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Un nuovo muro, contro i migranti

Avrà inizio a novembre la costruzione della barriera fra Israele ed Egitto. Servirà a fermare gli africani che provano ad entrare nello Stato ebraico.

(22 Luglio 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Roma, 21 luglio 2010 (foto dal sito www.cache.daylife.com), Nena News – Dopo le centinaia di km di muro che sta ultimando nella Cisgiordania palestinese sotto occupazione, Israele conta entro il 2013 di completare i lavori di costruzione di una barriera elettronica lungo la frontiera con l’Egitto. Il nuovo muro sorgerà su 110 dei 240 chilometri di confine e nella parte rimanente Israele installerà sensori e strumenti ottici e rafforzerà i pattugliamenti di polizia ed esercito. L’obiettivo del governo israeliano, ha detto ieri il ministro per la sicurezza interna Yitzhak Aharonivic, è quello di impedire l'ingresso nel deserto del Neghev di profughi di guerra e di emigranti africani provenienti dal Sinai.

Secondo Aharonivic ogni mese entrano illegalmente in Israele circa 1.200 migranti africani, quasi sempre con l’aiuto prima di beduini egiziani e poi di quelli israeliani. Un movimento lungo il confine che il premier Netanyahu intende fermare ad ogni costo, visto che qualche mese fa arrivò addirittura a descrivere l’ingresso dei migranti una minaccia all’esistenza di Israele quale Stato ebraico. Gli africani che riescono ad entrare in Israele peraltro sono i sopravvissuti al fuoco della guardia di frontiera egiziana. Secondo statistiche ufficiali ma parziali, solo nel 2007-08 sul lato egiziano del confine sono stati uccisi una quarantina di africani. Lo scorso anno una trentina. «Il numero delle vittime è molto più alto – dice Sigal Rosen, portavoce della Ong israeliana “Hotline for Migrant Workers” – sono convinta che tanti altri migranti siano stati colpiti a morte ma non riusciamo a saperlo perchè le autorità egiziane non lo dicono. E non dimentichiamo che tanti altri vengono feriti o arrestati». Soldati e poliziotti israeliani non restano a guardare, anche se lo Stato ebraico ha firmato le convezioni internazionali sull’asilo politico. I migranti catturati nel Neghev - tranne un numero limitato di quelli provenienti dal Darfur - vengono immediatamente rispediti in Egitto dove, dopo un processo sommario e una detenzione durissima sono obbligati a tornare nei loro paesi d’origine, nella migliore delle ipotesi. «La carneficina si è aggravata nel 2007 – spiega Sigal Rosen – quando Israele ha fatto la voce grossa con il Cairo affinché venissero fermati gli ingressi clandestini di sudanesi e altri africani. L’Egitto da allora applica misure durissime con il plauso dei governanti israeliani». Coloro che si avvicinano al confine israelo-egiziano perciò rischiano la vita. Non importa se fuggono dalla guerra, dalla fame, dalla morte. A nulla sono serviti appelli a fermare le uccisioni rivolti da Amnesty International e Human rights watch all’Egitto e a Israele.

Secondo l'Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, da 2 a 3 milioni di cittadini sudanesi, in buona parte migranti ma anche rifugiati in fuga, si trovano in Egitto. L’aumento dei morti alla frontiera tra Israele e l’Egitto peraltro indica un mutamento delle rotte della migrazione africana, dopo che la strada verso l’Europa si è fatta più difficile, anche a causa degli accordi tra Italia e Libia. Per l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, gli eritrei lo scorso anno rappresentavano il gruppo nazionale più numeroso tra i migranti che cercano di entrare in Israele.(red) Nena News

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