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(Lotte operaie nella crisi)

Spagna. Uno sciopero generale con il quale ci giochiamo molto

(22 Settembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.contropiano.org

Alla fine il passato Luglio, i sindacati CCOO (Comisiones Obreras) e UGT (Union General de los Trabajadores) hanno indetto lo sciopero generale per il 29 Settembre. I sindacati maggioritari non si sono decisi a convocare lo sciopero fino a quando il governo Zapatero non ha approvato la nuova riforma del mercato del lavoro.

Qualche tempo prima, dopo l'annuncio da parte del governo di misure per la riduzione del deficit, questi stessi sindacati avevano convocato uno sciopero generale per tutto il settore del pubblico impiego, il cui risultato fu abbastanza limitato e la sua utilità nei confronti delle misure adottate, quasi nulla. I dirigenti di CCOO e UGT avevano negato ripetutamente nei mesi precdenti la convenienza e la necessità di proclamare uno sciopero generale. Infatti, quando i mezzi di comunicazione domandavano se sarebbe stao convocato o no, Cándido Méndez e Fernández Toxo ripetevano (segretari generali dei sindacati maggioritari, NdT): "Non si sta cancellando nessun diritto.

Dunque non pensiamo sia necessario uno sciopero generale".

Quando il governo ha pubblicato il suo piano per ridurre il deficit nel Maggio del 2010, subivamo già da due anni la crisi economica. Il numero dei disoccupati aveva già raggiunto i massimi storici. Il numero delle famiglie, in cui tutti i membri risultavano disoccupati, raggiungeva quasi il milione e mezzo. Gli sfratti erano aumentati drasticamente.

La sinistra sindacale organizzata e i movimenti sociali di base chiedevano da tempo l'indizione di uno sciopero generale. Nel 2008-2009, la crisi la stavano già pagando i salariati attraverso il denaro pubblico regalato per salvare le banche e attraverso i licenziamenti. La seconda legislatura del governo del PSOE, iniziata nel 2008, ha rappresentato un costante esercizio politico, da un lato, di piccole concessioni sociali - in continuità con la passata legislatura - e, dall'altro, di una aperta e determinata politica a favore del Capitale.

Motivi per un'offensiva generale dei sindacati si avevano già prima dell'inizio della crisi economica. Ma ancora di più ce ne erano quando è esplosa la crisi e fu evidente che i primi a subirne le conseguenze sarebbero stati i lavoratori e i settori sociali meno protetti. Non solo. Esistevano numerose ragioni per l'indizione di uno sciopero generale molto prima dell'annuncio del pacchetto di misure per ridurre il deficit pubblico e il decreto sulla riforma del mercato del lavoro.

Questo sciopero generale arriva, quindi, con un forte ritardo, e se si fosse indetto prima e nel momento giusto, era molto probabile che non ci incontreremmo nella situazione in cui invece ci troviamo: austerità neoliberale nella spesa pubblica, una riforma del mercato del lavoro che ci avvicina alla formula del libero licenziamento e con la popolazione lavoratrice alle corde, con quasi cinque milioni di disoccupati.

Recuperare la fiducia dei mercati

Sebbene la politica di Zapatero si sia dimostrata quella del "social-liberalismo" - più accentuata nella sua seconda legislatura rispetto alla prima -, il cambio che si è prodotto a partire dal maggio del 2010 rappresenta un allontanamento definitivo dalla socialdemocrazia classica e un attacco diretto alla base elettorale - esenzialmente fatta di lavoratori - di questo partito. La manovra economico-finanziaria que il governo sta portando avanti torva la sua origine nei dettami del settore della finanza internazionale e conta con l'appoggio degli organismi internazionali come il FMI. Queste misure pretendono "recuperare la fiducia dei mercati", un eufemismo utilizzato per occultare politiche a favore delle classi ricche e degli speculatori della finanza, scaricandone i costi sulle classi popolari e i dirtti sociali della maggioranza della popolazione.

Anche se la classi ricche hanno una certa paura che la cancellazione degli aiuti pubblici verso alcuni settori produttivi spinga il sistema verso un approfondimento della crisi, esiste un certo consenso tra loro sul perno su cui devono poggiare e ruotare i piani di riforme che si stanno promuovendo in diversi paesi. Il nucleo centrale di questi pacchetti legislativi consistono nella riduzione della spesa pubblica per diminuire il deficit dello Stato, in modo tale che i debiti che questi paesi contraggono, e che la banca internazionale acquista, abbiano la garanzia di un alto livello di credibilità/affidabilità.

