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Paradiso perduto

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(26 Novembre 2010)

LAZIO. Insorgono le associazioni per i diritti delle donne contro la proposta di legge di riforma dei consultori. In un sit in davanti alla Regione, tornano a denunciare il rischio di «un servizio ideologizzato e integralista».

Brutta giornata, quella di ieri, per Renata Polverini e la sua Giunta. La Sala Liri della Regione Lazio è stata perfino occupata da una rappresentanza dell’Unione sindacale di base e del coordinamento lotta per la casa. Oggetto del contendere, nella Giornata che le Nazioni Unite dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne, è lo smantellamento del welfare femminile. Fuori dal palazzo della Regione, una manifestazione di femministe e associazioni per i diritti delle donne ha rilanciato la battaglia per la difesa dei consultori familiari pubblici, dal maggio scorso esposti agli effetti di una pretesa riforma (la cosiddetta legge Tarzia) che aprirebbe i centri ad associazioni volontarie, anche private, ispirate ai valori cattolici della «famiglia tradizionale», con tanto di assistenza da parte di non meglio identificati “esperti in bioetica”. Per chi volesse continuare una gravidanza, prima indesiderata, la promessa di un assegno di sostegno economico varrà come incentivo. Ma soltanto per chi, ravvedutosi, resta sotto la soglia di povertà.

Ieri, accanto agli striscioni e ai cartelli della neo rete “Assemblea permanente delle donne”, istituito proprio in reazione alla presentazione del disegno di legge regionale a firma di Olimpia Tarzia, sono comparse una decina di sostenitrici della consigliera del Pdl. «Una provocazione cui non abbiamo ceduto», hanno dichiarato le manifestanti di fronte all’esiguo controcorteo. Sul suo sito web, Tarzia risponde alle tante critiche che l’hanno assalita rievocando gli alti tassi di interruzioni di gravidanza nella regione e finendo col paragonare il numero globale di aborti «a quelli provocati dalla Seconda guerra mondiale, considerata “l’evento più distruttivo della storia umana”». Tra i sostenitori della consigliera, per citarne alcuni, il Moige, il Rinnovamento nello Spirito santo, l’Unione cattolica farmacisti italiani, il Movimento italiano casalinghe, l’Alleanza evangelica italiani e la Compagnia delle opere.

Dall’altro lato, riunite nell’Assemblea permanente, le realtà più autorevoli del mondo della politica, sindacati e consultori che contestano l’iniziativa regionale, come i principi cui sembra ispirarsi. Innanzitutto «non è vero che il 50 per cento delle persone che si rivolgono ai consultori decide di abortire», ha chiarito Francesca Koch della Casa internazionale delle donne. Con il prezzemolo in mano, simbolo di pratiche clandestine ormai abolite, le manifestanti hanno rivendicato la funzione di «sostegno alla salute, alla nascita, agli adolescenti» dei consultori. Queste strutture, ha aggiunto Claudia Bella del Coordinamento donna della Cgil, hanno il merito di «essere presenti sul territorio, garantendo professionalità, anonimato e gratuità della prestazione». Con la nuova legge, poi, chi lascerà il proprio nominativo al servizio potrà essere ricontattato per fornire indicazioni sul proprio personale convincimento; sembrerebbe un supplemento di sostegno psicologico se non fosse che, controbatte Bella, «nasconde una forma di controllo sociale e di invasione nella privacy della persona, che in alcuni casi può anche esporre la donna a dei rischi ulteriori».

Se il primo censimento, pubblicato lo scorso lunedì dall’associazione Il Paese delle donne, ha messo in evidenza carenza e problematicità dei consultori familiari pubblici, questo dipende dalla mancanza di progettualità e di risorse. Negli ultimi due anni ne sono stati chiusi o accorpati 186 e «quest’estate la Regione Lazio ha tagliato circa 1,5 milioni di euro ai consultori», come ha denunciato Bella chiedendo il ritiro di una legge «non altrimenti emendabile». A 35 anni dalla loro istituzione queste strutture di assistenza socio-sanitaria sono finite nel mirino di scelte politiche che, secondo Francesca Koch, «appartengono a una visione organica di distruzione dei diritti conquistati negli anni Settanta». Dall’annullamento dei registri del testamento biologico all’idea del matrimonio al solo scopo di procreare, ecco che «il Lazio sta diventando il terreno di prova per precisi interventi a livello nazionale».

Dina Galano - Terra

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