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18/06 - ripudio internazionale agli insulti di uribe al nobel per la pace adolfo pérez esquivel

(18 Giugno 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nuovacolombia.net



Relativamente alla testimonianza resa da un ufficiale della polizia colombiana, Juan Carlos Meneses, che ha di recente dichiarato di aver partecipato ad operazioni congiunte coi paramilitari del gruppo “I 12 Apostoli”, il narcopresidente Uribe, il cui mandato è ormai in scadenza, ha avuto la faccia tosta di insultare il premio Nobel per la Pace argentino, Adolfo Pérez Esquivel, che aveva raccolto le dichiarazioni di Meneses.
“Quello che richiama la mia attenzione”, ha affermato Uribe, “è la capacità dei criminali di penetrare la società. Hanno la capacità di convertire in utile idiota un Premio Nobel per la Pace , di convertire in utile idiota un sacerdote e di penetrare un giornale serio come il Washington Post” (che aveva ripreso le suddette denuncie di Meneses).
Il motivo di tanta acrimonia è molto semplice: il maggiore Meneses ha dichiarato che a fondare e dirigere il gruppo paramilitare menzionato è stato Santiago Uribe, fratello del narcopresidente.
La scomposta reazione di Uribe pretende di delegittimare il valore testimoniale delle dichiarazioni di Meneses, associandole ad una operazione criminale contro lui e suo fratello.
Diversi soggetti, in Argentina e America Latina ma anche in altri continenti, hanno condannato fermamente le gravi e minacciose dichiarazioni di Uribe.
Occorre precisare che Pérez Esquivel, che ha subito il carcere e la tortura durante la dittatura argentina e che attualmente è presidente della “Lega Internazionale per i Diritti Umani e la Liberazione dei Popoli”, ha avvalorato la testimonianza dell’ufficiale della polizia colombiana, confermandone l'attendibilità. Testimonianza che, alla luce della mancanza totale di garanzie di sicurezza e trasparenza, Meneses ha preferito rendere di fronte a personalità del mondo giuridico e culturale in Argentina.
Peraltro, la denuncia dei fatti non è isolata ed è confermata da documenti presentati da diverse ong, nonché dalle testimonianze dei familiari delle vittime, sopravvissuti alla persecuzione, che confermano l'esistenza di questa struttura paramilitare il cui centro nevralgico era la tenuta “ La Carolina ”, proprietà della famiglia Uribe Vélez.
E' imperativo rifiutare la strategia di impune insabbiamento di questo ed altri casi di violazione dei diritti umani, e rendere possibile il lavoro degli organismi incaricati di acclarare le gravi accuse di legami coi paramilitari del fratello del narcopresidente Uribe, la cui appartenenza organica al paramilitarismo criminale è sempre più inconfutabile e palese.

www.nuovacolombia.net

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