Un altro aspetto delle politiche atte al "recuperare le fiducia dei mercati" è costituito dagli attacchi diretti alla classe lavoratrice, al reddito da lavoro dipendente. Questi attacchi consistono principalemente, da un lato, nel riformare il mercato del lavoro per ridurre al minimo il costo del licenziamento e, dall'altro, frenare ancora di più, dopo anni di moderazione salariale, la crescita dei salari. Si produce così un trasferimento diretto di risorse dal Salario al Capitale.

In questo consiste la formula neoliberale per uscire dalla crisi: austerità nella spesa pubblica, impoverimento delle classi popolari e aumento del tasso di profitto per le classi ricche.

Numerosi economisti sono critici sul fatto che questa formula possa portare ad una reale soluzione, affermando che qualsiasi riduzione della spesa pubblica, come delle entrate delle famiglie - attraverso il congelamento/riduzione dei salari -, avrà come risultato quello di non permettere un recupero del consumo, elemento centrale sul quale poggia il progredire della crisi. Ancora di più quando la banca è preoccupata sulla possibilità di riaprire il rubinetto del credito.

No perchè non ne tragga beneficio, ma perchè è preoccupata di non poter recuperare il proprio credito una volta prestato, visto il livello di "sovraindebitamento" privato che essa stessa ha provocato.

I sindacati e la sinistra sociale si trovano di fronte, quindi, non solo ad un pacchetto di riforme antisociali (riduzione della spesa pubblica) promosso dallo Stato, o ad un semplice attacco ai proletari e alle proletarie (riforma del mercato del lavoro). Si tratta di un piano organizzato dalle classi ricche, e dagli organismi finanziari che li proteggono, responsabili diretti della crisi economica - i cui costi saranno scaricati sulla maggioranza della popolazione. Lo sciopero generale del 29 Settembre deve essere letto in questi termini, e deve essere per questo il punto di partenza del nostro piano di resistenza, analogo, simmetrico e opposto ai "grandi piani" delle classi ricche.

Il contesto in cui è stato indetto lo sciopero generale

Ad oggi, i grandi sindacati dello Stato spagnolo non vedono la cosa in questo modo. Lo sciopero generale del 29 Settembre è visto come la risposta che disgraziatamente hanno dovuto dare, a malincuore, dopo anni di compromessi con la patronal (la Confindustria spagnola, NdT) e col governo del PSOE, dopo il drastico cambio a favore del Capitale contro il Salario. Non interpretano questo sciopero come il passo iniziale di un grande piano di resistenza che necessariamente deve sviluppare la sinistra, vista la violenza dell'attacco sociale che si sta producendo.

La frustrazione e il malcontento generalizzato tra la classe lavoratrice e le classi popolari permetterebbero di mettere in moto un piano di resistenza ambizioso. Senza dubbio, la situazione in cui si trova moltissima gente, in particolare quelle persone che sono fuori da un ambito organizzato della sinistra sindacale e politica, si dimostra scettica circa l'utilità di una giornata di sciopero.

Nelle precedenti indizioni reali di sciopero generale (nel 2002 contro le misure di prtezione della disoccupazione del Partido Popular (PP) e nel 1988 contro il Piano per il Lavoro Giovanile del PSOE), fu necessario un solo giorno di sciopero per bloccare gli attacchi orchestrati da entrambi i governi. Le rispettive condizioni politiche, le relazioni di forza tra sindacati e patronal e la congiuntura internazionale del 1988 e del 2002 erano profondamente diverse da quelle in cui ci troviamo adesso, nel 2010 - il livello generale di mobilitazione dei sindacati nel 1988 era più alto e la enorme combattività registratasi negli ultimi due anni del governo del PP formavano parte di un processo di accumulazione di lotte che sarebbe continuato dopo il 2002.

Ad oggi, tanto i sindacati come la parte della popolazione non organizzata, sono coscienti che un solo giorno di sciopero non bloccherà i piani del Governo Zapatero.

Questo perchè esiste una coscienza sociale relativamente alla gravità della situazione economica e del fatto che i piani del governo non rappresentano misure isolate, bensì fanno parte, come abbiamo tentato di spiegare, di un intervento generale di differenti governi e delle classi dominanti per far fronte ad una crisi internazionale che ha raggiunto livelli storici.

