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Addio, porcellum

Addio, porcellum

(1 Ottobre 2011) Enzo Apicella
Oltre 1.200.000 firme per il referendum abrogativo della legge elettorale Calderoli del 2005, il cosidetto "porcellum"

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Nota di metodo sulla riforma della legge elettorale

(4 Gennaio 2008)

I nostri (25, più o meno?) lettori scuseranno se le brevi note contenute in questo testo riguarderanno un aspetto, per così dire, “tecnico” relativo alle proposte di riforma elettorale che stanno circolando in giro: un aspetto “tecnico” sul quale mi pare non si sia riflettuto da nessuna parte e che, invece, sarebbe il caso di tenere presente.

Prima di tutto è necessario ricordare come le proposte di riforma della legge elettorale provengano esclusivamente dall’interno del PD, con un’impressionante banda d’oscillazione variante, nel giro di poche settimane, tra il misto tra sistema tedesco e sistema spagnolo (il cosiddetto “Vassallum”), l’adozione integrale del metodo tedesco e la comparsa in scena della proposta di doppio turno alla francese, corredata dal rilancio del semipresidenzialismo già discusso nella sede della Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema (1997).

Il tutto accade senza che i proponenti si peritino di illustrare le conseguenze complessive che l’adozione di una legge elettorale comporta sul sistema di governo e sull’equilibrio riguardante la rappresentatività dei poteri e, ancora, come nel caso “francese” sulla stessa Costituzione.

Insomma un vero e proprio guazzabuglio sul piano politico – culturale, che dimostra – se mai ce ne fosse bisogno – lo scarso spessore politico dei proponenti: ripeto, tutti interni al PD. Gli altri contendenti non avanzano proposte, si limitano ad assentire o dissentire misurando il proprio giudizio al riguardo della propria convenienza di partito.

Intanto è pendente il giudizio della Corte Costituzionale sull’ammissibilità di un referendum in materia: referendum che, una volta eventualmente approvato dal corpo elettorale, trasformerebbe l’attuale “porcellum” in una sorta di peggioramento della stessa legge Acerbo, attraverso la quale i fascisti consolidarono definitivamente il proprio potere con le elezioni del 1924, all’indomani della Marcia su Roma.

Questo il quadro complessivo sul quale non intendiamo entrare nel merito, sollevando soltanto una modesta obiezione di metodo, rivolta principalmente ai protagonisti del tentativo di riallineamento del sistema politico italiano: PD e Partito del Popolo delle Libertà.

Entrambi nascono a vocazione “maggioritaria” e “governativa”, ma non nascono per spinta della storia o per spinta di popolo quale esigenza di risposta a formidabili trasformazioni sociali (pensiamo alla nascita dei partiti socialisti, sulla base della formazione della classe operaia all’epoca della rivoluzione industriale).

Nulla di tutto questo: i partiti a vocazione “maggioritaria” e “governativa” nascono dal “cranio di Giove” di alcuni leader che mettono assieme le forze esistenti, credono di realizzarne la somma matematica e ne proclamano, a tavolino, senza alcuna verifica il diritto a governare e, di conseguenza, di poter usufruire dei vantaggi di una legge elettorale fatta su misura.

Ciò non accadde neppure nell’occasione dell’Assemblea Costituente nel 1946: i partiti, alcuni dei quali si reputavano “grandi partiti”, si sottoposero alla prova, con l’intento di “pesarsi” e quindi attraverso un sistema elettorale proporzionale (moderatamente corretto a favore delle forze che sarebbero risultate più forti), proprio per stabilire chi avesse diritto a considerarsi forza egemone.

Non mancarono le sorprese, peraltro: il vantaggio elettorale della DC si rivelò più consistente del previsto, il PCI che, per via del ruolo avuto nella Resistenza, per la presenza nelle fabbriche mantenuta per tutto il ventennio, il fascino esercitato dall’URSS vincitrice della seconda guerra mondiale, pensava di ottenere un grande risultato restò deluso dal vedersi davanti ancora il vecchio PSI (un gap recuperato, nel 1948, soprattutto per via delle capacità organizzative del quadro intermedio del PCI), il Partito D’Azione, punta di lancia della Resistenza Laica, partito del Presidente del Consiglio del “Vento del Nord” Ferruccio Parri, pieno di grandi intellettuali, si fermò all’1,4% e si sciolse poco dopo, mentre la rabberciata formazione politica dell’Uomo Qualunque diretta dal commediografo Guglielmo Giannini raccogliendo molti umori che oggi definiremmo dell’”antipolitica” realizzò un risultato considerevole (bruciandolo, poi, nel giro di pochi mesi: tanto per ricordarlo a Beppe Grillo e ai suoi adepti).

Il tutto per dire che, se la formazione “ a freddo” (perché di questo si tratta) e per via elitaria (in una forma del tutto diversa dalle teorie delle elite di Michels, Mosca, Pareto) porterà ad un riallineamento complessivo del sistema politico (ed eserciterà anche una funzione di raccolta del consenso, rivolta verso meccanismi di nuova spartizione del potere), sarebbe istituzionalmente corretto che i proponenti si misurassero, inizialmente, in una competizione elettorale proporzionale, priva di soglie di sbarramento (l’ideale sarebbe il ripristino del vecchio “Imperiali corretto” adottato, in Italia, per la Camera dei deputati dal 1958 al 1992) in modo da stabilire i reali rapporti di forza.

A quel punto, allora, si potrebbe parlare di combinazioni di governo e di meccanismi atti a preservarli, senza mortificare la pluralità delle correnti di pensiero, delle opinioni politiche, dei riferimenti sociali.

Ricordo, infine, che la DC, acquisita la maggioranza assoluta il 18 aprile 1948, propose, nell’occasione delle elezioni del 7 Giugno 1953 una modifica del sistema elettorale nel senso della garanzia della “governabilità” (una modifica che le sinistre definirono, con molta enfasi “legge truffa): ebbene se la Camera approvò, il Paese respinse e la “Legge truffa” non fece scattare i suoi meccanismi (si trattava ad onor del vero di una vera legge a “premio di maggioranza”, poiché per usufruire del premio, occorreva che la coalizione superasse il 50%: oggi, dal referendum, potrebbe uscire la possibilità di accedere al premio di maggioranza anche con il 20% dei voti).

Insomma: se di truffa si deve parlare occorre pensare a questo referendum e alle proposte del PD, tutte basate su di un’autoproclamata “vocazione maggioritaria” tutta da verificare alla prova del voto (e se poi andasse come alla “bicicletta” socialista nel 1968: proiezioni oltre il 20%, risultato vero sotto il 15%: anche in quel caso la “vocazione maggioritaria” era conclamata e proclamata, a parole ovviamente, in precedenza al responso delle urne).

Savona, li 3 gennaio 2008

Franco Astengo

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