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Per il fondo monetario gaza «cresce»

L’economia della Striscia è cresciuta nel 16% nel 2010 «grazie» all’allentamento del blocco attuato da Israele. Ma ciò prova che a pagare i costi dell’embargo di Gaza sono i civili palestinesi.

(14 Settembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Roma, 14 settembre 2010, Nena News – Le statistiche e le ricette economiche del Fondo Monetario Internazionale hanno sempre suscitato forti perplessità in coloro che respingono il liberismo sfrenato che impregna le politiche «suggerite» da questo organismo, specie ai paesi del Terzo Mondo e in via di sviluppo. Nel caso di Gaza però i dati resi noti dal FMI si stanno rivelando addirittura pericolosi perché, usati in modo strumentale dai mezzi d’informazione locali, incluso il quotidiano «liberal» Haaretz, diffondono l’idea di un netto miglioramento delle condizioni di vita nella Striscia soggetta da anni ad un durissimo blocco israeliano. Mentre la realtà della vita quotidiana di quasi tutta la popolazione in questo minuscolo lembo di terra rimane immutata e drammatica.

Nella prima metà del 2010 l’economia di Gaza è crescita del 16%, contro l’1% di tutto il 2009, anno in cui la Striscia, peraltro, ha pagato le pesanti conseguenze dell’offensiva militare israeliana «Piombo fuso». Un balzo in avanti che nelle percentuali è paragonabile a quello cinese e che indurrebbe chiunque a pensare ad un sostanziale miglioramento della situazione. Tuttavia ciò non è avvenuto. La crescita «record» in realtà è frutto soltanto del lieve allentamento della chiusura israeliana avvenuta in seguito a pressioni internazionali. In sostanza è bastato una riapertura leggemente più ampia del solito dei valichi tra Gaza e Israele per innescare un movimento di beni e denaro tale da far schizzare verso l’alto gli indici economici verso. Tutto qui, nulla di strutturale. D’altronde in economia quando si parte dal punto zero (sottozero nel caso di Gaza), la crescita è quasi sempre significativa. E nel caso della Striscia si deve tener conto anche dei progetti avviati negli ultimo anno da alcuni grandi agenzie umanitarie internazionali.

Ben più aderente alla realtà è il dato del reddito pro capite che rimane, nonostante la «crescita», ad appena il 60% del dato del 1994, subito dopo la firma degli accordi di Oslo. E come lo stesso FMI ammette nel suo rapporto, solo la totale revoca delle restrizioni israeliane all’import/export palestinese potrà permettere a Gaza di sviluppare una economia in grado di sostenere i suoi abitanti.

Il rapporto verrà presentato il prossimo 21 settembre a New York durante la riunione dei paesi donatori. Gli abitanti di Gaza sperano che non alimenti voci di significativi «miglioramenti» delle condizioni di vita avvenuti per la «benevolenza» delle autorità israeliane, che invece non esistono nella realtà.(red) Nena News

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