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Clamori dalla Colombia

(17 Maggio 2010)

13/05 - DURAMENTE CONTESTATO SANTOS IN CAMPAGNA ELETTORALE

Le Madri dei giovani di Soacha (Dipartimento di Cundinamarca), vittime degli omicidi di stato chiamati eufemisticamente "falsos positivos", hanno organizzato sabato 8 maggio una protesta
contro la campagna elettorale dell'ex ministro della difesa, il `macellaio´ Juan Manuel Santos, candidato alla presidenza per il partito di Uribe.

Questi omicidi sono avvenuti attirando con la promessa di un posto di lavoro diversi giovani disoccupati, poi trucidati dall'esercito e vestiti da guerriglieri, da mostrare come trofeo per ricevere ricompense e premi.

Diverse decine di donne hanno protestato duramente per la presenza di Santos nel municipio, poiché all'epoca delle sparizioni costui era ministro della difesa, e dunque il primo responsabile di quei barbari omicidi.

"Era il Ministro, non ha dato alcuna risposta per la sparizione di nostro figlio, e adesso si presenta qui con false promesse", ha affermato Luz Marina Bernal, una delle madri.

Il corteo, atto conclusivo della protesta, serve "per far sapere alla gente che non deve farsi ingannare dalle false promesse che ha fatto il candidato, che è uno dei colpevoli della morte dei nostri figli, perché non si tratta di un solo ragazzo, ma di molti giovani di Soacha", ha chiarito un'altra delle madri.

Juan Manuel Santos aveva in programma di salutare la popolazione nella piazza principale della città, ma per poter continuare la sua campagna presidenziale è stato costretto a ripiegare verso il municipio di Madrid, circa 15 km a sud di Soacha, "per ragioni di sicurezza".

Nel frattempo, le madri hanno dovuto fare ritorno alle loro case, poiché non è stato loro permesso di raggiungere il luogo del comizio, né tanto meno hanno potuto esercitare il diritto di parola per dire in faccia a Santos la veritá.

Da tempo la procura colombiana sta indagando la morte di 812 persone, in seguito ai "falsos positivos". Nel 2009 la Procura Generale della Colombia ha reso noto di aver investigato negli ultimi sei anni 1603 militari per il caso dei "falsos positivos".

Tuttavia, come sempre accade in Colombia, il popolo non può contare sulle istituzioni per avere giustizia dei delitti commessi dall'esercito; per il caso di Soacha sono stati messi sotto processo 48 militari, che però ora si trovano in libertà per "scadenza dei termini"; le ultime liberazioni di militari implicati sono state effettuate lo scorso 19 marzo.
Lo stesso ex comandante dell'Esercito Nazionale della Colombia, il generale Montoya, costretto alle dimissioni nel novembre del 2008, lungi dall'essere stato processato, o quanto meno dal ritirarsi dalla vita pubblica, è stato premiato con la carica di ambasciatore della Colombia nella Repubblica Domenicana, ennesima conferma dell'impunità dei militari quando esercitano la loro violenza contro il popolo su mandato dell'oligarchia o delle multinazionali, o del comitato d'affari che tutela i loro interessi: il governo paramilitare colombiano

10/05 - ALLARME ONU PER L'AUMENTO DI SFOLLAMENTI FORZATI IN COLOMBIA

Secondo quanto denunciato il 4 maggio a Ginevra da Ariranga Govindasamy Pillay, uno dei 18 esperti del Comitato dei Diritti Economici, Sociali e Culturali dell'ONU, “lo sfollamento forzato raggiunge la cifra di 150.000 persone all'anno, e nei primi due mesi del 2010 sono stati assassinati 8 sfollati”. Queste dichiarazioni sono state rilasciate durante l'analisi della situazione colombiana.
Il Comitato, infatti, vigila sul compimento del cosiddetto Patto dei Diritti Economici, Sociali e Culturali, uno dei due patti fondativi dell'ONU, prendendo in esame ogni quattro anni gli stati che lo hanno ratificato, come la Colombia.
“Il 94% degli sfollati vive in condizioni di povertà e solo il 20% delle terre sequestrate illegalmente è oggetto d'indagine” da parte delle “forze dell'ordine”. Il restante 80% dei furti perpetrati ai danni dei contadini colombiani resta nella più totale impunità, secondo quanto afferma l'esperto.
“Abbiamo un grosso debito con gli sfollati interni, che sono 3.300.00, circa il 7% della popolazione”, ha dovuto riconoscere il ministro colombiano della Pianificazione, Esteban Piedrahita, che non ha potuto smentire le dichiarazioni di Pillay.
Secondo Zdislaw Kedzia, un altro esperto di questo Comitato, le popolazioni indigene, che occupano il 30% del territorio colombiano, e quelle afro-colombiane (5%), sono le più povere del paese.
Per Jomary Orteón Osorio, rappresentante del Collettivo degli Avvocati della Colombia, la cifra reale degli sfollati interni supera però i 4,5 milioni, cui sono stati sottratti col terrorismo di Stato ben 6 milioni di ettari di terre coltivate o coltivabili.
“La metà degli sfollati colombiani è composta da donne, e non c'è una politica del governo per la protezione dei diritti delle donne, soprattutto riguardo la salute, la casa, il lavoro, l'educazione e l'alimentazione”, sostiene María Eugenia Ramírez della ONG colombiana CLADE, con sede a Ginevra.
Le cifre riportate, che fanno della Colombia, con il Sudan, il paese al mondo con il maggior numero di profughi interni, sommate a quelle che quantificano in oltre 200.000 gli sfollati negli ultimi mesi, dimostrano inequivocabilmente la brutalità della guerra ininterrotta che il narco-governo ed il para-stato colombiani continuano a muovere contro le popolazioni contadine, “ree” di coltivare piccoli appezzamenti di terra che fanno gola alle 200 famiglie dell'oligarchia latifondista ed alle multinazionali straniere, ansiose di accaparrarsi nuovi lotti da inglobare nella produzione agroindustriale destinata principalmente alle esportazioni.
Gli sfollamenti forzati avvengono tramite minacce, sparizioni, omicidi e ogni sorta di crimini, perpetrati al fine di terrorizzare i residenti e costringerli alla fuga, e sono imposti dai paramilitari colombiani, in stretta connessione con l'esercito regolare ed in ossequio alle direttive dei più alti vertici politici, a partire da Uribe, uno dei grandi responsabili dell’aggravarsi di questo disastro sociale ed umanitario.

