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Yemen, quale exit strategy per il paese?

Naufragato il piano del Consiglio di Cooperazione del Golfo e rimandata anche la possibilità di una roadmap stilata dall’ONU, il paese resta nel caos e con il presidente in “esilio”; le agenzie umanitarie lanciano l’allarme: sarà la nuova Somalia.

(8 Settembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Yemen, quale exit strategy per il paese?

foto Asia News

Roma, 08 settembre 2011, Nena News (foto Asia News)- Tre mesi dopo la partenza forzata del Presidente Saleh, inseguito all'attacco dinamitardo che lo ha visto vittima nel suo palazzo, l’impasse politico in Yemen rischia di degenerare ancora di più in uno scontro aperto tra i fedelissimi del presidente in "esilio" e i suoi oppositori.

Dall’ inizio della settimana, sulla stampa araba è apparsa la notizia della possibilità un incontro – forse a breve – in cui alti vertici del governo yemenita potrebbero – incontrandosi con le forze dell’opposizione - considerare la discussione congiunta di un piano, una sorta di roadmap, proposta dalle Nazioni Unite, affinché Saleh affidi il potere al suo vice, Abdrabuh Mansur Hadi (che è anche il segretario del partito di governo che attualmente detiene il potere). Ieri invece è arrivata la smentita: prima di qualsiasi incontro con il partito al potere (quello governativo) – l’opposizione vuole le dimissioni certe di Saleh; mentre i fedelissimi al presidente rifiutano qualsiasi ipotesi di elezioni anticipate, dal momento che considerano Saleh il legittimo presidente fino al 20 settembre 2013.

Il piano, è il frutto della visita dell’inviato delle Nazioni Unite, Jamal Benomar a luglio nel paese, in sostegno al piano del Consiglio di Cooperazione del Golfo, rifiutato con forza da Saleh.

Quattro i punti principali in concreto: il potere passerebbe in mano al vice-presidente, vi sarebbe poi un periodo di transizione dai 3 ai 6 mesi, con la formazione di un governo di riconciliazione nazionale; tutti i vertici militari subiranno una ristrutturazione; durante il periodo di transizione, si attueranno i preparativi per nuove elezioni presidenziali.

La roadmap stilata dalle Nazioni Unite non è molto lontana nei contenuti dal piano elaborato dal Consiglio di Cooperazione dei paesi del Golfo (Kuwait, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Oman e Arabia Saudita); unica sostanziale e non da poco differenza sta proprio nella riforma dei vertici militari, che attualmente sono in mano all’entourage del presidente o a membri della sua famiglia. Il presidente nel frattempo rimane in convalescenza a Riyadh, nonostante l’altisonante annuncio di un ritorno a breve, diffuso poche settimane fa.

Secondo gli analisti politici, la discussione di un piano ONU, si deve all’escalation di violenza che ha caratterizzato gli ultimi giorni: ancora domenica scorsa migliaia hanno sfilato a Saana, dandosi appuntamento nella piazza antistante l’Università– soprannominata la Piazza del cambiamento - mentre le forze governative fedeli al presidente venivano schierate già da sabato pomeriggio alle porte della capitale. Si temeva il peggio alla luce della minaccia dei gruppi oppositori di “ricorrere alla violenza e alle armi” (come avvenuto in Libia) per deporre il presidente; minaccia poi ritirata in un comunicato stampa ufficiale rilasciato lunedì dal partito islamista conosciuto come Joint Meeting Parties (JMPs).

Non si arrestano nemmeno i disordini e le violenze nel sud del paese, nella provincia di Abyan, dove le forze yemenite hanno compiuto raid su punti strategici, ritenuti obiettivi qaedisti, uccidendo 7 civili e ferendone altri 3. Jaar, 12 km a nord di Zinjibar, è il capoluogo di Abyan e è in mano al gruppo islamico “partigiani della sharia” da maggio.

Le reiterate violenze nel sud del paese e il conseguente aumento del numero degli sfollati (nella zona di Abyan oltre 100.000), soprattutto nella provincia di Abyan e nel distretto di Arhab (vicino alla capitale) stanno compromettendo la salute delle fasce più deboli della popolazione, soprattutto i bambini: a lanciare l’allarme in questi giorni è l’UNICEF, che parla dello Yemen come “della prossima Somalia” in termini di malnutrizione infantile.

Un recente studio delle agenzie umanitarie nelle regioni di Haradh, Bakeel Al Meer e Mustaba (provincial di Hajjah) ha rilevato come la percentuale di bambini malnutriti sotto i 5 anni è del 39%. Tra i problemi riferiti dalle famiglie anche disidratazione, vomito e perdita di appetito.

Secondo i dati diffusi da IFPRI (The International Food Policy Research Institute) nel mese di dicembre 2010, è lo Yemen ad avere la più alta percentuale di malnutrizione infantile, tra tutti i paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. E’ sempre lo Yemen a distinguersi per la percentuale più alta di mortalità materna, con numeri allarmanti: in base ai dati statistici 365 su 100.000 donne in età riproduttiva, muoiono durante il parto. Nena News

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