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27/07 - forni crematori per far scomparire i corpi delle vittime del paramilitarismo

(28 Luglio 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nuovacolombia.net



Gli impressionanti numeri degli omicidi compiuti, gonfiavano le statistiche a tal punto che per diminuirne l'impatto è stato introdotto l'uso di forni crematori per industrializzare lo smaltimento dei cadaveri e far scomparire in

parte le tracce della mattanza che si è scatenata contro il popolo colombiano. Tale carneficina si è incrementata durante il periodo di Uribe, con la cosiddetta sicurezza democratica”, versione colombiana della già tristemente nota “sicurezza nazionale”.
Il paramilitare Iván Laverde Zapata ha confessato davanti ai magistrati che oltre ad istallare i forni crematori, nel dipartimento di Antioquia, quando Uribe ne era governatore, le vittime venivano gettate nel fiume Cauca. Oltre al dipartimento di Antioquia, la testimonianza fa riferimento a quanto accaduto nella aree rurali del dipartimento di Santander. L'altra tecnica per far scomparire i corpi del “nemico” è stata quella di farli a pezzi e gettarli in fosse comuni, di cui si è avuta una mostruosa evidenza pochi giorni fa, con la certificazione dell'esistenza della fossa della Macarena, nel dipartimento sudorientale del Meta, contenente i resti di oltre 2000 vittime.
L'esistenza dei forni crematori, di cui si aveva notizia anche se mancavano testimonianze dirette e confessioni, è un'ulteriore prova del carattere sistematico e pianificato che il terrore statale-paramilitare ha assunto negli anni in Colombia.
Riportiamo parte dell'allucinante testimonianza del paramilitare: “ci sono molti morti che non sono stati ritrovati perché qui nelle vicinanze di Medellín, ad un'ora, si trovavano dei forni crematori. Molta gente è stata bruciata. Io ho assistito a questi fatti […]. Tra il 1995 ed il 1997 le vittime venivano buttate nel Cauca, dopo aver aperto i corpi e averli riempiti di pietre […], avendo l'ordine di far scomparire le vittime, è sorta l'idea dei forni crematori […]. Dell'istallazione del forno si è occupato Daniel Mejía, era delle Auc e della “oficina de envigado”. Il forno lo faceva funzionare un tale detto “funeraria”, credo si chiamasse Ricardo, mentre due signori si occupavano della manutenzione delle griglie e delle ciminiere, perché si ostruivano col grasso umano […]. Portavamo al forno tra le 10 e le 20 vittime a settimana, vive o morte, e vi era tutto un procedimento da seguire: quando arrivavamo bisognava suonare e ci dicevano “questa spazzatura portatela giù”, allora andavamo dentro e le portavamo in sacchi di plastica per non sporcare di sangue. Dopo aver dissanguato il cadavere, ci chiedevano: “chi lo manda questo?”. Avevano una cartella in cui annotavano tutto. Noi entravamo e dovevamo aspettare le ceneri... poi si mostravano a Daniel e si buttavano al fiume o dove ci dicevano. Il forno fu inaugurato gettandovi dentro una persona viva, perché aveva rubato dei soldi [...]”.
Purtroppo c'è ancora chi non vuol capire, nemmeno di fronte a queste cose, che la formazione e lo sviluppo dell’insorgenza è essenzialmente una risposta popolare di resistenza di fronte alla barbarie statale-paramilitare e la strategia contro insorgente adottata si appoggia sull'idea di perpetrare ogni tipo di atrocità contro il popolo colombiano, per sottrarre fisicamente alla guerriglia la propria base di sostentamento.
Un eventuale processo di pace in Colombia, non può costruirsi senza il riconoscimento internazionale delle FARC.EP come parte belligerante di un conflitto interno e senza il conseguente ristabilimento della verità storica.

www.nuovacolombia.net

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