Sfortunatamente, nello scetticismo circa l'indizione dello sciopero si mescolano differenti elementi. I sindacati maggioritari (confederali e concertativi, NdT) hanno progressivamente perso la propria credibilità di fronte a molti lavoratori - processo avviatosi già tre decadi fa -, dovuto alla loro implicazione nel modello corporativo dello Stato e tendente alla negoziazione che anticipa cancellazione di diritti e tagli salariali, oltre alla corruzione e alla sfacciataggine carratteristici di molti membri della burocrazia sindacale. Oggi è una opinione molto diffusa, anche se falsa, che il sindacato - in generale - rappresenta una struttura corrotta preoccupata esclusivamente del benessere dei propri iscritti, o che utilizza lo sciopero semplicemente come strumento politico per il proprio tornaconto.

Tutti questi pregiudizi prodotti dall'ideologia della destra si rinnoveranno attraverso i mezzi di comunicazione con l'avvicinarsi della data del 29 di Settembre.

Il relativo fallimento dello sciopero generale del pubblico impiego del passato 8 di Giugno non aiuterà che si sviluppi l'opinione, tra i settori non organizzati, che è necessaria e utile la mobilitazione del 29 Settembre.

Senza dubbio, altri elementi mostrano una tendenza positiva verso la mobilitazione. L'ultimo studio realizzato dalla CEOE (sigla ufficiale della Confindustria spagnola, NdT) - molto probabilmente arrotondato al ribasso - sulla conflittività nel mercato del lavoro nel primo semestre del 2010, individua una tendenza all'aumento del numero di scioperi (tendenza crescente dall'inizio della crisi), anche se non si registra lo stesso aumento nel numero di ore perse a causa degli stessi. Rispetto allo stesso semestre, però del 2009, il numero di scioperi è aumentato del 17%, mentre il numero dei lavoratori che hanno aderito agli stessi è aumentato del 280%, raggiungendo la cifra di circa un milione di lavoratori direttamente coinvolti.

La maggioranza degli scioperi non raggiungono una ripercussione mediatica significativa, ma sono stati numerosi i momenti di conflitto che si sono evidenziati per il loro livello di combattività, determinazione e partecipazione, come quello di Auto-Res o del Metro di Madrid. Questi scioperi, con grandi ripercussioni, hanno un valore speciale in quanto, di fronte allo stato di passività e rassegnazione in cui si vede immersa la classe lavoratrice, offrono una prospettiva di fiducia circa l'organizzazione collettiva e la capacità di resistenza nei confronti degli attacchi dei padroni. Senza dubbio, l'estensione e la diffusione pubblica del conflitto dovrebbe essere vista da parte delle organizzazioni sindacali come una missione di enorme importanza, e non come un fatto limitato ad una sola impresa. Disgraziatamente, CCOO e UGT, che stanno alla testa della maggioranza delle lotte sindacali, non hanno tra le loro priorità quella dell'estensione pubblica dei conflitti, al fine di generalizzare le esperienze e di consolidare l'appoggio sociale alle stesse.

Basta ricordare, in questo senso, l'enorme impatto dello sciopero dei conducenti di autobus di Barcellona nel 2009, guidata dalla CGT.

La situazione economica è di una gravità senza precedenti, ma non si può sperare in una esplosione del conflitto nel mercato del lavoro - con una cifra di disoccupati e disoccupate vicina ai cinque milioni - che, se anche fosse fortissima, di fatto non presupporrebbe una frattura sociale capace di destabilizzare il sistema. La classe imprenditoriale approfitta di questa situazione per imporre condizioni lavorative ogni volta peggiori e la paura di rimanere disoccupati fa si che i lavoratori le accettino.

Senza dubbio, qualsiasi attivista implicato nell'attività sindacale può comprovare come negli ultimi mesi sono molte di più le persone che si dirigono alle sedi sindacali in cerca di aiuto o con l'intenzione di denunciare i propri padroni. Anche se non esistono studi diretti recenti, di libero accesso, circa l'evoluzione legata all'iscrizione al sindacato, in quei settori e province nelle quali questo si sta realizzando, si può percepire una chiara tendenza all'aumento del numero di persone che pagano i contributi al sindacato (vedere al riguardo l'Inchiesta di Qualità di Vita del 2009). Nonostante la diminuzione del numero di persone che hanno lavoro dall'inizio della crisi (che sono quelle che entrano nei dati statistici di iscrizione sindacale del Ministero del Lavoro), la cifra delle persone sindacalizzate è cresciuta durante l'ultimo anno.

La cornice generale in cui si inserisce l'indizione dello sciopero del 29 Settembre risulta essere profondamente contradditoria, vista la forte spinta verso la rassegnazione che porta la disoccupazione. Ma esiste una tendenza di fondo verso un aumento delle resistenze che si concretizza nell'aumento del numero di scioperi, nell'aumento della loro radicalità e nell'aumento dell'attività sindacale. In questa situazione, le organizzazioni sindacali e politiche di sinistra hanno una enorme responsabilità: di fatto, dipende in gran parte da loro la possibilità di una reale rottura dello stato di passività e di una generalizzazione delle condizioni di lotta esistenti già in alcuni settori e imprese.

