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(11 Luglio 2012) Enzo Apicella

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Clamori dalla Colombia

(18 Aprile 2010)

17/04 - CONSIGLIERE NAZIONALE SVIZZERO DENUNCIA: “IN COLOMBIA SITUAZIONE SCONVOLGENTE!”

Contrariamente alle dichiarazioni ufficiali riguardanti la presunta smobilitazione dei narcoparamilitari vincolati al governo di Uribe Vélez, Carlo Sommaruga, consigliere nazionale svizzero, in seguito ad una visita in Colombia ha dichiarato che quel che si vede sul territorio non coincide affatto con la propaganda di regime.
La visita della delegazione svizzera era stata disposta per verificare la reale situazione dei diritti umani e l' evoluzione di alcuni progetti finanziati dalla Swissaid, una ONG svizzera che si occupa di cooperazione internazionale.
Nella città di Barrancabermeja la commissione ha constatato la presenza attiva di gruppi paramilitari, ed il regime di paura che questi impongono alle comunità attraverso la sistematica violenza. Ad opinione della commissione, uno dei nodi del conflitto colombiano è la questione della ridistribuzione della terra ai contadini; evidentemente il governo del mafioso Uribe si muove in direzione contraria, favorendo le multinazionali che si accaparrano le terre più fertili (imponendo la monocultura della palma da olio). Il narcopresidente Uribe garantisce queste appropriazioni indebite proprio attraverso i paramilitari, politica che comporta numerosissimi sfollati tra i contadini.
La commissione ha segnalato che la stessa sorte è toccata pure ad alcune comunità di cercatori artigianali d'oro, sfollati con la forza dai paramilitari per garantire l'insediamento di alcune multinazionali minerarie; inoltre, incontrando avvocati, difensori dei diritti umani, sindacalisti, dirigenti di comunità indigene e afro-originarie, la commissione ha constatato che queste organizzazioni popolari corrono gravi pericoli a causa del regime vigente in Colombia e necessitano di un urgente appoggio internazionale. In tal senso, il consigliere Sommaruga ha reso pubblico un appello di un gruppo di avvocati colombiani difensori dei diritti umani, con il quale si chiede la collaborazione di avvocati di tutto il mondo per portare davanti alla corte penale internazionale Álvaro Uribe Vélez.
Uribe dev’essere giudicato da un tribunale internazionale per la macchina di morte a cui, dal suo insediamento, ha messo il turbo. Tra le altre cose, lo dimostrano le testimonianze di paramilitari inquisiti, che confermano gli stretti legami tra il narcoparamilitarismo e le alte cariche dello stato, e gli innumerevoli scandali, come la lista di sindacalisti da eliminare stilata dal DAS (la polizia politica colombiana) e l' uso di ambasciate colombiane in Europa per spiare e minacciare il lavoro di denuncia di rifugiati e oppositori politici residenti nel vecchio continente. Nonché le varie collusioni dello stato colombiano col narcotraffico internazionale.
Questa visita va a sommarsi all'insieme di sforzi per una soluzione politica del conflitto colombiano e per la campagna "Uribe di fronte alla Corte Penale Internazionale", appelli per i quali le organizzazioni popolari colombiane chiedono solidarietà internazionale.

15/04 - PIEDAD CORDOBA: “IL LEGAME FARC-ETA-CHAVEZ E' FANTASCIENZA”

La senatrice Piedad Córdoba sta realizzando un tour in diversi paesi europei con l'obiettivo di ottenere appoggio per uno scambio di prigionieri tra le parti belligeranti colombiane, passaggio necessario a creare l'ambiente adatto ad una soluzione politica e dialogata della guerra civile colombiana.
Durante la sua visita in Spagna, ha affermato che i presunti legami tra le FARC, l'ETA e il governo di Chávez sono fantascienza o telenovela.
Si tratta dell'ultimo dei frutti avvelenati, questa volta usato dal giudice spagnolo di estrema destra Eloy Velasco, pedina del PP di Rajoy ed Aznar nella magistratura del paese iberico. Questi ha aperto un'inchiesta, che il governo colombiano ha contribuito ad infarcire di “prove” per poi usarla a livello internazionale a sostegno della propria politica guerrafondaia, riproponendo la screditata storia del computer di Raúl Reyes.
Córdoba ha precisato che la catena di custodia del computer venne rotta a suo tempo e che a partire da ciò è stata divulgata tutta una serie di segnalazioni ed accuse, poi rivelatesi totalmente false.
La senatrice ha invitato poi la Spagna ad approfondire la conoscenza della drammatica situazione dei diritti umani in Colombia, rimproverando che le relazioni bilaterali non tengano conto di questi aspetti ma siano orientate unicamente dagli affari e dal commercio. A questo proposito ha ricordato che la Spagna, avendo l'esperienza della dittatura franchista, dovrebbe essere più sensibile al tema della costruzione in Colombia di una “democrazia reale”.
In effetti, sotto il regime del narco-presidente Uribe, facendo leva sul potere mediatico e anche grazie al disinteresse europeo, si è travestita da democrazia quella dittatura oligarchica e guerrafondaia che ha gettato la Colombia in una catastrofe sociale ed umanitaria tra le peggiori al mondo.
Come ricordato da Piedad Córdoba, portavoce dei “Colombiani e Colombiane per la Pace ”, l'unica via per far cessare la guerra civile risiede nel cogliere l'opportunità storica, offerta dalla guerriglia, di operare uno scambio di prigionieri, ed è importante convincere l'opinione pubblica su questo punto.
Quando si convinceranno i candidati alla presidenza dello Stato colombiano ed i politici statunitensi, che hanno determinato fino ad oggi le scelte di fondo della politica colombiana, che non esiste alcuna via militare alla pacificazione della Colombia?

