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il pane e le rose

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Lettera aperta ai lavoratori e alla cittadinanza

(19 Novembre 2009)

Mi chiamo Rossana, ho 36 anni e sono disoccupata, come milioni di persone oggi nel mondo. Lavoravo in una ditta metalmeccanica in Lombardia, scade il contratto e vengo automaticamente esclusa dal processo produttivo il 30/11/2008.
Comincia la trafila burocratica,la corsa contro il tempo per avere dallo stato ciò che mi spetta di diritto:la disoccupazione per poter almeno sopravvivere.
INPS e i sindacati, non mi aiutano di certo anzi, mi remano contro ma, invece di sfiduciarmi, accrescono la mia rabbia. Dopo mille peripezie ottengo la disoccupazione ma, finito il periodo spettante (8 mesi), mentre busso a tutte le porte in cerca di un lavoro per sopravvivere, stato, regione, comune, si dimenticano di me: io sono alla fame, senza nessun reddito.

Ora, partendo dalla mia situazione, peraltro comune a milioni di altri lavoratori, ESPRIMO la mia rabbia che è anche quella di tutti quelli che, come me, pagano ingiustamente sulla propria pelle questa crisi creata dai padroni.

Nessuno difende i nostri interessi se non ci mobilitiamo noi stessi in prima persona.
Quindi PROPONGO l’unione e l’organizzazione di tutti - lavoratori, precari, disoccupati - per creare COMITATI, GRUPPI, COORDINAMENTI, al fine di perseguire il comune obiettivo di ribellarci e liberarci dalle catene del precariato, dove subdolamente ci hanno spinto.

La crisi ci tocca tutti in egual misura, opprime, affama, disgrega, logora.
È ora di alzare la testa e anche la voce, per rompere il muro di omertà e di complicità che padroni, governo e sindacati che riconoscono come legittimo il profitto ci fanno pesare sul collo.

Se si è organizzati, la lotta paga e vince, come insegnano storia e attualità:ricordiamo i lavoratori della INNSE di Milano, che insieme, hanno vinto la loro battaglia, lottando contro tutti.

ORGANIZZIAMOCI e mobilitiamoci, creando rapporti di forza, difendiamo il nostro posto nella società e all’interno dei luoghi di lavoro.
Come i cugini argentini OCCUPIAMO piazze, comuni, uffici regionali e riprendiamoci le fabbriche, perché UNITI SI VINCE. Una società che nega il lavoro, che costringe milioni di persone alla fame, è una società barbara, che non merita di essere definita civile.

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