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Israele: stretta sulle condizioni dei detenuti palestinesi

A 5 anni dalla cattura del soldato Gilat Shalit, il premier Netanyahu annuncia l’inasprimento delle misure detentive per i palestinesi. Si inizia con il divieto di studiare.

(25 Giugno 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Israele: stretta sulle condizioni dei detenuti palestinesi

un prigioniero palestinese in un carcere israeliano - foto: www.nena-news.com

DI EMMA MANCINI

Roma, 25 luglio 2011, Nena News (nella foto, un prigioniero palestinese in un carcere israeliano) - Le condizioni di vita dei prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliani peggioreranno. Parola di Benjamin Netanyahu. Il primo ministro israeliano ha annunciato un’ulteriore stretta del già disumano trattamento dei detenuti palestinesi con l’obiettivo di costringere Hamas a liberare il soldato Gilad Shalit, prigioniero a Gaza dal 2006.

Il premier non ha fornito indicazioni in merito, evitando di dire quali saranno le nuove misure detentive. Di sicuro quello che il governo di Tel Aviv imporrà nelle carceri israeliane sarà il divieto di studiare. Un “privilegio”, come è stato definito dalle autorità, quello di poter accedere all’istruzione. E se per la legge internazionale si tratta di un diritto e non certo di un mero privilegio, Netanyahu giustifica la decisione con la solita eccezionalità israeliana: la sicurezza prima di tutto, Israele è nato ed è tuttora fondato su uno stato continuo di emergenza. “Pur prestando attenzione alla legge internazionale e ai trattati sottoscritti – ha detto il premier israeliano, ripreso dall’agenzia italiana Infopal – all’attuale stato dei fatti, Israele può ritenersi esonerato da certe logiche”.

Parlando giovedì scorso alla Conferenza Presidenziale a Gerusalemme, ha continuato: “Ho detto basta all’assurda procedura per cui terroristi detenuti nelle carceri israeliane per aver ucciso degli innocenti possano accedere agli studi universitari. Non ci saranno lauree specialistiche in omicidio o dottorati in terrorismo”.

Una dichiarazione che ha aperto la strada all’inasprimento di condizioni di vita già pessime. A marzo del 2009, una commissione parlamentare israeliana aveva redatto un elenco di divieti espressamente diretti ai prigionieri politici di Hamas: ulteriore limitazione delle già scarse visite familiari e impossibilità di avere contatti fisici con mogli e figli, divieto di accedere a televisione, radio e quotidiani, divieto ad incontrare il proprio legale.

Secondo la ICRC (International Committee of the Red Cross), dal 2007 ad oggi sono oltre 700 le famiglie di Gaza ha cui è stato impedito di incontrare parenti detenuti in Israele. Mentre dai dati forniti dall’Autorità Palestinese si evince che sono 6mila i palestinesi prigionieri nelle carceri israeliani, di cui 219 in detenzione amministrativa, senza alcuna accusa formale.

Israele: stretta sulle condizioni dei detenuti palestinesi

Il caporale dell'esercito israeliano Gilad Shalit, prigioniero di Hamas dal 2006 - foto: www.nena-news.com

Non si è fatta attendere la risposta di Hamas, che ha accusato Tel Aviv di dare i prigionieri palestinesi in pasto alla propria opinione pubblica: “La decisione del governo di occupazione – ha detto il portavoce del gruppo islamista, Sami Abu Zurhi, riportato da Infopal – è una reazione alla propria incapacità di accedere a informazioni sul caporale rapito dalla resistenza palestinese nel 2006, Gilad Shalit”. “Le ultime misure punitive contro i prigionieri palestinesi – ha proseguito – sono una mossa per oscurare il fallimento israeliano nel raggiungere un accordo per lo scambio dei detenuti”.

Oggi, 25 giugno, è il quinto anniversario dalla cattura da parte di Hamas del caporale Shalit. Il soldato, all’epoca diciannovenne, fu fatto prigioniero a Sud di Israele, al confine con la Striscia di Gaza dove si pensa sia detenuto ancora oggi. Da giorni sul partito islamico palestinese piovono richieste di liberazione da parte di istituzioni, Stati e associazioni. A partire dall’Unione Europea fino agli Stati Uniti, tutti chiedono ad Hamas di porre fine alla lunga prigionia.

Ieri è giunto anche un comunicato congiunto di organizzazioni per i diritti umani israeliane, palestinesi ed internazionali. La dichiarazione, firmata dall’israeliana B’Tselem, dalla gazana Palestinian Center for Human Rights, da Amnesty International, Human Rights Watch e altre otto associazioni, è stata redatta in inglese, arabo ed ebraico e chiede la liberazione immediata di Shalit: “Le persone che lo tengono prigioniero non gli permettono di comunicare con la famiglia, né forniscono informazioni sulle sue condizioni. Tale condotta è disumana e viola il diritto umanitario internazionale. Le autorità di Hamas dovrebbero permettere alla Croce Rossa di incontrarlo”.

Lo stesso Comitato Internazionale della Croce Rossa, dalla sede centrale di Ginevra, ha fatto appello ai militanti di Hamas perché dimostrino che Shalit è ancora in vita (l’ultimo messaggio video del caporale risale a settembre del 2009), richiesta che è rimasta lettera morta. “La Croce Rossa – ha detto il portavoce di Hamas, Abu Zuhri, all’agenzia Reuters – non dovrebbe farsi coinvolgere nel gioco della sicurezza di Israele. Dovrebbe prendere una posizione per porre fine alle sofferenze dei prigionieri palestinesi”.

Hamas, insomma, non pare piegarsi alle pressioni internazionali, intenzionata a proseguire sulla via dello scambio di prigionieri. La Croce Rossa, attraverso le parole di Jean Pierre Schaerer, capo della delegazione ICRC in Israele e nei Territori Occupati, ha fatto sapere di essere pronta a facilitare lo scambio di detenuti voluto da Hamas, sottolineando però che “non ci sono reciprocità tra la situazione di Gilad Shalit e quella dei detenuti in Israele. Entrambe le parti hanno degli obblighi, indipendentemente da quello che l’altro sta facendo”.

Ma l’annuncio del premier israeliano di inasprire le condizioni di vita dei prigionieri palestinesi pare confermare che una sorta di reciprocità esiste. E Hamas non cede, forte del fatto che le condizioni in cui Shalit è detenuto sono le stesse in cui sono costretti seimila prigionieri palestinesi, condizioni riportate dalla stessa Croce Rossa. L’ICRC continua a chiedere a Israele di facilitare le visite dei familiari ai detenuti provenienti dalla Striscia di Gaza. Alcune famiglie non riescono ad incontrare da decenni mariti, figli e figlie incarcerate durante la Prima Intifada.

Nena News

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