non è tesa alla "valorizzazione" di un territorio, non è mirata all'integrazione di due culture, bensì all'annientamento di una cultura millenaria, alla supremazia di un popolo sull'altro. E' lecito, a questo punto, parlare ancora di xenofobia? Perchè se lo è, allora erano xenofobi anche i nostri partigiani verso i tedeschi...

Matteo Carruozzo

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