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Italia esulta per vendita aerei m-346 a israele

Ma il contratto viola lo spirito della legge 185 del 1990 che vieta le esportazioni di armi ai paesi belligeranti e ai governi responsabili di violazioni delle convenzioni sui diritti umani.

(24 Febbraio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Italia esulta per vendita aerei m-346 a israele

foto: nena-news.globalist.it

LUCIANO BERTOZZI*

Roma, 24 febbraio 2012, Nena News - L’aereo M-346 fabbricato da Alenia Aermacchi (gruppo Finmeccanica) si è aggiudicato la commessa con Israele, per la fornitura di 30 velivoli da usare per addestrare i piloti. La vendita è un affare da un miliardo di dollari. La firma del contratto è prevista nel corso di quest’anno mentre la consegna degli aerei avverrà a partire dal 2014.

«Ringraziamo il ministero della difesa israeliano per la fiducia riposta e la scelta dell'M-346 che conferma l’eccellenza del prodotto - ha commentato la notizia Giuseppe Giordo, amministratore delegato di Alenia Aermacchi e responsabile del settore aeronautico di Finmeccanica -, frutto della professionalità e della capacità delle risorse di Alenia Aermacchi». «Questo nuovo e importante traguardo - ha affermato Giordo - rappresenta il risultato della collaborazione sinergica tra l’industria e le istituzioni italiane e costituisce un successo di grande valore per l'industria aeronautica italiana dell'alta tecnologia e per l’intero sistema paese».

L’aereo, prodotto a Venegono Inferiore (Varese), può anche essere equipaggiato con armi e bombe ed essere trasformato in caccia leggero. M-346 fino a poco tempo fa ha avuto poco successo, è stato acquistato recentemente dall’aeronautica militare italiana e da quella di Singapore. Al paese asiatico ne sono stati venduti dodici esemplari e la consegna dei primi M- 346 è programmata per il2012. Inoltre esiste la possibilità di ulteriori commesse: negli Emirati arabi uniti è in lizza per la fornitura di 48 aerei.

La vendita fa parte di un accordo più ampio fra i Italia e Israele, del valore complessivo di due miliardi di dollari. La commessa da un miliardo vinta dall’azienda italiana sarà compensata da Israele, che venderà al nostro paese armi per un importo equivalente. Non sono stati forniti dettagli in merito, tuttavia nel pacchetto potrebbero essere compresi i velivoli senza pilota (UAV), in cui l’industria israeliana è assai avanzata. La Borsa ha reagito positivamente alla notizia e il valore delle azioni Finmeccanica è salito del 2%.

Se il contratto sarà perfezionato assisteremo ad una plateale violazione dello spirito della legge 185 del 1990 che nel disciplinare le vendite di armi vieta le esportazioni ai paesi belligeranti o ai paesi i cui governi siano responsabili di gravi violazioni delle convenzioni sui diritti umani. Appare evidente che a Israele, che ad esempio occupa i territori palestinesi dal 1967 non possono essere vendute armi. Con Tel Aviv tuttavia è in vigore un accordo di cooperazione militare per favorire l’interscambio fra i due paesi che è segreto, neanche il parlamento conosce le attività effettuate in base a tale accordo.

In tempi di crisi economica, ma anche in tempi normali, la spesa militare soprattutto quella per l’acquisto di armi deve essere tagliata con l’accetta. I diktat della Bce, del Fondo monetario internazionale e dell’Unione europea sono indirizzati, invece, solo all’abbattimento dello Stato sociale. La Grecia, infatti, è il paese con la maggiore spesa europea per le armi, ma nonostante sia sull’orlo del fallimento non le è stato chiesto di ridurla, anzi fra le condizioni per la concessione dei prestiti vi sono gli acquisti di armi tedesche e francesi.

Il governo tecnico pensa, forse, che vendere aerei da guerra sia come vendere lavatrici, e che tutto serva per sviluppare il paese e sostenere l’occupazione. Occorrerebbe, invece, riconvertirne la produzione, ad esempio nella green economy, per migliorare la qualità della vita e non per peggiorarla, alimentando i venti di guerra nel mondo. Nena News

*Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2012 dal quotidiano Il Manifesto

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