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01/07 - prosegue l'ingiusta detenzione dell'attivista carmelo agámez berrio

(1 Luglio 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nuovacolombia.net



Dopo l'ingiusto arresto del 15 novembre 2008 Carmelo Agámez Berrio, segretario del MOVICE (Movimento Vittime dei Crimini di Stato) rimane in carcere nonostante non esistano prove concrete a suo carico.

Carmelo Agámez Berrio è uno dei pochi sopravvissuti al genocidio perpetrato nei confronti della Unión Patriótica, il movimento politico di opposizione sterminato da esercito e narco-paramilitari tra gli anni’80 e ‘90.
Nel corso della sua vita ha subito minacce e detenzioni, che lo hanno portato a dover vivere in esilio per diversi anni; nel 2006 la Commissione Interamericana per i Diritti Umani (CIDH) ha sancito nei suoi confronti alcune misure di protezione personale, per via delle costanti minacce di cui è stato vittima.
Il 13 novembre del 2008, in piena notte, cinque uomini in borghese, qualificatisi come poliziotti, sono entrati violentemente nell'abitazione dell'attivista senza nessun mandato della magistratura; i sedicenti poliziotti hanno effettuato una perquisizione senza riscontrare nulla e senza rinvenire Carmelo, che si trovava fuori casa.
Due giorni dopo Agámez si presentò alla procura di Sincelejo accompagnato dal suo avvocato; un magistrato lo interrogò per alcune ore e ne dispose l’arresto, nonostante si fosse presentato spontaneamente alla procura.
Attualmente, il difensore dei diritti umani si trova in carcere con l' accusa assurda di appartenenza a gruppi paramilitari, ovvero quei gruppi che lui ha costantemente denunciato e dai quali è stato dichiarato obiettivo militare.
Nei primi di giugno alcuni integranti del MOVICE sono riusciti ad avere l'autorizzazione per fargli visita in carcere e constatare la sua reale situazione, che ha dichiarato che la magistratura ancora non ha preso in considerazione il ricorso contro la carcerazione presentato dal suo avvocato oltre un anno fa; ha inoltre denunciato le costanti difficoltà che incontra per accedere alle cure mediche, a causa del duro regime carcerario cui è sottoposto.
Alla domanda su quale sia la situazione in cui vivono attualmente gli integranti del MOVICE, Agámez ha risposto testualmente “Ci restano principalmente tre possibilità: o ci uccidono, o ci arrestano, o ci sfollano”.
Ha inoltre chiarito la strategia del regime, che punta a limitare il lavoro di ricerca della verità e denuncia del MOVICE con l'obiettivo di confondere le acque e criminalizzare le vittime. Infine, l'attivista ha ricordato che con questo sistema è stato ucciso lo scorso 18 maggio un altro difensore dei diritti umani, Rogelio Martínez Mercado, che era stato descritto come un integrante del paramilitarismo.
Il quadro descritto da Agámez è chiarissimo: il narcoregime colombiano porta avanti la sua azione sistematica per zittire le voci di denuncia degli attivisti delle organizzazioni popolari e di difesa dei diritti umani; e quando non arriva la violenza istituzionale, ci pensano le squadracce paramilitari a finire il lavoro.

www.nuovacolombia.net

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