Il ruolo del sindacalismo non concertativo e la sinistra anticapitalista

I sindacati maggioritari si giocano molto con l'indizione dello sciopero del 29 Settembre, in quanto un suo fallimento in termini di partecipazione potrebbe minare ancora di più la loro credibilità e la loro capacità nell'affrontare le future lotte a livello di tutto lo Stato spagnolo. Ma non solo CCOO e UGT hanno molto da perdere se lo sciopero fallisse. L'insieme della classe lavoratrice in tutto lo Stato avrà perso un'opportunità importante per cambiare la situazione, per iniziare a frenare la spirale di attacchi e tagli. Una importante occasione di ricomposizione a livello organizzativo necessario per continuare la resistenza.

Il sindacalismo di sinistra, formato da alcuni settori con una lunga tradizione di lotte all'interno di CCOO e UGT, le piccole e medie organizzazioni sindacali alternative di carattere nazionale (LAB, CIG, SAT, IAC, CSI, etc.) o di livello statale, come la CGT o Co.bas, coincidono in una visione dello sciopero generale molto più ambiziosa: lo sciopero rappresenta il punto di partenza di una resistenza con maggior prospettiva e che inquadra gli attacchi del governo e della patronal all'interno di una politica neoliberale più generale che subiamo ormai da anni. Una visione che va ben oltre l'ambito strettamente lavorativo, come invece pensano CCOO e UGT.

Disgraziatamente, nessuna di queste organizzazioni, considerate singolarmente o insieme, conta oggi con un radicamento e una forza sufficiente capace di sfidare l'egemonia del sindacalismo "ufficiale". Anche se l'iscrizione a questi sindacati non ha smesso di crescere fin dagli anni 80, ancora si trovano lontani dal rappresentare un polo di attrazione sindacale capace di intervenire settore per settore, impresa per impresa. Senza dubbio, anche sul sindacalismo non concertativo e di sinistra ricade una grande responsabilità in questo sciopero generale: quella di far si che lo sciopero, li dove è presente, raggiunga il più alto livello possibile di combattività, fare in modo che risulti un esito e costruire in questo modo una base sufficiente per proseguire la mobilitazione fino a bloccare i tagli e la riforma stessa del mercato del lavoro.

Lotte come quelle del Metro di Madrid o l'ultimo sciopero nel settore pubblico del 8 Giugno dimostrano che, se il sindacalismo alternativo prende l'iniziativa, il sindacalismo "ufficiale" è obbligato a muoversi. In vari rami del settore pubblico dove il sindacalismo non concertativo conta con una presenza relativamente maggiore, lo sciopero fu indetto inquadrandolo in una maniera abbastanza differente da quello dei grandi sindacati: una buona campagna di controinformazione, assemblee di lavoratori con l'obiettivo della massima partecipazione possibile della base e sempre promuovendo una attività unitaria con tutti i sindacati. Il risultato è stato quello che, in quelle aziende e centri dove la campagna per lo sciopero fu promossa dai sindacati alternativi, CCOO e UGT si sono visti obbligati a seguire il ritmo e, di fatto, la partecipazione fu enormemente maggiore che in altri rami dove solo esistevano i sindacati concertativi e la CSIF. Adesso è necessario ripetere la giocata, ma con un respiro necessariamente più ampio, con mabizione e coordinazione.

Se vogliamo che lo sciopero sia ampiamente partecipato, è necessario che i lavoratori e le lavoratrici comprendano l'entità dei tagli sociali, la gravità della riforma del mercato del lavoro e la cornice generale in cui tutte queste manovre si inseriscono.

Non si riuscirà a far si che la gente vinca la paura del padrone, e decida di non lavorare in ogni azienda o centro di lavoro, senza una densa campagna di informazione e senza la promozione di assemblee dove le decisoni siano prese collettivamente, rompendo finalmente con l'individualismo con cui si tende ad affrontare la quotidianeità del lavoro.

