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La fatalità

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(25 Novembre 2008) Enzo Apicella
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(20 Dicembre 2010)

scontri a roma

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Come certi vecchi col terrore della morte davanti agli occhi la Destra di governo ha la fobìa della protesta studentesca. Perciò brucia le tappe, inventa scenari drammatici e per cancellare ogni dissenso giovanile pensa a ingabbiarlo preventivamente. La metafora non è fittizia per soggetti come Gasparri, nutrito di saghe nordiche e invidioso dei camerati tosti capaci di quello squadrismo assassino che lui sapeva solo predicare. Quei camerati infatti ricordano la codardia sua, di Fini e d’altri saliti in alto. Virtualmente però Gasparri è sempre stato un miliziano, innamorato di metodi draconiani, affascinato da manette e torture alla Bolzaneto. Sistemi che tornano periodicamente a galla nel personale sogno di volersi aggirare in strada come facevano le canaglie saloine nell’Italia occupata dalla Wehrmacht. La democrazia che Gasparri agogna è quella che più somiglia ai regimi del golpe, cileno e argentino, dove i cuori neri della casa madre missina riparavano dopo i misfatti realizzati per conto dei Servizi e insieme ai loro agenti non solo italici. Al livore dell’ex fascista il premier lascia la scena per vedere qual è l’effetto d’una proposta che è antipasto piuttosto che boutade, poiché tutta la Destra di governo - dalla Lega razzista alla maggioranza silenziosa del Pdl - adora l’idea dello Stato forte. E contro quella sovversione per antonomasia che è l’opposizione vorrebbe ampliare il fronte perché no anche ai benpensanti del centro-sinistra.

Smanie da ricorsi storici palesemente traditi dalla fretta gasparriana di parlare di 7 aprile, di aleggiare fantasmi di un’insurrezione strisciante come nei Settanta, cui s’aggiunge un coro non proprio circoscritto che avanza l’equazione violenza uguale terrorismo. Un refrain caro a tanta repressione preventiva che in quell’epoca ampliava la sua trasversalità a tutte le forze che si richiamavano all’arco costituzionale. Ora l’amata (e da taluni) odiata Costituzione decreta, fra le altre libertà, all’articolo 17 quella di riunione e manifestazione per ogni cittadino. I censori dell’attuale movimento studentesco sottolineranno il “riunirsi pacificamente e senz’armi” un presupposto che gli studenti hanno fatto e continuano a far proprio. Armi non sono considerati dalla legge e dalle consuetudini né i fumogeni né le generiche aste di bandiera che pure nei momenti caldi dello scorso 14 dicembre sono comparsi in mano a numerosi di loro. E ancora frutta e vernice, quelle sì portate da casa, le pietre no. I sassi gettati contro i lacrimogeni delle Forze dell’Ordine erano i sampietrini di cui sono lastricate le vie capitoline ed erano raccattate da terra, come nella secolare tradizione dei tumulti di piazza, a conferma di nessuna fantomatica preparazione di scontri. Se non si vuole incrementare il già ampio divario esistente fra la generazione dei senza futuro e il sistema dei partiti, quest’ultimi non possono aggiungere alla privazione del domani anche quella della libertà di esprimersi e manifestare.

20 dicembre 2010

Enrico Campofreda

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