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A betlemme, sciopero del pane

Da lunedì i fornai della città hanno incrociato le braccia contro la decisione dell’Autorità Palestinese di ridurre il prezzo del pane. Una risposta alla crisi economica, un aiuto alle famiglie, dicono dal Ministero dell’Economia. Che promette punizioni alle panetterie chiuse.

(14 Settembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

A betlemme, sciopero del pane

un fornaio palestinese - foto: www.nena-news.com

EMMA MANCINI

Beit Sahour (Cisgiordania), 14 settembre 2011, Nena News (nella foto, un fornaio palestinese) – Samer si scusa, ma oggi non c’è pane per preparare felafel: “I fornai di Betlemme sono in sciopero da ieri (lunedì, ndr). Non sappiamo quanto durerà. Forse finirà domani, forse dopodomani. Inshallah”. Nella città palestinese è di scena lo sciopero del pane dopo che l’Autorità Palestinese ha imposto durante il mese di Ramadan la riduzione del prezzo del pane, per provare a tamponare la crisi economica che sta seriamente colpendo le famiglie palestinesi.

Se a luglio un chilo di pane costava 4 shekel (poco meno di un euro), ora il Ministero dell’Economia lo ha ridotto a 3.5 shekel. Provocando la rabbia dei fornai che hanno deciso di incrociare le braccia. “Una decisione unilaterale che ci danneggia – spiega Ramzin, fornaio di Beit Sahour, sobborgo di Betlemme – La crisi non può ricadere su di noi. È vero che le famiglie palestinesi fanno fatica a causa dei salari bassi, ma anche noi dobbiamo sostenere le nostre famiglie. Il prezzo della farina non si è abbassato, i costi che dobbiamo sostenere sono rimasti invariati. L’unica cosa che cambia con questa imposizione è che incassiamo di meno”.

Taher Danoun, direttore del Ministero dell’Economia a Betlemme, ha spiegato che tale decisione è nata sulla base di uno studio coordinato con gli specialisti dell’Autorità Palestinese e un team di ricercatori: “Con il nuovo prezzo del pane – ha detto – il guadagno netto nelle tasche dei fornai è del 17%, un tasso assolutamente alto e onesto. In ogni parte del mondo, non solo in Palestina, il tasso non dovrebbe superare questo livello”. Insomma, i fornai si devono accontentare, soprattutto a causa della crisi economica che sta investendo i Territori: “Un’ulteriore crisi non è affatto necessaria”, ha concluso.

Ma i fornai non paiono volersi piegare, almeno a Betlemme, unica città nei Territori Occupati interessata allo sciopero. A Ramallah i fornai non ne sanno niente: “Sciopero? No, non siamo in sciopero – ha risposto stupito Amer, da dietro il bancone della sua panetteria – Lavoriamo normalmente, il prezzo del pane è stato abbassato durante il Ramadan, il mese scorso, ma va bene così”.

“Non sapevo dello sciopero – ha detto Amira – Lavoro a Ramallah, ma vivo a Tulkarem. In nessuna delle due città i fornai stanno scioperando. Alla fine si tratta di un problema che non riguarda solo la Palestina, ma tutto il mondo. La crisi economica è forte e coinvolge tutti”.

A betlemme, sciopero del pane

Una donna palestinese mentre compra del pane al mercato - foto: www.nena-news.com

A Betlemme, le autorità promettono punizioni. Il direttore del dipartimento di protezione dei consumatori del Ministero dell’Economia, Aded Ilhamid Mazhar, ha detto che organizzerà ispezioni in tutte le panetterie del distretto: quelle chiuse saranno denunciate al procuratore generale.

Una situazione che ricorda quella della Tunisia pre-rivoluzione. Ma allora a protestare per il costo della vita ormai insostenibile non erano i fornai, ma i consumatori, le famiglie. Il pane era diventato a Tunisi il simbolo della rivolta. In Palestina, al contrario, sono le panetterie a chiudere le saracinesche, in protesta contro la decisione di ridurre il prezzo della loro fonte di sostentamento. A pochi giorni dalla richiesta di indipendenza dello Stato palestinese alle Nazioni Unite, lo sciopero dei fornai è un ulteriore esempio delle difficoltà economiche che un Paese senza un’economia solida sarà costretto ad affrontare.

Un’economia che da decenni è totalmente dipendente da quella dell’occupante israeliano, che controlla unilateralmente risorse finanziarie e materiali. “Io lavoro per il governo – ha concluso Amira – e so le difficoltà che l’Autorità Palestinese è costretta ad affrontare. È impossibile pagare i salari dei dipendenti pubblici se Israele blocca il trasferimento del denaro derivante dal pagamento delle tasse palestinesi al governo di Ramallah. Perché funziona proprio così: noi paghiamo le tasse, le tasse le incassa Israele e solo dopo il loro Ministero dell’Economia israeliano le gira all’AP. Se è vero che i fornai stanno scioperando, beh, stanno commettendo un errore: non è colpa dell’AP se non ci sono soldi”. Nena News

Nena News

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