Anche se non si può generalizzare un comportamento specifico da parte della burocrazia della CCOO e di UGT - sono grandi sindacati con iscritti diversi, molto eterogenei e caratterizzati secondo l'esperienza di lotta di ogni singolo ramo, settore o azienda -, queste tendono sempre a convocare le mobilitazioni dall'alto, senza promuovere assemblee di lavoratori, con una campagna di informazione debole, con una scarsa implicazione della base e utilizzando molto i delegati del personale che lavorano poco (o che non lavorano proprio) e che sono totalemente lontani dalla situazione reale e dai problemi quotidiani del resto dei propri compagni. In alcuni casi, non si convocano assemblee nei centri di lavoro perchè i "Comitati di impresa" dove dominano CCOO e UGT non vogliono, dovuto al possibile scontro con il padrone che questo presupporrebbe; in altre occasioni, i delegati sindacali e del personale dei sindacati maggioritari nemmeno sanno come farlo, di fatto vivono per la prima volta un'esperienza di questo tipo - il cambio generazionale nelle aziende è più veloce del ritmo con il quale si convocano gli scioperi.

In tutti questi tipi di iniziative di agitazione e propaganda, la sinistra sindacale normalmente si trova in condizioni decisamente migliori. Queste rappresentano il suo "terreno di gioco" e deve approfittare di questo vantaggio affinchè la campagna per lo sciopero acquisti un carattere combattivo dove i sindacati maggioritari e concertativi non vogliono o non possono darglielo. Nello stesso 29 è necessario che si viva un clima di sciopero nelle città e nei paesi, nei distretti industriali e nei complessi amministrativi. Questo clima può essere decisivo nel far si che molta gente che non è convinta decida alla fine di partecipare allo sciopero.

Per molto informativi che siano i picchetti che si organizzano, senza una loro posizione intransigente, senza blocchi, lucchetti, barricate e tutto quelle che dimostri potere della gente in strada, non si raggiungerà un clima di blocco generale.

Lo sciopero si vince nei posti di lavoro; su questo non c'è dubbio. La cosa più importante il giorno 29 Settembre è che la gente non vada a lavorare, ingrossi i picchetti e partecipi alle mobilitazioni.

Ma lo sciopero deve anche organizzarsi nei quartieri e intorno a quei settori sociali che i grandi sindacati normalmente lasciano al margine. Di fatto, il pacchetto di misure contro il deficit attacca anche i pensionati (congelandone la pensione) e la riforma del mercato del lavoro non fa altro che rendere sfacciatamente più facile ed economico il licenziamento, facendo si che la sacca della disoccupazione aumenti. Perciò è necessario e possibile promuovere la mobilitazione dei pensionati e dei disoccupati, così come di altri settori, con una enorme potenzialità, che hanno sofferto attacchi brutali duranti gli ultimi anni: gli studenti.

Tanto a Barcellona come a Siviglia, il 15 di settembre ci saranno assemblee generali a livello cittadino, pubbliche e aperte a lavoratori e lavoratrici, studenti, disoccupati e pensionati. Queste assemblee si realizzeranno in luoghi molto conosciuti di entrambe le città (Plaça Universitat a Barcellona e Plaza Nueva a Siviglia) e avranno come obiettivo quello di trasmettere l'idea che sarà necessario proseguire la mobilitazione anche dopo il 29 Settembre se si vorrà veramente bloccare i tagli e la riforma del mercato del lavoro. Ma vogliono anche tentare di attrarre e organizzare verso lo sciopero quei settori che vogliono mobilitarsi oltre l'ambito esclusivamente lavorativo. Entrambe le iniziative sono promosse dalla sinistra sindacale e anticapitalista, evidenziando il ruolo dei lavoratori e delle lavoratrici dell'azienda degli autobus metropolitani di Barcellona (TMB).

Queste tipo di iniziative rompono i limiti in cui il sindacalismo maggioritario vorrebbe rinchiudere l'indizione del 29 Settembre e rappresentano un esempio il cui spirito dovrebbe estendersi ad altri luoghi.

Il sindacalismo alternativo e la sinistra anticapitalista sono ancora relativamente piccoli. L'esito del 29 Settembre dipende dal fatto che CCOO e UGT prendano seriamente in considerazione la chiamata dello sciopero, più che l'attività che possono sviluppare i settori sindacali e politici alla loro sinistra. Senza dubbio, come già abbiamo detto, ricade una enorme responsabilità sui sindacati e le organizzazioni coerentemente di sinistra.

Con un buon lavoro si potrà marcare la differenza, rinforzarsi e contribuire affinchè la prossima indizione di uno sciopero generale non sarà tra anni, ma, al contrario, questione di mesi.

* Miguel Sanz Alcántara è membro del Sindicato Andaluz de Trabajadores (SAT) e militante di En lucha.

Fonte: www.rebelion.org

TRADUZIONE A CURA DI ZEISTAR, ANDALUCIA.

per contatti: zeistar17@gmail.com

Miguel Sanz Alcántara *

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