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(Dove và la CGIL?)

La Cgil nel bivio

(26 Febbraio 2009)

Come era ovvio i nodi dell’accordo separato sul sistema contrattuale stanno rapidamente arrivando al pettine. Se c’era chi si illudeva che Confindustria e Governo, realizzando un accordo che stravolge il sistema contrattuale, pensassero poi di accantonarlo di fronte alla crisi, ha probabilmente fatto un ragionamento di buon senso, ma privo di agganci con la realtà. Si stanno già avviando le discussioni sindacali sui rinnovi dei contratti e la confusione è totale.

I problemi di fondo sono almeno quattro:

1. la democrazia. Possono le categorie della Cgil fare piattaforme unitarie con le altre organizzazioni firmatarie dell’accordo separato, senza affermare prima il diritto dei lavoratori a decidere con i referendum su piattaforma, accordo, eventuali dissensi tra i sindacati?
Oppure si riproduce lo stesso meccanismo che ha portato all’accordo separato, una piattaforma unitaria senza vincoli e senza regole democratiche?

2. si chiederanno aumenti salariali per due o per tre anni e, per la parte normativa, essa varrà tre o quattro anni? Le clausole di tregua dureranno quattro mesi, come nel sistema in vigore, o sette, come in quello appena sottoscritto?

3. gli aumenti verranno richiesti in continuità con le ultime piattaforme, che erano tutte al di sopra dell’inflazione, o sulla base del nuovo indice concordato nell’accordo separato?

4. le clausole di deroga nell’applicazione del contratto nazionale saranno esplicitamente eliminate dal tavolo di trattativa oppure ne faranno parte?

Coerenza vuole che solo avendo chiarito tutti questi quattro punti, oltre ad altri non meno rilevanti quali il ruolo degli enti bilaterali, sia possibile definire piattaforme unitarie.

La Fiom, per bocca del suo segretario generale, ha annunciato in piazza San Giovanni, che non applicherà un accordo che non condivide e che non è stato votato dai lavoratori. Altre categorie non stanno facendo la stessa cosa. C’è quindi il rischio che nascano piattaforme unitarie, o anche differenziate, che nei fatti siano l’accettazione passiva dell’accordo separato da parte di interi settori della Cgil. Se a tutto questo si aggiunge che la Confindustria, per spingere la Cgil verso l’accettazione di fatto dell’intesa, sarebbe intenzionata a disdettare formalmente il sistema di regole previsto dall’accordo del 23 luglio, e che peraltro è già recepito in tutti i contratti nazionali, si capisce bene come potremmo davvero trovarci, come dice Epifani, nei prossimi mesi di fronte al caos contrattuale. Il problema però è che questo caos sarebbe anche dentro la Cgil. Si è più volte detto che il più grande sindacato italiano, dopo l’accordo di gennaio, era di fronte a un bivio: protestare ma poi subire l’intesa, oppure contrastarla davvero. Il rischio è che questo bivio non sia davanti alla Cgil, ma dentro di essa.

Roma, 24 febbraio 2009

Rete 28 Aprile

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