07/05 – FOTOGRAFO SPAGNOLO DENUNCIA: “AGGREDITO DALLA POLIZIA COLOMBIANA IL 1° MAGGIO A BOGOTÁ”

Già denunciata ampiamente nel clamor precedente (04/05), la brutale repressione della polizia antisommossa contro i manifestanti, durante il corteo del 1 maggio a Bogotá, non ha risparmiato nemmeno quei giornalisti ed inviati internazionali che stavano coprendo la giornata dei lavoratori nella capitale del paese andino-amazzonico.
Un caso eclatante è stato quello del fotografo spagnolo Oriol Segón, fotografo accreditato regolarmente come parte della stampa straniera in Colombia.

La sua denuncia è più eloquente di qualsiasi ricostruzione indiretta: “Questo 1°maggio (2010) stavo fotografando l’ambiente della marcia della Giornata del Lavoro, nella città di Bogotá. Mi sono sempre tenuto ad una distanza prudente dalle masse che manifestavano, e mi muovevo debitamente accreditato col distintivo della stampa. Vedendo una serie di poliziotti che colpivano un presunto manifestante, mi sono accinto a fare alcune fotografie (mantenendo sempre la distanza). E’ stato in quel momento che almeno quattro poliziotti si sono scagliati contro di me, buttandomi a terra, e mi hanno dato calci e colpi. Uno di loro mi ha colpito con forza col manganello, premeditatamente, alla testa, provocandomi una forte contusione.”

Gli sbirri del regime narco-mafioso colombiano, per occultare i loro crimini contro i manifestanti, non potevano tollerare che reporters di altri paesi documentassero l’accaduto.

Oriol Segón, che è dovuto recarsi da solo in ospedale, dove gli hanno applicato dieci punti di sutura alla testa, ha infine dichiarato una verità arcinota da tempo: “Dichiaro che, ancora una volta, non è stata rispettata la libertà di stampa in Colombia. Che c’è un tipo di informazione che le forze statali si negano a condividere. Che la Polizia colombiana attenta deliberatamente contro giornalisti, fotografi e tutti quei cittadini che si offrono di testimoniare”.

Questa è la “democrazia più antica del continente”, in cui le motoseghe ed i forni crematori dei paramilitari di Stato hanno massacrato decine e decine di migliaia di persone indifese, colpevoli di rivendicare una vita dignitosa o semplicemente di vivere in territori ricchi di risorse naturali, da svendere alle multinazionali del gran capitale euro-statunitense.

04/05 – 1º MAGGIO A BOGOTÁ: MOBILITAZIONI E SCONTRI

Come ogni anno, ma questa volta con maggior combattività, anche questa giornata dei lavoratori si è dimostrata una occasione di grande importanza per esprimere l’opposizione sociale al regime filo-padronale e fascista di Uribe Vélez e degli aguzzini che spremono le masse popolari colombiane.
A decine di migliaia gli operai, gli studenti, gli sfollati interni, gli abitanti dei quartieri marginali, le donne e gli oppositori politici al narco-governo delle oligarchie, hanno marciato per le vie di Bogotá scandendo slogans contro i ripetuti e consistenti tagli alla spesa sociale, le infinite privatizzazioni di imprese dello Stato, la precarizzazione totale delle condizioni di lavoro e di vita, i trattati di libero commercio e la persecuzione ai danni del movimento sindacale e popolare.
I manifestanti hanno denunciato che in Colombia, paese con oltre 3,5 milioni di disoccupati e molti di più sottoccupati, la metà della popolazione povera ed oltre il 18% che vive nella miseria, opporsi alle politiche economiche e sociali imposte dal sistema vuol dire essere stigmatizzati, perseguitati, arrestati con l’accusa di “terrorismo” ed ammazzati.
Secondo il presidente della CUT (Central Unitaria de Trabajadores), Tarcisio Mora, “durante il mandato del presidente Uribe, il cui governo è iniziato il 7 agosto 2002, sono stati assassinati 527 dirigenti sindacali”, di cui 18 solo quest’anno.
Alla fine del corteo, nella storica e centrale Plaza de Bolívar, la famigerata polizia antisommossa della Esmad (già nota per aver ammazzato a manganellate diversi manifestanti nel corso di violentissime cariche in mobilitazioni precedenti) ha provocato con lanci di gas lacrimogeni, cercando d’impedire il comizio finale; i settori più combattivi e decisi del corteo hanno risposto lanciando pietre e bombe-carta ai “robocop” di Uribe, che a quel punto hanno dovuto indietreggiare. Il saldo finale è di diversi feriti ed oltre 50 arresti.
Il popolo colombiano è stanco di false promesse, carote ingannevoli che nascondono soltanto gli insopportabili bastoni del neoliberismo e del terrorismo di Stato, e lo hanno dimostrato ancora una volta.

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Associazione nazionale Nuova Colombia

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