13/04 - CARDINALE COLOMBIANO: “NON SONO D'ACCORDO CHE SI CHIAMINO NARCOTERRORISTE LE FARC”

In un'intervista rilasciata di recente al quotidiano “El Tiempo” di Bogotá, il cardinale colombiano Darío Castrillón si è dichiarato contrario al fatto che si qualifichino le FARC come “narcoterroriste”.
Il cardinale, al quale certo non sono imputabili simpatie pro-marxiste, spiega che non intende cadere in questa vulgata; afferma di essere stato in alcuni accampamenti, nei luoghi dello scontro e di conoscere personalmente alcuni guerriglieri, che non sono affatto coinvolti nel narcotraffico.
D'altro canto, Castrillón afferma anche che: “Mi ha detto un comandante: abbiamo un problema molto grave, perché i contadini che stanno con noi sono i più infelici, dato che non possono coltivare coca”.
Il cardinale aggiunge che “non è realista pensare di sostituire la droga con la yuca. Credo che dobbiamo essere molto chiari per essere giusti. Evitare generalizzazioni che non solo sono pericolose, ma anche odiose e dannose.” Ribadisce che la via del dialogo è possibile: “Penso che ci sia disponibilità da parte loro, però hanno anche, come chiunque, dubbi sulla veridicità di quanto succede. Abbiamo avuto esperienze dolorose nel paese, la morte di persone che hanno dialogato, il che ha obbligato quelli che sono rimasti ad una prudenza che a volte paralizza le azioni, che sarebbero state più semplici se non fosse stato per quelle esperienze negative”. Nelle parole del prelato, il riferimento allo sterminio da parte del regime dell’Unione Patriottica, movimento politico lanciato nel 1985 dalle FARC in seguito ad accordi di pace con l’allora presidente Belisario Betancourt, è evidente.
Alla domanda se abbia mai incontrato Alfonso Cano, Comandante in Capo delle FARC-EP, il cardinale conferma: “Ci siamo incontrati diverse volte. Sui monti, in aeroporti, una volta a Cartagena, un'altra in Messico. E per telefono. Ci conosciamo, ed ho parlato molto chiaramente con lui, e non posso dire che non abbia dimostrato una buona volontà”.
Attraverso le recenti liberazioni unilaterali, le FARC-EP hanno evidenziato la loro volontà di concretizzare uno scambio di prigionieri di guerra, che è l'unica via per ridare libertà a quanti rimangono nella selva ed ai guerriglieri detenuti nelle carceri della Colombia e degli Stati Uniti. Il narcogoverno uribista, che ha fatto della cosiddetta “Sicurezza Democratica” un cavallo di battaglia sempre più sfiancato, si guarda bene dall'accettare o dal proporre alternative credibili: per ottenere dei passi in avanti, è importante dunque l'intervento di soggetti come i “Colombiani per la Pace ”, e dei governi di alcuni paesi della regione che possono fare pressioni per lo scambio umanitario, strumento indispensabile, insieme al riconoscimento delle FARC come forza belligerante, per la costruzione di un tavolo di trattative che conduca ad una pace con giustizia sociale.

11/04 - MAGISTRATURA DELLA DANIMARCA CRIMINALIZZA L’ASSOCIAZIONE DEI PARTIGIANI DANESI SOLIDALE CON LE FARC

Nel quadro della caccia alle streghe “anti-terrorista” in atto nei paesi europei, la magistratura di Copenaghen ha formalmente incriminato l’Associazione Horserod-Stutthof, che raggruppa gli ex combattenti e militanti della resistenza danese contro l’occupazione nazista. L’accusa, sempre la stessa, è quella di aver violato la “legge antiterrorista” realizzando svariate donazioni in denaro alle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia ed al Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, organizzazioni rivoluzionarie politico-militari da anni inserite nelle “liste nere antiterroriste” degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
Seguendo l’esempio di altri soggetti danesi come l’organizzazione Opror (Ribellione) ed il Sindacato del Legname, l’Industria e l’Edilizia (TIB), in una sostenuta e coraggiosa campagna di sfida a questi diktat arbitrari e repressivi dei due citati poli imperialisti l’Associazione Horserod-Stutthof, fondata nel 1945, ha pubblicamente raccolto e donato denaro alle FARC perché, come ha affermato il suo presidente Anton Nielsen, queste sono un movimento di liberazione nazionale e non un gruppo terrorista.
Nel 2009, dopo un lungo processo penale intorno al quale si sviluppò un dibattito nazionale a tutti i livelli sulla legittimità o meno delle legislazioni “antiterroriste”, diversi membri di Opror erano stati condannati a detenzioni fino ai sei mesi, con la sospensione condizionale della pena.
Ora si annuncia un’altra battaglia giuridica, ma soprattutto politica e di sensibilizzazione sociale su una questione centrale quale quella della criminalizzazione della solidarietà internazionale nei confronti dell’insorgenza colombiana, vale a dire una forza belligerante che agisce nel quadro di un conflitto sociale ed armato tanto innegabile quanto riconosciuto come tale a livello mondiale.
Lo stato danese, che in tribunale aveva provato a mettere sul banco degli accusati l’internazionalismo, si è poi ritrovato a dover fare i conti con un movimento di opinione per nulla appiattito sui teoremi “antiterroristi”, mutuati dagli USA dopo gli auto-attentati dell’11 settembre 2001. Anche questa volta, e a maggior ragione per aver criminalizzato un’associazione storica e così prestigiosa come quella dei partigiani danesi, subirà l’inevitabile effetto boomerang che questa scellerata politica è destinata a generare.

Associazione nazionale Nuova Colombia

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