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Apartheid in spiaggia: il razzismo in libano

Ogni estate riporta a galla il problema delle gravissime discriminazioni razziali ed economiche contro lavoratori stranieri e profughi palestinesi in hotel e molte spiagge, non solo quelle private.

(30 Maggio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Apartheid in spiaggia: il razzismo in libano

foto: nena-news.globalist.it

FRANKLIN LAMB*

Beirut, 29 maggio 2012, Nena News - A turisti e visitatori i libanesi hanno l'abitudine di chiedere: "Amate il Libano?". E molti di loro rispondono di si’, dato il caleidoscopio di questo paese, con tante attrattive come il clima idilliaco in primavera, una territorio meraviglioso, il cibo delizioso, una presenza di reperti archeologici provenienti da una mezza dozzina di civiltà e, non meno importante, un popolo ospitale che fa sentire i visitatori a fossero a casa.

Tuttavia con l'arrivo dell'equinozio di primavera e la rinascita della flora e della fauna, accompagnata da temperature dell'acqua in aumento nel Mediterraneo, emerge un aspetto molto negativo di questo paese: il razzismo.

Le pratiche razziste e di discriminazione sono principalmente dirette contro le lavoratrici domestiche provenienti dalle Filippine, dall’Africa orientale e dall'Etiopia, che lavorano per le famiglie libanesi, e contro gli uomini dalla pelle scura. Allo stesso tempo, ai profughi palestinesi sono negati diritti, anche quelli che ricevono gli altri presi di mira, come i più elementari diritti civili e del lavoro, o possedere una casa di fuori dai minuscoli campi per rifugiati.

Secondo Human Rights Watch, alcune località balneari non consentono ai lavoratori domestici africani e asiatici neppure di indossare i costumi da bagno (...). I mezzi d’informazione ogni primavera ed estate riportano che in numerose spiagge e piscine private sono discriminate le persone di colore e quelle giudicate a basso reddito. Tra i resort citati regolarmente per palese discriminazione ci sono diversi hotel le cui piscine sono off limits. Un cartello esposto al Beach Sporting Club avverte: “Non sono ammesse le domestiche”. I casi più eclatanti, secondo il giornale “Daily Star” di Beirut, sono l’Hotel Villamar di Khalde, il Beirut Coral Beach, il Beirut Les Creneaux, lo Sporting Club di Beirut, più un’altra dozzina di alberghi.

Human Rights Watch denuncia che oltre il 50 percento dei club libanesi dotati di spiaggia non consentano ai lavoratori migranti provenienti dall'Asia e dall'Africa l’ingresso nelle loro piscine. In alcuni casi questi vengono fisicamente bloccati all’ingresso delle strutture.

Le discriminazioni però non avvengono solo sulle spiagge private, ma occasionalmente anche sull'unica spiaggia pubblica di Beirut, la Ramlet al Baida, che si trova a pochi passi da Hamra e da tre campi profughi palestinesi - Mar Elias, Shatila e Burj al Barajeneh – e dalla zona (roccaforte) del movimento Hezbollah, Dahiyeh. Con la sua ampia spiaggia, una sabbia stupenda (...) e nessun biglietto di ingresso, la Ramlet al Baida è popolare tra i lavoratori stranieri e le famiglie di profughi provenienti da diversi paesi della regione, costrette di recente a trasferirsi in Libano.

Per anni, diversi residenti dei 150 grattacieli di fronte alla spiaggia, sul Rafik Hariri Boulevard, di proprietà spesso di ricchi stranieri del Golfo, hanno cercato di far chiudere questo tratto di mare e di ottenerne un uso esclusivo. Hezbollah e alcune organizzazioni progressiste, hanno finora bloccato il furto di questo spazio pubblico prezioso e dopo la pulizia della spiaggia effettuata da bambini dei campi profughi palestinesi e da attivisti dei gruppi ambientalisti, il comune di Beirut, ha finalmente avviato la raccolta regolare della spazzatura sulla spiaggia e esortato i bagnanti a depositare i loro rifiuti nei cassonetti collocati di recente.

Ciò non ha impedito ad alcuni bagnini di tentare di tenere lontano da questa spiaggia pubblica i lavoratori domestici stranieri, i profughi del Medio Oriente da Iraq, Kurdistan, Africa e Palestina, confinandoli in qualche caso vicino a un ruscello di acque reflue non trattate provenienti dai palazzi dall'altra parte della strada.

Un'indagine condotta recentemente dal Washington DC-Beirut “Palestine Civil Rights Campaign” è illuminante. Un bagnino ha giustificato i suoi tentativi di segregazione in questa struttura pubblica affermando perentorio che «E' meglio per loro (quelli di colore e i rifugiati)". Quando gli è stato chiesto in che modo "è meglio per loro" (...), ha risposto che "i palestinesi dovrebbero lasciare il Libano, non lavorano e comunque spesso non sanno né leggere né scrivere, la maggior parte è analfabeta". Questo “signore” originario di Tripoli ignora che i palestinesi in Libano per legge non possono svolgere più di 70 professioni. Dovrebbe prendere atto di un’inchiesta svolta dalle Nazioni Unite a Tripoli che rivela un tasso di analfabetismo del 21 per cento tra i giovani nella fascia 15-29 anni, di gran lunga la più alta in Libano e uno dei livelli più alti in il mondo, a causa degli elevati tassi di abbandono scolastico.

Al contrario, i palestinesi, nonostante siano esclusi dalle scuole pubbliche libanesi, abbiano un alto livello di dispersione scolastica e tassi di analfabetismo più alti rispetto ai campi profughi di Gaza, Cisgiordania, Giordania e Siria, in qualche modo nel 2011 sono riusciti a contenere l'analfabetismo al 4,7 per cento nella fascia tra i 15 anni e oltre (2,1 per cento tra i maschi e 7,4 per cento tra le femmine).

I tentativi di segregazione sulla spiaggia di Ramlet al Baida e su quelle private ricordano l’apartheid del Sud Africa, le attuali tendenze segregazioniste in Israele nei confronti dei palestinesi e l'ostilità americana nei confronti dei neri (...). Deve essere però riconosciuto che alcune organizzazioni della società civile come Anti-Racism Movement e la Migrant Worker’s Task Force si battono contro queste pratiche razziste, così come alcune agenzie governative (...).

Nadim Khoury, un ricercatore libanese di Human Rights Watch, ha notato di recente che il recente decreto del Ministero del Turismo contro la discriminazione razziale e i tentativi di segregazione, "è incoraggiante in linea di principio, ma tutto sta nella sua applicazione".

Ricercatore, giornalista, vive da alcuni anni in Libano

http://www.foreignpolicyjournal.com/2012/05/25/apartheid-on-the-beach-racism-in-lebanon/

Nena News

Fonte

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