">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Imperialismo e guerra    (Visualizza la Mappa del sito )

Araba Fenice

Araba Fenice

(23 Novembre 2012) Enzo Apicella

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Palestina occupata)

Territori occupati, la piaga del lavoro minorile

La crisi economica ed educativa, frutto anche dell'occupazione militare, alla base dell'impiego di bambini nel mondo del lavoro. In Cisgiordania il 5% della forza lavoro è rappresentata da minori. E per portare soldi a casa, abbandonano la scuola.

(29 Settembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Territori occupati, la piaga del lavoro minorile

Un bambino palestinese in uno dei tunnel di collegamento tra l’Egitto e la Striscia di Gaza, fonte B’Tselem

EMMA MANCINI

Beit Sahour (Cisgiordania), 29 settembre, Nena News (nella foto, un bambino palestinese in uno dei tunnel di collegamento tra l’Egitto e la Striscia di Gaza, fonte B’Tselem) – In Cisgiordania più di un bambino su 20 è costretto a lavorare. È esattamente del 5.4%, secondo i dati forniti dal Ministero del Lavoro palestinese, la quota di bambini tra 5 e 17 anni con un impiego formale o informale. Un dato al ribasso, vista la difficoltà a calcolare il reale numero di bambini lavoratori. E la situazione sta peggiorando con il passare degli anni, strettamente connessa alla crisi economica che sta investendo i Territori Occupati.

Le famiglie necessitano di più entrate possibili e i bambini diventano braccia in più, sottopagate e spesso costrette a impieghi pericolosi e usuranti: i terreni agricoli nella Jordan Valley, i tunnel di Gaza, ristoranti e trasporti. Seppur la legge palestinese sul lavoro del 2000 consideri illegale il lavoro minorile sotto i 15 anni d’età e specifici tipi di impiego considerati pericolosi per un bambino.

Le statistiche del Ministero del Lavoro parlano di una percentuale media di lavoro minorile pari al 3,7% nel 2009 (5,4% in Cisgiordania e 0.9% a Gaza). Ma dal dicastero sottolineano la difficoltà a calcolare con precisione il numero di bambini palestinesi occupati a causa della significativa incidenza del lavoro nero. La stragrande maggioranza dei bambini tra 5 e 17 anni lavora all’interno delle attività familiari senza ricevere alcun salario. “Nel 2008 i minori regolarmente impiegati erano 29.249 – spiega a Nena News l’associazione Save The Children – ovvero il 5% della forza lavoro totale nei Territori Occupati. Di questi circa il 70% dei maschi e il 91% delle femmine lavoro in negozi o imprese familiari e non guadagnano alcun salario”.

Stessa situazione nel 2009, come emerge dai dati del Ministero: il 67,3% dei bambini lavoratori è impiegato dalla famiglia senza ricevere un salario (il 98% delle femmine e il 63,3% dei maschi). Solo il 27,6% della forza lavoro minorile lavora fuori dal contesto familiare e riceve una paga, mentre il 5,1% lavora in proprio, ovvero per le strade, nel traffico e nei mercati. Del totale della forza lavoro minorile, il 47% è impiegato in agricoltura, il 27% in ristoranti ed hotel e il restante 26% in altre attività economiche, perlopiù costruzioni, trasporti e servizi.

I rischi corsi sono innumerevoli. La situazione più grave si registra negli appezzamenti agricoli della Jordan Valley, controllati quasi interamente dalle colonie israeliane: secondo i dati forniti dall’International Labour Organization, nel 2008 erano 1.900 i bambini impiegati nelle colonie, perlopiù nella raccolta di datteri.”Il Ministero degli Affari Sociali e altre agenzie – spiegano da Save The Children – dicono che i bambini impiegati nelle colonie in Cisgiordania o dentro Israele non beneficiano di alcuna protezione, né sociale né fisica”.

Lavori duri e pericolosi. Come i tunnel di Gaza. Fin dal 2006, anno di inizio del blocco israeliano contro la Striscia, i bambini sono impiegati nei tunnel che collegano Gaza all’Egitto: la loro statura permette loro di infilarsi sottoterra e raggiungere il territorio egiziano per recuperare beni di prima necessità o materiali di costruzione. Seppur i dati non siano certi, sono stati centinaia gli incidenti che hanno provocato la morte o il ferimento di minori, incidenti dovuti al collasso dei tunnel, all’inalazione di gas tossici o ai bombardamenti dell’aviazione israeliana.

Territori occupati, la piaga del lavoro minorile

Una maestra accompagna a scuola i bambini durante un’incursione israeliana a Al-Yamoun, vicino Jenin, nel 2005 (fonte Ma’an News)

“La conseguenza del lavoro minorile – continua Save The Children – è l’incremento preoccupante del tasso di abbandono scolastico. Il Ministero dell’Educazione mostra come, nonostante il tasso di scolarizzazione sia piuttosto alto nei Territori Occupati, la qualità dell’educazione impartita stia peggiorando a causa del deterioramento della situazione economica e umanitaria. I bambini incontrano spesso ostacoli materiali nel raggiungere la scuola e gli istituti non riescono ad offrire attività extracurricolari. Questi fattori, combinati con la povertà e l’alto tasso di disoccupazione, spingono i bambini a lasciare la scuola e entrare a far parte della forza lavoro: il 39,8% dei bambini lavoratori nei Territori ha abbandonato gli studi”.

Per un mondo del lavoro che li discrimina: “Solo l’1,6% dei bambini legalmente occupati – prosegue l’associazione – ha un contratto completo e soltanto il 3,3% riceve il pagamento degli straordinari. Mentre il 67% non ha ferie né malattia pagate e il 33% non viene pagato per lavorare nel finesettimana”. “In teoria, secondo quanto previsto dalla legge del 2000 – spiega a Nena News Amira Mustafa del Democracy and Workers’ Rights Center – i bambini non possono lavorare se sotto i 15 anni e fino alla maggiore età hanno diritto a tre settimane di ferie l’anno. Inoltre, l’orario giornaliero di lavoro non può superare le sette ore”.

Ed infine i “bambini da uno shekel”. Ovvero i minori impiegati per l’intero giorno nei mercati, per le strade, vicino ai checkpoint, bambini che tentano di vendere per uno shekel o poco più la loro mercanzia. “I checkpoint israeliani – spiega il Palestinian General Federation of Trade Unions – sono il naturale punto di ritrovo per questi bambini, che approfittano delle lunghe code per vendere fazzoletti, frasi del Corano o frutta. Lavorano una media di 9 ore e mezzo al giorno, con picchi di 12 ore, per guadagnare a fine giornata 20 shekel (circa 8 euro), nel timore continuo di essere arrestati dall’esercito israeliano o dalla polizia palestinese”. Nena News

Nena News

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie del dossier «Palestina occupata»

Ultime notizie dell'autore «Nena News»

3299