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(26 Ottobre 2007)
A leggere le dichiarazioni di svariati esponenti della sinistra sul significato del 20 Ottobre si ha l'impressione di aver partecipato a un corteo diverso da quello descritto. Fortunatamente il corteo è stato visto 'di persona' da un milone di persone, che certo non hanno bisogno di sentirsi dire da Mussi - che non c'era - il senso di quella giornata.
Il primo aspetto che mi ha colpito di quella magnifica giornata è stata la coreografia di Piazza Esedra. Un'ora prima della partenza vi erano migliaia di militanti, una piazza che straboccava, di rosso. Tante le bandiere degli unici due Partiti presenti, Prc e Pdci. La cosa che più mi ha colpito è stato lo spontaneo mischiarsi di quelle bandiere. Lungo il corteo era praticamente impossibile distiguere 'spezzoni' dei due Partiti, gruppetti dell'uno e gruppetti dell'altro passeggiavano insieme lungo lo stesso corteo. Mi è pure capitato di vedere un militante con una lunga asta, sopra la bandiera del Prc e sotto quella del Pdci. Una 'coreografia' così non mi era capitato di vederla in nessun'altra manifestazione, nonostante altre volte il Prc e il Pdci avessero manifestato insieme. Se questo è stato possibile credo lo si debba alla scelta, giusta, di cominciare un lavoro unitario nei territori, scelta fatta dai rispettivi gruppi dirigenti nazionali già da qualche mese. La stessa manifestazione è stata in gran parte delle città italiane organizzata unitariamente. Quando si lavora unitariamente per costruire una mobilitazione diventa naturale e spontaneo non 'dividersi' in piazza. Segno anche che il muro del '98 è definitivamente caduto, anche a livello psigologico, almeno per quanto riguarda il corpo militante di quei due Partiti e tanta parte dei rispettivi gruppi dirigenti territoriali. In un certo senso è vero che il corteo chiedeva unità, tra chi c'era.
Il secondo aspetto che mi ha colpito è stata la dimensione del corteo. Un corteo così corposo, e con una presenza non marginale di militanti comunisti, è da decenni che non si vedeva. Il Corriere della Sera, in un articolo di commento del giorno dopo, ha addirittura rispolverato paragoni con i cortei operai degli anni '70. Nel corteo c'era qualcosa in più delle tante manifestazioni organizzate dal PRC fin dalla sua nascita, nel 1991. C'era, visibile, una 'gamba' sociale e sindacale. C'erano tutte e tre le sinistre sindacali della Cgil (Fiom, Rete 28 aprile e Lavoro e Società). E c'erano i rispettivi dirigenti e militanti. C'erano tanti lavoratori in carne ed ossa, migliaia. Precari, operai, disoccupati. L'età media, insieme ai tanti giovani, era di 40 anni, piena età lavorativa. C'era, in sostanza, un pezzo reale e non marginale della classe lavoratrice italiana, quella concreta e reale, quella fatta da operai e precari, disoccupati e lavoratori in lotta (grandiose le lavoratrici della Vodafone). Non era mai sucesso dalla nascita del PRC. Del resto il vero limite 'nativo' di Rifondazione Comunista è stato quello di nascere senza una gamba sindacale, sempre rimasta nell'alveo della socialdemocrazia italiana. C'è chi dirà che questo è merito del Partito Democratico che ha liberato forze e disponibilità per la 'Sinistra'. Più semplicemente credo che questo sia dovuto a 15 anni di liberismo. Oggi in Italia vi è una gigantesca questione sociale e salariale, e il 20 ottobre è sceso in piazza un pezzo reale del mondo del lavoro, con le rispettive strutture sindacali. Sono queste persone che hanno fatto la differenza, e tra queste persone non ve ne era una che chiedeva la 'Cosa Rosa', ma più semplicemente e realisticamente una sinistra meno subalterna alla politica economica e sociale del Governo Prodi. Non erano 'comunisti', e sarebbe sciocco e non veritiero dirlo, ma nessuno di loro ha mostrato problemi o perplessità nel marciare al fianco e sotto le bandiere con la falce e il martello - tra l'altro simboli del lavoro prima ancora che simboli comunisti (elemento importante, visto che sfata una tesi sostenuta da tanta sinistra, e cioè che l'identità e la simbologia comunista sono un limite e un ostacolo per lo sviluppo e la crescita di un moderno soggetto politico anticapitalista).
Il 20 ottobre si è manifestato, concretamente e visivamente, un possibile aggregato politico e sociale di opposizione alle politiche liberiste. Sabato a Roma c'era la sinistra di classe, quella politica e tanta parte di quella sindacale. Questo fatto è di per sè un evento e per certi versi ricorda quello che si manifestò a Genova nel 2001 o a Vicenza nel 2007 (le differenze tra le manifestazioni sono tante, in comune hanno però la presenza di gran parte della sinistra di classe italiana - politica e sindacale -, di una marea di giovani e di tanti comunisti.).
Se nel 1991 - e in tutte le elezioni successive - si è dimostrata l'esistenza di uno spazio politico ed elettorale per l'esistenza in Italia di una soggettività politica comunista, nell'Italia dell'oggi e del domani il 20 ottobre ha dimostrato la praticabilità sociale di questo progetto. Fatto rilevante. Certo, il punto rimane sempre lo stesso: quale politica? Se fossero stati Sinistra Democratica e i Verdi a 'dirigere' la sinistra Italiana il 20 ottobre non ci sarebbe stato. Questo fatto pone una domanda, d'obbligo: se la 'Cosa Rosa' ci fosse già, il 20 Ottobre ci sarebbe stato? E nel 2008, quando le ragioni per manifestare saranno di più e non di meno, la 'Cosa Rosa' mobiliterà la sinistra italiana contro le politiche liberiste, anche se fatte da un governo amico? Sono 15 anni di liberismo che hanno liberato energie e forze nuove. Per incrociarle, come il 20 Ottobre ha dimostrato, bisogna opporsi alle politiche liberste e non, come ha sostenuto e sostiene Mussi, governare quelle politiche 'da sinsitra'. Tra l'altro è quello che ha sempre diviso, 'partiticamente' parlando, i comunisti e i socialisti in italia, almeno dal 1991 ad oggi.
Una parte della sinistra suona la gran cassa sulla 'Cosa Rosa' e non ha remore a piegare il 20 Ottobre a questo fine. Chi c'era, però, le cose le ha viste con i propri occhi. I miei hanno visto il solo Folena interrogarsi, in bicicletta, sulla 'Cosa Rosa' che verrà. E come sempre accade, almeno in politica, alla fin fine sono i fatti a prevalere, prima ancora delle scorciatoie politiciste.
Stefano Franchi - segreteria Prc di Bologna
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