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Bertinotti deve andare a casa

(15 Aprile 2008)

Il clamoroso ed evidente fallimento del progetto della Sinistra Arcobaleno, fortemente voluto e imposto da Fausto Bertinotti, segna un passaggio storico che richiede una resa dei conti ed un dibattito nella sinistra altrettanto chiarificatori.

Questo risultato indica l’effetto finale e devastante dell’egemonia sulla sinistra italiana di un ceto politico che da almeno venti anni ipoteca ogni ipotesi di indipendenza politica e di classe della sinistra in Italia e ogni rottura reale con il riformismo. Le responsabilità di questa casta culturale e politica sono enormi e quelli confermati dalle urne sono i risultati di un disastro visibili ormai a tutti.

Ma le responsabilità di Fausto Bertinotti in questo fallimento sono più gravi di quelle di altri.

Prima nella CGIL e poi dopo essere stato “assunto” alla direzione del PRC, Bertinotti ha lavorato coscientemente alla distruzione di ogni punto di tenuta di una identità di classe e di rottura con la cultura politica riformista.

Dall’accordo con Ds e Margherita alle regionali nel 1995 al referendum sull’art.19 (sulla rappresentanza sindacale che ha impedito lo sviluppo del sindacalismo di base e regalando il monopolio della rappresentanza a Cgil Cisl Uil), dalla rottura con il cosiddetto comunismo del Novecento alla complicità di governo con l’ultimo, disastroso, esecutivo di Romano Prodi, Fausto Bertinotti ha perseguito sistematicamente la demolizione di ogni resistenza all’omologazione politica e culturale dei comunisti e della sinistra.

Queste responsabilità le abbiamo denunciate negli ultimi tredici anni entrando ripetutamente in conflitto con la logica del meno peggio, della prevalenza dell’elettoralismo, della liquidazione del bambino con l’acqua sporca nella storia del movimento operaio, con la subordinazione al culto della personalità verso il leader e tenendo aperta – con minore o maggiore successo in tempi diversi – una ipotesi di indipendenza politica e di radicamento sociale della sinistra di classe e dei comunisti nel nostro paese.

Questa ipotesi alternativa ha incontrato sempre ostilità e vita difficile sia nello spazio pubblico della sinistra sia nelle pagine dei giornali egemonizzate dal bertinottismo, dalle sue interviste, dalle sue svolte repentine. Oggi è la realtà a dimostrare che nel nostro paese era indispensabile tenere aperta una ipotesi politica e un progetto per una sinistra che non intende morire ingraiana.

Adesso è il tempo di ricostruire sulle difficoltà e di sgomberare il campo dalle macerie. Il primo passo non può che essere l’uscita di scena immediata di Fausto Bertinotti e di coloro si sono resi consapevolmente corresponsabili di questo disastro.

Per le adesioni a questo appello scrivere a cpiano@tiscali.it

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