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Prigionieri in sciopero, fatah li boicotta

Sono 2300 i detenuti palestinesi da ieri in sciopero della fame. Non aderisce Fatah: “La protesta è il mezzo di Hamas per un colpo di stato contro l’AP”. Poco credibile che Fayyad non abbia incontrato Netanyahu in solidarietà coi prigionieri

(18 Aprile 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Prigionieri in sciopero, fatah li boicotta

foto: nena-news.globalist.it

EMMA MANCINI

Beit Sahour (Cisgiordania), 18 aprile 2012, Nena News – I prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane lanciano uno sciopero della fame collettivo, ma Fatah decide di non aderire e boicotta la protesta. Una presa di posizione che getta ombre sulle presunte ragioni che hanno portato il premier dell’Autorità Palestinese, Salam Fayyad, a non presentarsi all’incontro previsto ieri con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

I media locali e internazionali hanno fatto a gara ieri per individuare la reale ragione dell’assenza di Fayyad al meeting di Gerusalemme: il premier palestinese non avrebbe voluto incontrare la controparte israeliana per rispetto verso la Giornata dei Prigionieri Palestinesi celebratasi ieri. La conferma arriverebbe da alcuni funzionari, rimasti anonimi, secondo i quali Fayyad avrebbe così voluto mostrare solidarietà alle migliaia di detenuti palestinesi che ieri hanno avviato uno sciopero della fame collettivo e a tempo indeterminato per protestare contro le politiche israeliane, il trattamento nelle carceri e le misure cautelari che Tel Aviv impone dal 1967.

Ma l’annuncio dei prigionieri membri di Fatah nelle prigioni israeliane di Naqab, Ofer, Nafah, Ramon, Jalbua, Shatta e Majiddu sconfessa Fayyad: mentre 2.300 prigionieri palestinesi sui 4.446 detenuti nelle carceri israeliane (Fonte: Addameer, gennaio 2012) hanno lanciato uno sciopero della fame collettivo, quelli di Fatah decidono di non prendere parte alla protesta.

Ragione principe è il ruolo assunto da Hamas nella lotta dei prigionieri palestinesi. Secondo Fatah, lo sciopero della fame lanciato ieri non è il prodotto del movimento dei detenuti, ma solo del partito islamico. Ad aderire allo sciopero della fame soltanto i prigionieri di Fatah provenienti dalla Striscia di Gaza.

Ed ecco che il partito di Abu Mazen opta per il boicottaggio della protesta, una delle forme più estreme di lotta del popolo palestinese. “La battaglia degli stomaci vuoti”, come è stata ribattezzata, non trova l’appoggio della principale fazione politica palestinese per ragioni di potere: l’obiettivo di Hamas, secondo Fatah, come riporta Al Quds Press International News Agency, è quello di creare il caos in Cisgiordania e di servirsi dei sentimenti delle famiglie dei prigionieri politici esclusivamente per preparare il terreno ad un colpo di stato contro l’Autorità Palestinese.

“La lotta nelle carceri israeliane – spiega a Nena News Ziad Hemadan, ex prigioniero politico e ricercatore nell’associazione palestinese Al Haq – è il baluardo della lotta di un intero popolo. È dentro le carceri che si formano e si rafforzano le opinioni politiche, che si tiene viva la resistenza della popolazione. I prigionieri sono in prima linea e sono il cuore del movimento di lotta contro l’occupazione. Per questo vanno sostenuti: devono sapere di non essere soli, perché senza la loro forma estrema di resistenza non parleremmo più di Palestina”.

Khader Adnan libero

Intanto, nella Giornata dei Prigionieri Palestinesi celebrata ieri nei Territori Occupati, le autorità israeliane hanno rilasciato Khader Adnan, il 33enne membro della Jihad islamica che a gennaio e febbraio è stato impegnato in uno sciopero della fame lungo 66 giorni, in protesta contro l’ordine di detenzione amministrativa da parte di Tel Aviv.

Adnan è stato liberato al checkpoint di Salem e da lì ha raggiunto il suo villaggio natale, nel distretto di Jenin, dove è stato accolto da centinaia di amici e parenti.

Fayyad non si presenta all’incontro con Netanayhu

Fayyad boicotta Netanyahu e non si presenta all’incontro annunciato da settimane. Un piccolo giallo viste le voci che ieri si sono susseguite sulle ragioni che avrebbero convinto il premier dell’Autorità Palestinese a non mettersi in viaggio verso Gerusalemme.

Il meeting si è comunque tenuto: a consegnare la lettera che il presidente dell’AP Abu Mazen ha redatto per il premier israeliano, è stato il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat insieme al capo dell’intelligence di Ramallah, Majed Faraj.

Prigionieri in sciopero, fatah li boicotta

Il premier israeliano Netanyahu e quello palestinese Fayyad - foto: nena-news.globalist.it

Secondo molti osservatori, il premier palestinese, leader del partito centrista "La Terza Via", non ha voluto incontrare la controparte israeliana per mostrare solidarietà alle migliaia di detenuti palestinesi che hanno avviato uno sciopero della fame collettivo. Una voce seriamente messa in dubbio dalla presa di posizione di Fatah in merito alla protesta lanciata ieri. Fayyad non è membro del partito, ma leader di un'altra fazione (vicina a Fatah per posizioni politiche e obiettivi a lungo termine) e scelto come primo ministro dallo stesso Abu Mazen, dopo aver rivestito la carica di ministro delle Finanze nel breve governo di coalizione del 2007.

Secondo altri, dietro il rifiuto ci sarebbero ragioni politiche interne: Fayyad si è più volte detto in disaccordo con Abbas in merito al contenuto della missiva che avrebbe dovuto recapitare a Netanyahu. Altre voci, invece, hanno spiegato la decisione di Fayyad come forma di protesta per la politica israeliana di trasferimento delle tasse palestinesi da Tel Aviv alle casse di Ramallah: dal Protocollo di Parigi ad oggi, più volte il governo israeliano ha utilizzato il potere attribuitogli dall’accordo in questione per fare pressioni sull’Autorità Palestinese, minacciando e congelando il trasferimento dei fondi al governo palestinese.

La lettera del presidente Abbas consegnata ieri

Nella missiva (con cui l’AP accusa Israele di essere il solo responsabile del fallimento del dialogo avviato dalla road map del 2003), Abu Mazen sottolinea la posizione palestinese in merito al processo di pace: nessun tavolo dei negoziati se Israele non pone fine all’espansione coloniale in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, non accetta la soluzione a due Stati entro i confini del 1967 e non stabilisce la liberazione dei detenuti politici palestinesi nelle carceri israeliane.

Ieri, incontrando Erekat e Faraj, Netanyahu ha promesso di rispondere alla lettera entro due settimane. “Entrambe le parti – si legge in un comunicato che l’ufficio del premier ha emesso dopo l’incontro a Gerusalemme – sperano che lo scambio di missive aiuterà a trovare una strada per portare avanti il processo di pace”.

Il primo ministro ha inoltre aggiunto di voler incontrare personalmente Abu Mazen, un meeting che potrebbe essere preceduto da una riunione a Ramallah tra l’inviato israeliano Yitzhak Molcho e il presidente dell’AP durante la quale verrebbe consegnata la lettera di risposta. Nena News

Nena News

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